“E’ un documento molto serio e rigoroso. Credo che dobbiamo alla storia personale di Pier Carlo Padoan nella vita precedente il rispetto che si deve a previsioni che io ho definito rigorose“. Parola di Matteo Renzi, che nel presentare il Documento di Economia e Finanza approvato nel pomeriggio dal Consiglio dei ministri, non ha puntato solo sui contenuti del provvedimento, ma anche sulla credibilità di chi quel documento lo ha pensato e stilato: Pier Carlo Padoan. Oltre a misure, obiettivi e relative coperture, infatti, ciò che non è potuto passare inosservato nella conferenza stampa post cdm è stato proprio il rapporto strettissimo tra il capo del governo e il ministro del Tesoro. Renzi annuncia, Padoan spiega: un tandem la cui intesa a colpi di assist appare in completa controtendenza rispetto al recente passato.
La dimostrazione plastica di questa comunione d’intenti è innanzitutto in ciò che dice Matteo Renzi, il quale non ha mancato di elogiare il lavoro di Padoan, parlando di un lavoro “serio e rigoroso perché non ci sono numeri ballerini”. Slogan misti a realismo puro, quindi, così come le previsioni di crescita, ben lontane anche da quel 1,1% preventivato da Saccomanni durante il governo Letta. Renzi non ha mancato di sottolineare questa dicotomia, precisando che il governo stima “la crescita allo 0,8% nel 2014, diversa dall’1,1% stimato prima”. Una previsione, quindi, dettata da “estrema prudenza e aderenza alla realtà” ha sottolineato il capo del governo, che contestualmente ha confermato tutti gli impegni presi. A cominciare dalle riforme, “che non sono solo un punto di orgoglio di questo governo o un elemento fondamentale, ma una precondizione della ripresa economica. Senza non c’é credibilità”. Per il premier, insomma, le riforme sono “un impegno morale assoluto da parte nostra”.
“Anche la Pubblica amministrazione deve stringere la cinghia”
Proprio per questo motivo, a sentire il capo del governo bisogna avere ”autorevolezza morale per poter dire anche che nel mondo della P.a. bisogna iniziare a stringere la cinghia“. Un messaggio chiaro alla pubblica amministrazione, verso cui si è concentrato la lente d’ingrandimento anti-sprechi. E’ lo stesso Renzi a confermarlo: “E’ in corso rivoluzione sistematica, non solo riformare un ente – ha detto – Confermo anche l’impegno dello ‘Sforbicia-Italia‘ e sulle municipalizzate”. Non è mancato un passaggio sulla politica e sui numeri parlamentari che sosterranno le riforme. Un discorso sui numeri che sostengono il suo governo, nonché un messaggio agli alleati esterni ed interni all’esecutivo. In primis, parole dirette a Silvio Berlusconi: “Noi rispettiamo tutti, discuteremo ancora in dettaglio sulla riforma del Senato, che è arrivata a Palazzo Madama dopo la verifica del Colle, ma non si rimette tutto in discussione come se dopo 20 anni sia ammissibile tornare da capo su ogni discussione”.
Dopo aver detto che il decreto sul taglio dell’Irpef sarà presentato venerdì 18 aprile (“Perché necessita del passaggio del Def in Parlamento che avverrà il 17” ha spiegato il premier), Renzi ha annunciato di aver presentato in serata al Senato il disegno di legge costituzionale di riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione. Anche in questo caso, un assist prontamente raccolto da Palazzo Madama, che ha diramato una nota in cui è specificato che “il presidente Pietro Grasso ha immediatamente assegnato il disegno di legge alla 1a Commissione permanente del Senato”. Rimanendo in termini calcistici, poi, tra Palazzo Chigi e Palazzo Madama va in scena un triangolo: “Entro il 25 maggio” il Senato batterà il “primo colpo sulla riforma del Senato e del Titolo V, che vuol dire anche eliminare ‘rimborsoboli‘” ha infatti aggiunto il premier parlando della timing delle riforme.
“2,2 miliardi da aumento tassazione delle quote Bankitalia”
Il premier, poi, ha snocciolato una serie di dati e spiegato obbiettivi, misure e relative coperture del Def. “2,2 miliardi arriveranno dall’aumento del gettito Iva e dall’aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote Bankitalia” ha detto Renzi, illustrando le coperture al termine del consiglio dei ministri per il calo dell’Irpef, che nel complesso ammonteranno a 6,7 miliardi. Il taglio del cuneo fiscale, invece, è di “10 miliardi e per il 2014 servono 6,7 miliardi, di cui 4,5 miliardi arriveranno dalla spending“.
“80 euro? Saranno la 14esima degli italiani”. Confermato tetto stipendio a manager pubblici
Altre conferme, inoltre, sono arrivate sui famosi 80 euro in busta paga per quegli italiani che guadagnano meno di 1500 euro al mese. “Con gli 80 euro in busta paga gli italiani avranno la 14ma grazie all’operazione di questo governo. E’ giustizia sociale – ha detto Renzi – In questi anni alcuni hanno preso tanto. Troppo. Ad esempio i manager pubblici. Che ora non potranno prendere più di quanto prende il Presidente della repubblica”. Un passaggio, quest’ultimo, che apre il campo al tetto stabilito per i dirigenti di Stato, che da oggi in poi avranno un limite al proprio stipendio. “238mila euro per chi lavora nel pubblico è più che sufficiente – ha specificato il capo dell’esecutivo – E’ un elemento di limite che ci vuole, in questi anni si è totalmente sforato”. Tagli confermati, quindi, come confermato è la parte di stipendio a ‘rendimento’. “Il 10 per cento della retribuzione la si prenderà solo se il paese va bene come le stock options nelle aziende – ha annunciato – Non è possibile che un manager prenda un premio massimo se il paese va a rotoli. Da adesso inizia a pagare chi non ha mai pagato, è un’operazione di giustizia sociale”.
Il primo ministro, poi, ha spiegato quale sarà la portata di quest’ultima misura: “Per la prima volta c’è un limite davvero rilevante per tantissime realtà aziendali – ha aggiunto – A Palazzo Chigi noi non potremo più fare nomine di persone che guadagnano di più. Facciamo una stretta molto significativa, tra i 350 ed i 400 milioni ma al di là della cifra conta il valore simbolico”. Un discorso che per Matteo Renzi è auspicabile anche per gli altri palazzi della politica. “Spero che anche gli organi costituzionali accettino l’equiparazione al presidente della Repubblica e abbiano la lungimiranza, il coraggio e l’intelligenza di tornare in sintonia col Paese”.
“L’operazione Irpef contribuirà a restituire fiducia agli italiani”
Dopo aver sottolineato che “Cottarelli ha fatto il suo mestiere con 6 miliardi di tagli” (“Se ne avesse fatti 3, invece…” ha aggiunto), Renzi ha aggiunto che “l’Italia ce la può fare”. Ottimismo allo stato puro, come nello stile dell’ex rottamatore: “Non è vero il ritornello: non ce la faremo mai, siamo condannati al declino” ha detto, sottolineando che l’operazione Irpef contribuirà a restituire fiducia agli italiani. Non solo. Senza entrare nel dettaglio, il premier ha detto che ci saranno misure per gli incapienti: “Si c’è una soluzione tecnica che li riguarda. Quelli che ricevono meno 25000 euro lordi l’anno (1500 netti) sono circa 10 milioni con gli incapienti sono 14-15 milioni (10 più 4 di incapienti)”. Il leader del Pd ha anche risposto a chi teme risparmi eccessivi nel campo della sanità. “Non ci saranno tagli lineari: sulla salute in prospettiva spenderemo di più perché si invecchia. Crescono malattie più complicate” ha detto il premier, il quale ha confermato l’abolizione del Cnel. “Semplificare parte da alcuni gesti, come l’abolizione del Cnel…a casa saranno terrorizzati – ha aggiunto – ma il Cnel è stata un’occasione persa in 70 anni”.
“Nel mio partito c’è qualche senatore in cerca di visibilità”
Tra una copertura e un taglio, nell’intervento di Renzi non sono mancati messaggi politici. Innanzitutto nei confronti di quel Partito democratico di cui il premier è segretario. “Sono convinto che si va avanti, sono ottimista e fiducioso” ha detto Renzi, che poi non ha mancato di dire la sua sulle dinamiche interne ai democratici. “Quanto al mio partito, al di là di qualche senatore alla ricerca di visibilità, ricordo che si è discusso per anni e votato con le primarie le varie proposte, confido nella maggioranza dei senatori – ha aggiunto – Il testo si può migliorare ma deve rimanere l’idea di uno Stato più leggero”. Renzi ne ha avute anche per il Movimento 5 Stelle, che su Senato e Province “mi sorprende: avevo capito che erano nati per altro non per difendere province o indennità dei senatori”.