Sono proprio una maleducata. Lo sono perché all’ “educazione alla maternità” per fronteggiare il calo demografico, paventata dalla ministra Lorenzin sulle pagine di Avvenire, preferisco la maleducazione di chi si sente libera di scegliere se diventare madre o meno. Lo sono perché penso che la vera decadenza non sia la denatalità, come affermato dalla ministra, ma che questa sia solo la conseguenza di una decadenza più vera: quella del welfare e del sistema di protezione sociale. Lo sono perché all’invettiva contro le madri 35enni, antepongo l’invettiva contro chi non vuole le madri 35enni, tanto da metterlo nero su bianco in un contratto di lavoro. Lo sono perché penso che il calo delle nascite non vada “frenato con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie”, ma che la libera scelta genitoriale vada affrontata in tutta sicurezza.
Sono una maleducata perché penso che non si debbano “prendere decisioni per aiutare la fertilità” ma si debbano assumere politiche per ridurre il tasso di disoccupazione, la precarietà, per incentivare la spesa sociale. Lo sono perché i corpi delle donne non sono macchine per fare figli, sulla base dei quali misurare il redditometro di un paese.
Il piano nazionale per la fertilità che la ministra Lorenzin dice di avere in mente non solo cancella con un colpo di spugna ogni conquista legata alla parola autodeterminazione (libertà di scelta) ma getta fumo negli occhi sviando dal cuore del problema. Il punto non è che in Italia le donne (o le coppie?) non fanno figli, ma che in Italia non ci sono le condizioni per fare figli. Affrontare la questione delle nascite solo dal punto di vista riproduttivo non solo svilisce il corpo delle donne ma significa parlare del crollo demografico senza capirne le cause. E le cause, la ministra, si guarda bene dal citarle. Non fa cenno, ad esempio, al fenomeno delle dimissioni in bianco, all’indice di povertà neo natale e ai dati del rapporto “mamme nella crisi”di Save the children, secondo cui “il 22,6 per cento dei minori in Italia è a rischio povertà e la difficile condizione delle madri nel nostro Paese è uno dei fattori che incidono maggiormente su questo fattore”.
Invito quindi la ministra Lorenzin a dare una letta ad alcune delle lettere pubblicate nella sezione “racconti precari” del mio blog, oppure ai molti altri post scritti sulle pagine del Fatto Quotidiano. La invito a chiedere a queste donne se hanno davvero necessità di essere educate alla fertilità, oppure hanno bisogno d’altro. Ad esempio di un Paese che non sia il fanalino di coda dell’Europa negli investimenti sui servizi per le famiglie e i bambini (l’1 per cento del Pil).
Il piano nazionale per la fertilità non dovrebbe essere “sulla maternità” ma sul lavoro, sul welfare, sul reddito di cittadinanza, sulla dignità umana, sul diritto all’esistenza.
Secondo la ministra Lorenzin “un paese che non fa figli è destinato a scomparire”. E un paese con il tasso di disoccupazione giovanile record al 42,3% , invece, che destino ha?