La durata di due anni di interdizione dai pubblici uffici, emessa a carico di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo Mediaset per frode fiscale, è correttamente motivata in considerazione della gravità della vicenda, compreso il “peso dei reati prescritti”. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma del verdetto di merito.
La Suprema Corte ha definito “insostenibile” la tesi dei legali dell’ex premier secondo i quali non dovevano essere valutati i reati prescritti. In maniera “coerente”, scrivono i giudici di Piazza Cavour, la Corte di Appello di Milano “ha preso in esame, oltre che la gravità del fatto riferita alle condotte non estinte per prescrizione, anche la personalità dell’imputato da valutarsi globalmente tenendo conto dei precedenti penali e giudiziari nell’ambito dei quali rientravano le condotte per fatti ormai estinti per prescrizione”.
La sanzione penale accessoria dell’interdizione e l’incandidabilità sono due misure “che ben possono essere applicate contestualmente, avendo come riferimento fonti normative diverse”, scrive la Corte di Cassazione. Non si può dunque parlare di “cumulo delle sanzioni” come indicato dalla difesa dell’ex premier. “Per effetto della decisione del Senato” spiega la Suprema corte riferendosi all’applicazione della Legge Severino, Silvio Berlusconi “ha perduto per la durata di sei anni con decorrenza dal 27 novembre 2013 il proprio diritto all’elettorato attivo e passivo. La perdita del medesimo diritto derivante dalla disposizione codicistica in tema di interdizione dei pubblici uffici ha durata biennale decorrente dalla data in cui viene definita la sanzione accessoria”. Tuttavia, precisa ancora la Cassazione, “per tale arco temporale, la limitazione dei diritti di elettorato dell’imputato è unica, pur essendo diverse le fonti normative di riferimento: il che esclude il prospettato cumulo delle sanzioni che rende, dunque, del tutto superfluo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia”.
La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per due anni, nei confronti dell’ex cavaliere, era stata confermata definitivamente dalla Cassazione il 18 marzo 2014. Chiudendo così un caso giudiziario durato 13 anni, per il quale Silvio Berlusconi era già stato condannato in via definitiva per frode fiscale a quattro anni, di cui tre coperti da indulto.
Intanto domani nel pomeriggio scade il termine dei cinque giorni entro il quale il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano Beatrice Crosti dovrebbe depositare il provvedimento con il quale sarà accolta, o meno, l’istanza di affidamento ai servizi sociali chiesta dall’ex premier, con eventualmente le motivazioni della scelta della struttura nella quale si dovrebbe svolgere l’attività di volontariato.
La decisione più probabile, secondo quanto si dice negli ambienti giudiziari, riferisce l’Ansa, dopo il parere del procuratore generale Antonio Lamanna, è che a Berlusconi sia concessa un’attività di volontariato in un centro per anziani non molto lontano da Arcore, dove Berlusconi ha eletto domicilio. L’ex Cavaliere dovrà scontare circa dieci mesi di pena, che potrebbe essere un’attività di servizio sociale da svolgere per mezza giornata, una volta alla settimana, per un impegno complessivo di circa 40 incontri.
Dubbi restano invece sulle possibili restrizioni per il leader di Forza Italia, alle prese con l’imminente campagna elettorale per le elezioni europee. Le regole standard per le persone sottoposte all’affidamento prevedono l’obbligo di tornare a casa entro le 23 e non uscire prima delle 6, non frequentare pregiudicati, il divieto di viaggi non programmati fuori dalla regione di residenza. Il tutto salvo deroghe, da chiedere e ottenere volta per volta. Di sicuro c’è che Berlusconi non potrà diffamare singoli giudici o l’affidamento sarà revocato con la trasformazione della pena in domiciliari.