La Bce si prepara a sostenere l’economia attraverso misure non convenzionali. Cioè l’acquisto di titoli sul mercato per immettere liquidità nel sistema, in gergo “quantitative easing”. Lo ha detto il governatore, Mario Draghi, parlando in conferenza stampa a Francoforte dopo la riunione del board che ha deciso di mantenere invariato allo 0,25% (il minimo storico) il tasso di interesse di riferimento dell’Eurozona. “Non ne avevamo discusso lo scorso mese nello specifico, ma lo abbiamo fatto questo mese”, ha spiegato Draghi a proposito del quantitative easing. L’apertura all’ipotesi di un allentamento monetario non arriva a sorpresa: qualche giorno fa addirittura il “falco” Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, aveva fatto sapere che l’acquisto di titoli “non era fuori questione”.
La Bce come la Fed – Di qui la disponibilità del board a “mettere in campo ogni strumento necessario, all’interno del suo mandato”, che è quello di tenere l’inflazione sotto ma vicina al 2%. Non escluse, quindi, misure non convenzionali che possono andare da “un ulteriore allentamento della politica monetaria” al già citato quantitative easing. In pratica un’operazione identica a quella che la Fed, la banca centrale statunitense, ha messo in campo con successo a partire dal 2009 e di cui solo in tempi recenti ha deciso un rallentamento. Tuttavia, ha frenato il governatore, “non abbiamo ancora finito con le misure convenzionali”. Non solo: la tipologia di quantitative easing da adottare deve ancora essere decisa. “Continueremo a lavorarci nelle prossime settimane”, ha detto Draghi, rispondendo a una domanda su quali titoli finanziari la Bce potrebbe comprare.
Inflazione bassa, ma non ci sarà deflazione – Draghi ha poi spiegato che “è abbastanza ovvio che guardiamo con attenzione al prolungarsi della bassa inflazione”, perché “più è lungo il periodo più ci sono rischi per le aspettative d’inflazione nel medio e lungo termine”. E il dato sull’andamento dei prezzi nel mese di marzo si è rivelato inferiore alle stime. Non ci sono comunque, per la Bce, rischi di una vera e propria deflazione: l’attuale bassa inflazione “è dovuta largamente a fattori esterni”, in particolare i prezzi energetici e alimentari. Se questa situazione continuerà a lungo, ha però ricordato l’Ocse nel suo rapporto sull’Eurozona diffuso dopo la riunione della Bce, “potrebbe alimentare una fiammata del prezzo degli attivi in alcuni paesi e ritardare il risanamento dei bilanci bancari”. Hanno tutt’altro problema in Brasile, dove la Banca centrale, preoccupata per l’inflazione troppo alta (5,91%), ha alzato i tassi di interesse al livello record dell’11%: il nono rialzo di fila, estremo tentativo di mettere un freno alla corsa dei prezzi e alla fuga dei capitali che spaventano la presidente Dilma Roussef.
Il governatore teme la stagnazione – Tornando in Europa, per quanto riguarda l’economia reale Draghi ha sottolineato che “la ripresa procede” e le previsioni restano di “una crescita moderata”. Tuttavia permangono “rischi al ribasso”: per esempio la disoccupazione, che resta alta. “La mia paura maggiore si è in un certo senso già avverata”, ha ammesso Draghi: è “quella di una stagnazione prolungata, oltre il nostro scenario di base, con livelli di disoccupazione elevati”. E più a lungo il tasso dei senza lavoro resta alto, “maggiore è il rischio che questa disoccupazione diventi strutturale”. Ecco perché “servono riforme strutturali” e vanno utilizzate “misure che siano favorevoli alla crescita ed evitino effetti distorsivi dal punto di vista fiscale”. No a un aumento delle tasse, insomma. Meglio agire sulla spesa corrente.
Reazioni positive sui mercati – Dopo la decisione sui tassi di interesse (restano invariati anche quelli sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale, rispettivamente allo 0,75% e 0%), il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e tedeschi è sceso a quota 165 punti base, il nuovo minimo da giugno 2011, e la Borsa di Milano ha segnato la chiusura migliore in Europa, con il Ftse Mib in salita dell’1,38% spinto dai titoli bancari.