Il Regolamento Agcom sul diritto d’autore, entrato in vigore lo scorso 31 marzo, doveva essere lo strumento principe per la lotta alla pirateria, ma pare proprio che non sia cosi.

Cominciamo col dire che nessuno di noi può vedere la totalità dei procedimenti sul diritto d’autore. Agcom decide infatti di pubblicare sul proprio sito web non tutti i procedimenti ma solo quelli per i quali c’è necessità (a suo insindacabile giudizio) di ordinare l’inibizione ai cittadini italiani per siti esteri. Come se un giudice decidesse di notificare e di rendere pubbliche alcune sentenze ed altre no, a proprio insindacabile giudizio.

C’è scritto questo nel regolamento Agcom? No, assolutamente no. Però cosi la sensazione, negli organi di stampa soprattutto, è che il Regolamento stia operando veramente contro la pirateria.

Occhio non vede, cuore non duole.

La verità che emerge dai procedimenti che non vediamo ci racconta una realtà molto diversa da quella che l’Autorità vorrebbe  accreditare. E cosi si scopre invece che nei primi venti giorni di vigenza in vigore del Regolamento svariati cittadini hanno chiesto la rimozione di file nei confronti di giornali, di pubbliche amministrazioni, di siti esteri di informazione. E Agcom ha aperto i procedimenti.

La prima procedura  per esempio aperta dall’Autorità ha avuto ad oggetto la rimozione per violazione di copyright sul sito del quotidiano la Repubblica, seguita da quella di un’agenzia viaggi.

Poi un soggetto ha chiesto la rimozione del video di presentazione dei beni culturali sul sito della Regione Marche, il sito web di presentazione delle bellezze turistiche della Regione, e queste sono solo alcune delle decine  dei casi che si sta trovando ad affrontare Agcom.

Ora l’Autorità si è trovata di fronte da qualche giorno alla richiesta di un soggetto italiano che vuole la rimozione di un file di sua proprietà da uno dei più grandi siti di informazione coreano. Basandosi su quanto Agcom ha fatto e detto, l’Autorità se riscontra la titolarità del file, trattandosi di un sito estero, deve pubblicare sul proprio sito la richiesta ai provider italiani per la spontanea rimozione o per l’inibizione integrale del sito. Non si scappa, questo dicono le regole che la stessa Agcom si è data: o rimozione selettiva oppure rimozione dell’intero sito.

Ma ecco il coup de théâtre. Il Commissario Francesco Posteraro, vera anima del regolamento Agcom, e di cui peraltro il sottoscritto ha molta stima, in un’ intervista resa ad Alessandro Longo per il Sole 24 Ore ha dichiarato: “Se è un sito estero, ma non è dedicato alla pirateria, valuteremo con cautela. Potremmo anche evitare di chiederne l’oscuramento e rimettere la questione nelle mani della magistratura”.

Come il ricorso alla magistratura? Ma se Agcom ha passato mesi a specificare che il ricorso alla magistratura è lento e che il modernissimo regolamento Agcom darà a tutti la possibilità di farsi valere in ambiente digitale e che l’Autorità ha piena competenza sul diritto d’autore sul web.

C’hanno fatto anche uno spot (pagato) mandato in tv? Agcom ha pure  impiegato più di mezzo milione di euro a beneficio della Fondazione Bordoni per mettere in piedi questo modernissimo sistema fully digital? Ma non può Agcom inventarsi questa cosa.

Primo perchè nel Regolamento non esiste alcun riferimento a questo ulteriore ricorso alla magistratura. Secondo perché se Agcom rimette alla magistratura deve rimettere tutte le procedure non solo quelle che lei ritiene di non riuscire a decidere. Le procedure aperte e visibili sinora (quelle che fa vedere Agcom) sono state aperte dalle federazioni dei titolari del diritto d’autore (ad esempio la Fapav).

Come, le federazioni del diritto d’autore ottengono in poche ore una inibizione e il cittadino qualunque, che ha gli stessi diritti, viene “rimbalzato” alla magistratura? Per quel cittadino un portale italiano o estero che pubblichi le proprie opere senza autorizzazione (e ci guadagna magari con la pubblicità) è pirateria a tutti gli effetti, quindi Agcom si deve comportare con quel cittadino esattamente nello stesso modo in cui si comporta con tutti gli altri. E’ l’eguaglianza del cittadino di fronte alla legge, quella che è scritta dietro ogni tribunale della penisola. Altrimenti sarebbe il totale ed incondizionato arbitrio.

E’ questo il motivo per il quale nel nostro ordinamento, prima dell’Autorità, non esistevano dai tempi del ventennio tribunali speciali che giudicano con regole poste dopo. Perché il cittadino deve sapere prima quale sarà il proprio giudice, quali regole gli si applicheranno e contare sull’assoluta eguaglianza di fronte alla legge ed al giudice. Non si possono dare delle regole, poi in corso d’opera decidere a chi applicarle, e se non ci si riesce con chi non ci interessa, come niente fosse, decidere di passare la mani ad altri.

Si consenta, ma oltre che essere  non conforme alla legge, tutto ciò non è serio.

La verità molto semplice è che probabilmente in Agcom non sanno cosa fare, ed invece di ritirare il Regolamento, perché più si va avanti e più ci si renderà conto degli enormi buchi neri di questa affrettata procedura di rimozione “fully digital”, si cercano soluzioni all’impronta foriere di danni ancor più gravi. La verità è anche che gli editori, prime fra tutte le testate e le televisioni che hanno fortemente spalleggiato il Regolamento, non si erano resi conto che chiunque in poche ore può chiedere la rimozione del loro sito esponendo fra l’altro le stesse testate a risarcimenti molto importanti.

La confusione dunque regna sovrana ed è alimentata dal fatto che  l’Agcom sta correndo a rotta di collo, senza che vi sia alcun motivo perché ciò accada.

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