Marcello Dell’Utri e il suo giudice libanese. L’incontro sarà a breve tra l’ex senatore della Forza Italia, catturato a Beirut in virtù del mandato di arresto dei magistrati palermitani, e il magistrato che dovrà convalidare l’arresto, primo passo giuridico necessario per la concessione dell’estradizione. Su cui già ieri l’avvocato Giuseppe Di Peri aveva capire ci sarà battaglia: “Bisogna capire se esista in quel Paese una normativa che consente l’estradizione relativamente alla fattispecie di reato, il concorso esterno in associazione mafiosa, contestata al mio cliente”.
L’associazione a delinquere è un reato previsto in altri paesi, non lo è invece quella di stampo mafioso (approvato il 13 settembre 1982 dieci giorni dopo l’assassinio del generale Dalla Chiesta): prerogativa giuridica italiana. In più c’è da considerare che sul destino dell’ex numero di Publitalia, amico personale di Silvio Berlusconi, pende una condanna d’appello a 7 anni per concorso esterno. La difesa del condannato quindi qualche carta potrà giocarsela, anche se l’accordo tra Italia e Libano, firmata nel 1970 dopo il caso Felicino Riva ed entrata in vigore nel 1975, parla chiaro (leggi il documento). L’estradizione può essere negata solo se la condanna è conseguenza di un reato politico oppure se il paese richiedente non fornisce tutta la documentazione necessaria entro 30 giorni. Ma la richiesta di estradizione è stata già firmata dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Ma martedì ci sarà già l’udienza in Cassazione che potrà confermare il verdetto, annullarlo con rinvio oppure assolvere l’imputato. Comunque Dell’Utri se volesse potrebbe rinunciare alla procedura e chiedere di essere trasferito in Italia consegnandosi alle autorità italiane.
Dell’Utri, rinchiuso nella camera di sicurezza del quartier generale della polizia, ha passato una notte tranquilla e senza alcun problema. Nella sede della Direzione generale delle forze di sicurezza interne, un mega-bunker, protetto da due ordini di barriere di cemento e da un rigido sistema di sorveglianza, passerà anche la notte di domenica. Per catturarlo non c’è stato bisogno di un’operazione particola: “Non c’è stata nessuna irruzione né si è trattato di un’operazione speciale” ha detto una fonte della polizia libanese all’Ansa: “Ci siamo presentati al banco dell’albergo, chiedendo di salire in camera del ricercato italiano. Abbiamo bussato alla porta della camera, una delle camere ordinarie dell’albergo, ci ha aperto e fatto entrare senza opporre resistenza”. L’ex senatore “non si aspettava di essere fermato, era tranquillo, ci ha seguito al commissariato. Non era arrabbiato, né triste. Era molto tranquillo”.
Dalla metà di marzo Dell’Utri aveva fatto perdere le sue tracce in Italia. E il 24 del mese era stato avvistato sul volo Parigi-Beirut in classe business. Nella capitale libanese, per ammissione del fratello Alberto, Dell’Utri aveva conoscenti influenti e appoggi politici locali (si parla dell’ex presidente Amin Gemayel o dell’ex premier Michel Aoun, ma nessuna conferma dagli ambienti di entrambi i leader politici cristiani). E secondo il quotidiano La Repubblica Berlusconi avrebbe confidato ai fedelissimi di aver inviato, per aiutare l’amico Vladimir Putin, l’ex parlamentare a sostegno di Gemayel.