Il Pd che affossa il Pd. La scena è di quelle già viste, ma questa volta il Partito democratico di Matteo Renzi al fuoco amico ancora non ci ha fatto l’abitudine. Prima il dibattito interno sulle riforme, poi l’ipotesi di una maggioranza alternativa per la modifica del Senato. Senza dimenticare l’effervescenza da campagna elettorale pre Europee: tutti promettono e tutti vogliono mettersi in luce. L’ultimo colpo è quello sulla riforma del lavoro. Il decreto del ministro Giuliano Poletti è arrivato oggi alla Camera e già ha dovuto chiedere la fiducia. A spaccare la maggioranza sono state le modifiche approvate in commissione a Montecitorio per diminuire il numero di proroghe dei contratti e cambiare alcune norme sull’apprendistato. Tutti gli emendamenti sono stati presentati dalla minoranza democratica, quella sinistra che siede a sinistra di Renzi e che continua a creare problemi al premier.
Il testo così modificato non piace a Ncd, non piace a Forza Italia e nemmeno a Scelta civica. Non è il canovaccio su cui la maggioranza aveva trovato l’accordo e così è tutto da rifare. Alfano e i suoi si tappano il naso e accettano di votare alla Camera, ma al Senato promettono “daranno battaglia per nuove modifiche”. Così per ora è stata messa una pezza. “Forse Renzi”, ha commentato la capogruppo del Nuovo centrodestra Nunzia De Girolamo, “dovrebbe convocare un tavolo del Pd. Dall’incontro emerge che esistono due sinistre: una riformista di Poletti e Renzi; e quella conservatrice del presidente della commissione lavoro Damiano“. Insomma l’accordo si poteva fare. Ad un certo punto nel vertice di maggioranza con i capigruppo e i ministri Poletti e Boschi una mediazione era stata proposta: Ncd e Poletti erano d’accordo, ma a mettersi di traverso sarebbero state, secondo le ricostruzioni, le rimostranze della minoranza democratica. “Noi abbiamo accettato la mediazione del ministro ma il Pd ha detto no. Poletti ha presentato una proposta di mediazione su tre punti. Noi abbiamo detto sì, il Pd ha detto no. Anzi ha chiesto che il numero di proroghe dei contratti in scadenza, già sceso da otto a cinque, scendesse a quattro. Noi ci comporteremo diversamente da Damiano: cercheremo accordi e mediazioni”.
Il ministro sconfessa i suoi che a loro volta lo costringono a fare un passo indietro. “Il Pd ha smontato pezzo per pezzo il suo decreto“, dice Raffaele Fitto, capolista alle Europee per Forza Italia, “Dopo poche settimane, emergono le evidenti contraddizioni parlamentari di una maggioranza che contiene tutto e il contrario di tutto. Inoltre un provvedimento che era nato (forse l’unico del Governo Renzi) con elementi innovativi è stato smontato pezzo dopo pezzo proprio dal Pd per accontentare le componenti di vecchia sinistra, che dunque mostrano di avere ancora un peso parlamentare determinante. Altro che rottamazione: sul terreno dei contenuti, è Renzi che arretra”.
La minoranza Pd però si oppone all’etichetta di spina nel fianco. “Non esiste la tesi”, commenta il presidente della Commissione lavoro Cesare Damiano, “secondo cui gli emendamenti al decreto Lavoro, passati in commissione, siano della sinistra del Pd o della minoranza. Sono emendamenti presentati da tutti i parlamentari Pd in commissione lavoro, che al congresso hanno sostenuto Renzi, Cuperlo e Civati. Il governo – aggiunge Damiano – era in commissione Lavoro e ogni emendamento doveva avere il parere del governo che è sempre stato favorevole. Quindi non esiste una minoranza o una parte del Pd contro il governo”.
Nel frattempo al Senato il gioco per Matteo Renzi si fa ancora più complicato. Se a Montecitorio i numeri sono ancora dalla parte del premier, a Palazzo Madama si parla sempre più insistentemente di maggioranza alternativa. Mentre Maria Elena Boschi chiede a Vannino Chiti di ritirare il suo disegno di legge per riformare il Senato, lasciandolo rigorosamente elettivo (“Avevo quindici anni”, ha detto a Repubblica, “quando l’Ulivo mise nelle sue tesi l’idea di una camera non eletta. Nessuno gridò allo scandalo), il parlamentare continua a trovare consensi. I primi a salire sul carro sono gli eletti del Movimento 5 stelle. “Siamo pronti a votarlo con l’aggiunta di alcuni punti per la democrazia diretta”. L’annuncio arriva dal capogruppo Maurizio Buccarella. Si va sempre più defilando in commissione Affari costituzionali al Senato una maggioranza alternativa e trasversale sulle riforme costituzionali, che unisce parte di Forza Italia, parte del Pd (che si riconosce nel ddl Chiti), parte di Ncd, con Lega, gli espulsi del M5s e M5s stesso, una parte di Scelta civica e Sel. Un fronte bipartisan che chiede a gran voce di modificare il ddl governativo di riforma costituzionale in tre punti: prevedendo un Senato elettivo; modificando la norma che prevede la nomina da parte del presidente della Repubblica di 21 senatori in carica 7 anni e abrogando la norma che prevede la nomina automatica a senatori dei sindaci delle Città metropolitane.
Politica
Governo, opposizione a Renzi? La fa il Pd. Ncd: “Due anime nel Partito democratico”
L'esecutivo mette la fiducia al decreto lavoro di Poletti. E nel vertice di maggioranza è nato lo scontro, da una parte il ministro e dall'altra i suoi. De Girolamo e Sacconi (Ncd): "Facciano un vertice. Non c'è accordo tra di loro". E mentre continua il dibattito sulle riforme, al Senato si profila una maggioranza alternativa intorno alla proposta della minoranza dem
Il Pd che affossa il Pd. La scena è di quelle già viste, ma questa volta il Partito democratico di Matteo Renzi al fuoco amico ancora non ci ha fatto l’abitudine. Prima il dibattito interno sulle riforme, poi l’ipotesi di una maggioranza alternativa per la modifica del Senato. Senza dimenticare l’effervescenza da campagna elettorale pre Europee: tutti promettono e tutti vogliono mettersi in luce. L’ultimo colpo è quello sulla riforma del lavoro. Il decreto del ministro Giuliano Poletti è arrivato oggi alla Camera e già ha dovuto chiedere la fiducia. A spaccare la maggioranza sono state le modifiche approvate in commissione a Montecitorio per diminuire il numero di proroghe dei contratti e cambiare alcune norme sull’apprendistato. Tutti gli emendamenti sono stati presentati dalla minoranza democratica, quella sinistra che siede a sinistra di Renzi e che continua a creare problemi al premier.
Il testo così modificato non piace a Ncd, non piace a Forza Italia e nemmeno a Scelta civica. Non è il canovaccio su cui la maggioranza aveva trovato l’accordo e così è tutto da rifare. Alfano e i suoi si tappano il naso e accettano di votare alla Camera, ma al Senato promettono “daranno battaglia per nuove modifiche”. Così per ora è stata messa una pezza. “Forse Renzi”, ha commentato la capogruppo del Nuovo centrodestra Nunzia De Girolamo, “dovrebbe convocare un tavolo del Pd. Dall’incontro emerge che esistono due sinistre: una riformista di Poletti e Renzi; e quella conservatrice del presidente della commissione lavoro Damiano“. Insomma l’accordo si poteva fare. Ad un certo punto nel vertice di maggioranza con i capigruppo e i ministri Poletti e Boschi una mediazione era stata proposta: Ncd e Poletti erano d’accordo, ma a mettersi di traverso sarebbero state, secondo le ricostruzioni, le rimostranze della minoranza democratica. “Noi abbiamo accettato la mediazione del ministro ma il Pd ha detto no. Poletti ha presentato una proposta di mediazione su tre punti. Noi abbiamo detto sì, il Pd ha detto no. Anzi ha chiesto che il numero di proroghe dei contratti in scadenza, già sceso da otto a cinque, scendesse a quattro. Noi ci comporteremo diversamente da Damiano: cercheremo accordi e mediazioni”.
Il ministro sconfessa i suoi che a loro volta lo costringono a fare un passo indietro. “Il Pd ha smontato pezzo per pezzo il suo decreto“, dice Raffaele Fitto, capolista alle Europee per Forza Italia, “Dopo poche settimane, emergono le evidenti contraddizioni parlamentari di una maggioranza che contiene tutto e il contrario di tutto. Inoltre un provvedimento che era nato (forse l’unico del Governo Renzi) con elementi innovativi è stato smontato pezzo dopo pezzo proprio dal Pd per accontentare le componenti di vecchia sinistra, che dunque mostrano di avere ancora un peso parlamentare determinante. Altro che rottamazione: sul terreno dei contenuti, è Renzi che arretra”.
La minoranza Pd però si oppone all’etichetta di spina nel fianco. “Non esiste la tesi”, commenta il presidente della Commissione lavoro Cesare Damiano, “secondo cui gli emendamenti al decreto Lavoro, passati in commissione, siano della sinistra del Pd o della minoranza. Sono emendamenti presentati da tutti i parlamentari Pd in commissione lavoro, che al congresso hanno sostenuto Renzi, Cuperlo e Civati. Il governo – aggiunge Damiano – era in commissione Lavoro e ogni emendamento doveva avere il parere del governo che è sempre stato favorevole. Quindi non esiste una minoranza o una parte del Pd contro il governo”.
Nel frattempo al Senato il gioco per Matteo Renzi si fa ancora più complicato. Se a Montecitorio i numeri sono ancora dalla parte del premier, a Palazzo Madama si parla sempre più insistentemente di maggioranza alternativa. Mentre Maria Elena Boschi chiede a Vannino Chiti di ritirare il suo disegno di legge per riformare il Senato, lasciandolo rigorosamente elettivo (“Avevo quindici anni”, ha detto a Repubblica, “quando l’Ulivo mise nelle sue tesi l’idea di una camera non eletta. Nessuno gridò allo scandalo), il parlamentare continua a trovare consensi. I primi a salire sul carro sono gli eletti del Movimento 5 stelle. “Siamo pronti a votarlo con l’aggiunta di alcuni punti per la democrazia diretta”. L’annuncio arriva dal capogruppo Maurizio Buccarella. Si va sempre più defilando in commissione Affari costituzionali al Senato una maggioranza alternativa e trasversale sulle riforme costituzionali, che unisce parte di Forza Italia, parte del Pd (che si riconosce nel ddl Chiti), parte di Ncd, con Lega, gli espulsi del M5s e M5s stesso, una parte di Scelta civica e Sel. Un fronte bipartisan che chiede a gran voce di modificare il ddl governativo di riforma costituzionale in tre punti: prevedendo un Senato elettivo; modificando la norma che prevede la nomina da parte del presidente della Repubblica di 21 senatori in carica 7 anni e abrogando la norma che prevede la nomina automatica a senatori dei sindaci delle Città metropolitane.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.