“Nella legge di Stabilità per il 2015 l’iniziativa di spending review va rafforzata ed estesa”. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, lo ha ammesso parlando alla stampa da Parigi. Secondo i calcoli fatti dall’agenzia Reuters nei gironi scorsi, dopo aver dato il via al bonus di 80 euro al mese fino a dicembre, il governo Renzi dovrà definire nei prossimi mesi una manovra che potrebbe anche raggiungere i 25 miliardi nel 2015. Tanto costerà rendere strutturale il taglio dell’Irpef, dare attuazione a quanto prevede la legge di Stabilità, rispettare gli impegni assunti con la Commissione europea e finanziare le spese non previste a legislazione vigente. L’alternativa è negoziare con Bruxelles tempi più lunghi di riduzione del deficit e del debito.
I 25 miliardi si compongono di varie voci. Innanzitutto ci sono i 10 miliardi annui necessari a rendere strutturale dal 2015 il taglio delle tasse. Poi c’è il “piano di rientro” promesso all’Europa per azzerare il saldo strutturale – calcolato cioè al netto del ciclo e delle una tantum – entro il 2016. Il Documento di economia e finanza prevede “una manovra di consolidamento fiscale interamente finanziata da riduzioni di spesa”. La correzione, calcolata sul saldo primario, vale 0,3 punti di Pil (4,8 miliardi) nel 2015 e 0,6 punti (9,6 miliardi) dal 2016. Poi c’è la manovra correttiva (cioè gli “interventi, non specificati, di aumento delle entrate da adottare se la revisione della spesa non desse risultati sufficienti”) che Renzi eredita da Enrico Letta e vale 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 nel 2017. Il governo dovrà mettere nero su bianco da dove arriveranno queste risorse in un decreto del presidente del Consiglio, “da adottare entro il 15 gennaio 2015”.
Prima di allora, però, c’è un’altra scadenza a cui Renzi deve far fronte. La legge di Stabilità prevede che “entro il 31 luglio del 2014” siano definiti tagli alla spesa per quasi 500 milioni nel 2014, 1,4 miliardi nel 2015 e 1,9 dal 2016. Già così il saldo supera i 19 miliardi solo nel 2015 e raggiunge i 31,5 miliardi nel 2017. “Il quadro tendenziale è definito a legislazione vigente e tiene pertanto conto solo degli oneri previsti da leggi in vigore. La dinamica del bilancio può essere rappresentata anche a politiche invariate. In questo secondo caso – ricordava però Reuters – il governo dovrebbe assicurare le risorse per dare copertura a tutta una serie di spese solo parzialmente finanziate: missioni militari all’estero, ammortizzatori sociali, cinque per mille, sussidi all’autotrasporto, manutenzione di strade e ferrovie. Per la cassa integrazione in deroga, ad esempio, il governo ha già spiegato che servirebbe un altro miliardo nel 2014″. Il Def calcola che a politiche invariate manchino all’appello 750 milioni nel 2014, 6 miliardi nel 2015, 9 nel 2016 e 10,6 nel 2017. Ogni nuova spesa o minore entrata “dovrà trovare apposita copertura con misure compensative di pari importo”, precisa il documento programmatico del Tesoro.
Se quindi l’intenzione del governo è di far fronte alle spese principalmente con i risparmi della spending review, i conti non tornano, come aveva già notato Bankitalia nel giro di audizioni parlamentari sul Def dove si prevede di raccogliere fino a 17 miliardi nel 2014 e 32 miliardi a regime, dal 2016. Proprio su questo punto il ministro dell’Economia si era soffermato in un colloquio con il Sole 24 Ore del 22 aprile scorso: “I capitoli sono tanti e troveremo le soluzioni per reperire le risorse necessarie”, aveva detto. “Se mi chiede se sono preoccupato le dico che ci sono preoccupazioni tutti i giorni ma in questo momento escludo una manovra correttiva”, aveva aggiunto minimizzando i dubbi di Bankitalia: “Non mi impunterei troppo su quella frase, mi sembra che vada fatta una valutazione più ampia“.
Per quanto riguarda il presente, invece, il governo è ancora in attesa del via libera della Commissione europea sul Documento di economia e finanza e manovre annesse. “Aspettiamo il responso su Def e coperture”, ha detto Padoan a proposito dell’esame in corso sul programma di stabilità dell’Italia. “Mi pare prematuro parlare di problemi – ha detto lunedì 28 Padoan – e posso dirvi che se ci saranno problemi, ci saranno anche le soluzioni“. L’esame di Bruxelles, ricordano fonti del ministero, riguardano il programma di stabilità e il piano nazionale di riforme.