La goccia di gel che ha fatto traboccare il vaso della sopportazione ultras è colata dalla fronte di Ferdinando Minucci qualche settimana fa. Mentre il plenipotenziario della Mens Sana Siena metteva la firma sul contratto che da luglio farà di lui il nuovo presidente della Lega Basket, anche le tifoserie prendevano carta e penna. Trenta gruppi organizzati da Biella a Caserta, in compagnia degli stessi senesi, ora fanno fronte comune. Minucci, scrivono, è un “indagato per frode fiscale che lascia la squadra campione d’Italia in liquidazione”. Ma il vero marcio si annida tra chi lo ha eletto: recenti avversari passati “da intentargli contro cause ad innalzarlo al potere”. Gente che “non sa cos’è la vergogna” e che ora deve farsi da parte per “ridare dignità al basket”. Come recita il titolo del comunicato.
Arriva dagli ultras una delle rare diapositive a fuoco della pallacanestro italiana di questi anni. E’ feroce e disillusa, quindi realistica. “Siamo francamente stanchi di vedere scomparire piazze storiche – si legge – come è ora di cacciare uomini di affari ed avventurieri che con l’avallo di questa Lega Basket, per il capriccio di un momento, cancellano anni di storia”. A guidare la protesta è la Fossa dei Leoni della Fortitudo. La loro è la storia più emblematica della parabola sbagliata che è stata impressa alla palla a spicchi a queste latitudini.
Nato 80 anni fa il team bolognese ha vissuto la sua miglior epoca attorno al 2000, quando i soldi di Giorgio Seragnoli regalarono due scudetti. Nel 2009 i palcoscenici internazionali diventarono interregionali a causa dei debiti accumulati. Ne seguirono anni grotteschi, tra proclami, radiazioni e cambi di nomi. Ora le Aquile biancoblu sono al secondo posto nel loro girone della DnB, la quarta serie della pallacanestro nazionale. Nella polvere dello sport semi dilettantistico oltre 4000 tifosi riempiono ogni settimana il Paladozza. Un entusiasmo mai visto in quelle categorie.
Non è l’unica storia di questo tipo di cui il nostro basket alla rovescia fa dono. Treviso è una delle piazze con più titoli (5 scudetti e 8 coppe Italia), ma quando la famiglia Benetton ha deciso di risparmiare qualche soldo la squadra è sparita. Ora è rinata sotto le cure di alcuni ex giocatori e con i fondi dell’azionariato popolare e sta risalendo dalle serie minori. Simile percorso per un’altra realtà di cui si erano perse le tracce: la Viola Reggio Calabria.
Quest’estate, con ogni probabilità, si piangerà l’uscita di scena di Siena. Dopo aver vinto gli ultimi sette scudetti i guai del Monte dei Paschi hanno portato alla messa in liquidazione della società. Meno male che Minucci ha trovato già nuova occupazione. Il fallimento dei toscani finirebbe per salvare Pesaro, che dopo anni di gloria è ora disperatamente ultima. Quella marchigiana è una delle tante società che naviga a vista nel nostro campionato, come le mitiche Vu nere dell’altra Bologna. Rischiava grosso anche Cantù, ma in Brianza sono arrivate recenti schiarite.
E’ l’eccezione e non la regola Milano: qui Giorgio Armani ha dimostrato passione autentica e costante nel tempo. Forse dopo aver passato anni a comprare tutto il meglio che i rivali erano costretti a mettere sul mercato ora è la volta buona. L’Olimpia ha il compito di salvare il poco onore rimasto alla nostra pallacanestro in Europa: la fase finale dell’Eurolega si disputa a maggio proprio in Lombardia. Cosa si può pretendere, d’altra parte, da un movimento dove il presidente federale legittima irregolarità e assenza di trasparenza? Riferendosi alle difficoltà societarie di Montegranaro Giovanni Petrucci, numero uno Fip, ha detto che “due mesi di ritardo nei pagamenti degli stipendi sono fisiologici”.
Siamo all’anno zero: le squadre cambiano per dieci dodicesimi ogni anno, i giocatori migliori se ne vanno, non esiste alcun progetto nemmeno sul medio periodo. Non aiutano i media, che snobbano sistematicamente la pallacanestro. Una partita del campionato ora è in chiaro ogni settimana, ma spesso la qualità delle immagini dà l’effetto della sfida parrocchiale. L’altra faccia della medaglia è l’enorme passione dei tifosi. A Sassari come a Brindisi i palazzetti sono pieni e festosi e in Legadue si impongono realtà come Capo d’Orlando e riappaiono nei radar campanili dati per dispersi, ad esempio Torino.
“Gli ultras sono stati gli ultimi a demordere, ma chi ha combattuto si è scontrato con realtà marce – scrivono compatti i tifosi delle curve nel loro atto d’accusa -. E’ il caso di riflettere seriamente sul futuro che si vuole dare allo sport che più amiamo perché dall’eredità di macerie che sono state lasciate nel recente passato possono nascere solo altri disastri. L’unica via da seguire è quella che riconduce il basket alla passione incondizionata che risiede unicamente dentro i palazzetti”.