Matteo Renzi le ha promesse ai suoi se continuano a guardare i sondaggi che vedono il Pd stabilmente primo partito, anche se in calo. Ma non rinuncia al corpo a corpo della campagna elettorale. A Porta a Porta mette in mostra di nuovo la sua offerta da “prendere o lasciare” sulle riforme (istituzionali, del settore pubblico, del fisco, della giustizia), ma non disdegna lo scontro aperto con gli avversari principali – Silvio Berlusconi e Beppe Grillo – che ogni giorni gli tirano bordate a palle incatenate. Lui cerca di banalizzare entrambi: “Quando i professionisti sono all’opera a fare i fuochi di artificio tutti i giorni, noi paghiamo il biglietto e assistiamo”. Comprese le minacce dell’ex Cavaliere sulle riforme istituzionali: “Non sono preoccupato, lui ha interesse a mantenere il patto”.
E poi gli risponde sulle tasse: “Vedo che in questi giorni di ritrovata vivacità di Berlusconi gira la battuta del simpatico tassatore – dice il presidente del Consiglio – Lo ringrazio per il simpatico, ho dubbi di esserlo ma certo non sono un tassatore”. Sulla giustizia Renzi conferma l’impegno a varare una riforma a giugno, ma “non la penso sulla giustizia come Berlusconi. Rispetto le sue opinioni perché sono abituato a rispettare gli altri, a non odiarli, non ritenerli nemici. Ma rispetto, chiedendo lo stesso rispetto, le sentenze della magistratura. Si possono rimettere in discussione? Non commento e le rispetto”. Quanto alla responsabilità civile dei magistrati – sulla quale si è sollevata di nuovo una tempesta di polvere in commissione al Senato, il capo del governo ricorda che “la responsabilità civile dei magistrati già c’è, con una procedura molto complicata. Abbiamo molti margini di lavoro”, ma “finché i toni saranno da derby ideologico e da campagna elettorale” non ci potrà essere “nessun intervento sulla giustizia”, “non finché ci sarà chi dice che la magistratura è un cancro“. “Io non sono sospettabile di connivenza o complicità con la magistratura – conclude -. Ma finché ci saranno questi toni non ci potrà essere nessun intervento sulla giustizia”.
“La reazione di Grillo agli 80 euro è stata imbarazzante”
Poi c’è Beppe Grillo. A lui il presidente del Consiglio riserva solo poche battute. “La reazione di Grillo agli 80 euro è stata imbarazzante, dire che non servono: per lui sono due biglietti del suo spettacolo, per gli italiani sono soldi veri”. D’altra parte, aggiunge, il leader del Movimento Cinque Stelle “non ha a cuore l’Italia ma il suo spettacolo”, Grillo “vuole che l’Italia vada male”. Infine un concetto che torna ciclicamente a ogni tornata elettorale: il voto utile. Quello al M5S alle Europee, sottolinea Renzi, è “come un urlo, poi cosa hai risolto?”. E ironizza: “Qui si vota per le europee, Grillo le interpreta come un sondaggio” sul M5S, ma “noi non dobbiamo mandare in Europa gente che sta sui tetti a Strasburgo”.
Renzi sembra molto colpito dalla polemica per la sua mancata partecipazione alla Partita del Cuore. “Se Grillo voleva giocare anche lui poteva venire, non c’era problema”. Una “polemica sterile”, la definisce, ma “finirà che io il 19 non sarò in campo ma in televisione a parlare di politica: si può discutere dove faccio più danno se in campo o a parlare di politica, perché se mi vedono giocare a pallone si preoccupano per il mio stato di salute”. Ma “lasciamoli stare, mandiamoli a casa, quelli che vogliono fare politica facendo polemica sul volontariato”.
Le riforme istituzionali e le trattative con il Pd e Fi
Per Renzi, dunque, il vero avversario da qui alle urne del 25 maggio è la fatica del governo. Il primo ostacolo è il rispetto della tempistica del percorso sulle riforme. L’Italicum si è perso non si sa dove in attesa che il Senato dia la prima lettura al testo che abolisce il bicameralismo perfetto. In mattinata il presidente del Consiglio ha partecipato all’assemblea dei senatori del Pd, un gruppo dei quali – come detto e ridetto – sostengono il disegno di legge alternativo proposto dall’ex ministro per le Riforme Vannino Chiti. Chiti non pare aver cambiato idea nemmeno di un millimetro (“Passi avanti, ma ci sono ancora nodi”), ma per Renzi “ora siamo all’ultimo miglio”, restano “le questioncine tecniche”. “Sul 98%” delle modifiche costituzionali contenute nel ddl del governo su Senato e titolo V, “c’è un accordo molto ampio”. “Ci siamo – ribadisce Renzi – il governo ha proposto il suo testo dopo aver svolto ampie consultazioni”. Il capo del governo ha aggiunto che “i senatori saranno in parte dei sindaci e in parte dei consiglieri regionali, io avrei messo più sindaci ma ci saranno più consiglieri regionali. Non sono le riforme di Matteo”. Secondo Renzi il primo voto sul Senato sarà il 10 giugno, con uno slittamento di un paio di settimane a quanto previsto e auspicato dal governo: “Con 15 giorni in più nessuno si scandalizza”. Perché non ridurre allo stesso modo deputati e senatori? “Non sono d’accordo: il punto non è ridurre i costi della politica, non stiamo facendo le riforme solo per ridurli. Stiamo facendo questa rivoluzione per eliminare il peso della politica nella vita di tutti i giorni”. “L’Italia è il Paese con più politici al mondo – sottolinea Renzi – A partire dallo stop alle elezioni delle province, vogliamo portare il numero delle persone che fanno politica più o meno al livello degli altri Paesi. Non basta semplicemente ridurre numero o indennità dei senatori, ma semplificare l’iter delle leggi ed evitare il ping pong tra Camera e il Senato e insieme” con la riforma del titolo V “semplificare il ruolo delle regioni che qualche pasticcio l’hanno combinato”. In realtà, come ricostruisce un retroscena dell’Ansa, in pubblico il capo del governo attacca, ma in privato tratta. Anche perché l’altro problema è Forza Italia. Nella stessa giornata, infatti, il capogruppo dei berlusconiani al Senato ha definito la riforma del Senato attuale come “inaccettabile” e l’accordo tutt’altro che vicino.
La riforma della Pa: “Non licenziamo, ma beccheremo i fannulloni”
Intanto se rallenta l’Italicum e slitta la riforma del Senato, la road map del governo pare avere qualche problemino anche per le altre riforme. Quella della Pubblica amministrazione sarà illustrata domani – 30 aprile – ma non è ancora pronto alcun decreto. La riforma, anticipa Renzi, introdurrà per i cittadini una “identità digitale”, il che vuol dire “dare a tutti un pin” che permetterà l’accesso alla P.a. “Il pin – spiega – vuol dire mai più code per un certificato e non pagare più in un certo modo la bolletta”. Meno burocrazia, più facilità anche nelle gare d’appalto. “Non discuto del fatto che dobbiamo avere grandissima attenzione alla legalità nelle gare – dice – ma il modo per garantire la legalità, la premessa è la semplicità”.
Poi tutta la partita del personale. “L’obiettivo è beccare i fannulloni e farli smettere e valorizzare i tanti non fannulloni dando un premio a chi non è fannullone incentivando gli scatti di carriera e magari lo stipendio” dichiara facendo risuonare tonalità da Brunetta. E poi “servono dirigenti che facciano i dirigenti, non è possibile poi che il premio di produzione aumenti con l’indennità e a prescindere dai risultati e dalla situazione del paese – continua – Se il Paese va male, anche i dirigenti devono stringere la cinghia”. Quanto agli 85mila esuberi indicati dal commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli tra i dipendenti della Pubblica amministrazione? “E’ una cifra teorica” ma “non si fa così”. Il presidente del Consiglio assicura: “Non faccio gli esuberi del povero dipendente, nessuno verrà licenziato perché il governo ha da tagliare. I dipendenti non li dobbiamo far lavorare di meno, ma di più”. “Anche perché – aggiunge – con il blocco del turn over la percentuale dei dipendenti pubblici in Italia è ora simile a quella degli altri Paesi: noi siamo al livello della Francia. La Germania ha una percentuale minore, ma perché non conteggia gli operatori della sanità”. Poi stretta sulle partecipate: “I Comuni che si comportano in modo poco serio gli chiudi il rubinetto, perché non vale che uno virtuoso deve pagare anche per quello spendaccione. Privatizzare le municipalizzate? Può essere una soluzione, a Firenze l’ho fatto”.