Licenziare Paolo Scaroni dell’Eni e Fulvio Conti dell’Enel per gli scarsi risultati. E anche Flavio Cattaneo, che ha fatto bene ma ha già tre mandati. Si può salvare Alessandro Pansa di Finmeccanica, al primo giro da amministratore delegato. A tre giorni dall’inizio del processo di scelta dei vertici per le società partecipate dal Tesoro, il senatore Massimo Mucchetti del Pd riesce a far approvare dalla commissione Industria del Senato che presiede una relazione e una risoluzione che indicano al governo come comportarsi per le nomine. Oltre al Pd hanno votato a favore M5S, Sel Popolari per l’Italia, Scelta Civica e Autonomie. Contraria Forza Italia e Ncd si è astenuto (che equivale a voto negativo). La presenza in commissione del viceministro del Tesoro Enrico Morando indica che il governo di Matteo Renzi ha intenzione di recepire le indicazioni che arrivano dal Senato. Ecco il risultato delle audizioni e dei lavori della commissione.

Terna – Flavio Cattaneo è stato nove anni alla guida della rete elettrica nazionale. La misura della performance è il total shareholder return, quanto hanno guadagnato gli azionisti tra dividendi e rivalutazione del titolo: Terna ha registrato un Tsr del 15 per cento contro il 4,5 del settore. Gran parte degli utili deriva da un business regolato (ricavi garantiti dalle tariffe, bisogna solo gestire i costi) ma non è colpa dell’ad, semmai delle leggi. In otto anni e mezzo Cattaneo ha guadagnato 23,2 milioni di euro. Risulta quindi promosso, anche se il limite di tre mandati che il Senato chiede al governo di rispettare impone una sua sostituzione.

Finmeccanica Alessandro Pansa si è insediato solo il 13 febbraio 2013, dopo l’arresto del suo predecessore Giuseppe Orsi. Il total shareholder return per Finmeccanica è stato del 59 per cento contro il 38,1 del settore. Quindi Pansa ha fatto bene, anche se l’utile 2013 beneficia di cessioni (Ansaldo energia e Avio). Pansa ha tenuto il compenso da direttore generale e non ha voluto aumenti per il passaggio al ruolo di ad: nel 2013 ha ricevuto 1,2 milioni di euro. Promosso anche Pansa, anche se valutato su un arco di tempo breve. 

Enel – La commissione del Senato boccia Fulvio Conti, ad dell’Enel dal 2005. Il total share holder return (tsr) durante la sua gestione è stato inferiore a quello medio di settore, 2,5 per cento contro 3,6. Ci sono stati dividendi, ma il titolo si è svalutato in Borsa. “Il debito rappresenta il punto critico”, si legge nella relazione firmata dal presidente della commissione Massimo Mucchetti. Se dovessero salire i tassi di interesse, potrebbe essere un problema serio: 39,8 miliardi di debiti finanziari che calano lentamente. Conti, in nove anni al vertice, ha ricevuto 34,9 milioni di euro.

Eni – Paolo Scaroni, ad dell’Eni, è quello che esce peggio dall’esame della commissione di Mucchetti. Il total shareholder return nei nove anni di mandato è stato del 4,2 per cento, quindi l’Eni è andata peggio del settore in cui il tsr è stato del 4,2. E comunque il tsr dell’Eni si fonda sui dividendi distribuiti, più che sull’aumento del valore di Borsa. E, nota Mucchetti, l’utile 2013 deriva in gran parte non da successi aziendali, ma dalla vendita di beni importanti, come Arctic Gas e una parte del giacimento del Mozambico (nel 2012 i conti erano migliorati grazie alla vendita di altri pezzi dell’azienda, Galp e quote Snam). Ha aiutato anche l’aumento del prezzo del barile di petrolio, ogni dollaro in più vale 200 milioni di utile. E non è merito dell’ad se il petrolio sale. Altra bocciatura: Scaroni non è riuscito a rispettare l’obiettivo di produrre 2 milioni di barili al giorno, nel 2013 l’Eni si è fermata a 1,6 milioni. I contratti take or pay con la Russia si sono rivelati troppo onerosi (addirittura estesi nel tempo per spalmare i costi) e l’Eni ha reagito male alla scoperta dello shale gas americano (quello estratto dalle rocce) che ha fatto crollare il prezzo della materia prima. In nove anni Scaroni, sotto indagine per corruzione internazionale, ha ricevuto 45 milioni di euro.

Il futuro – La risoluzione approvata dalla commissione impone al governo un cambio drastico nel modo di gestire le nomine: “base meritocratica” per scegliere i vertici e i membri del cda, gli uscenti possono essere confermati solo sulla base dei risultati (ritorno per gli azionisti, bilanci di sostenibilità), e comunque mai più di tre mandati. Presidenti indipendenti – come stabilito dagli statuti di Eni ed Enel (cosa che esclude quindi un cambio di ruolo per Scaroni e Conti) – e “riduzione della retribuzione lorda totale”, gli stipendi dei capi azienda possono salire solo se salgono anche quelli dei dipendenti. Altra novità: serve trasparenza su “spese per pubblicità, sponsorizzazioni e liberalità”, vanno anche indicati i beneficiari. Requisiti di onorabilità più stringenti per tutti: ineleggibilità e decadenza anche per gli imputati per corruzione e non solo per i condannati. “Chi abbia patteggiato per tangenti o altri reati simili dovrebbe essere lasciato al settore privato”, aggiunge Mucchetti. Tradotto: nel caso non fosse già esplicito, caro Renzi, devi licenziare Paolo Scaroni. Tra pochi giorni si capirà se il governo sarà coerente con quanto previsto dalla risoluzione.

da Il Fatto Quotidiano del 9 aprile 2014

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