C’è chi è votato all’improvvisazione, e chi alla pianificazione. Flavio Graser, vicentino di 37 anni, è un buon esempio di come si possa partire per vivere altrove organizzando il più possibile la trasferta. Partiamo dal risultato: dal 2012 Flavio e sua moglie Tatjana vivono in Scozia. Lui lavora per una ditta di consulenza informatica di Glasgow, lei è al secondo anno di dottorato in Epigrafia latina a Edimburgo. Prima di partire, Flavio aveva un buon lavoro a tempo indeterminato, gestiva progetti software per una grossa azienda di abbigliamento nel Nordest. Aveva iniziato 11 anni prima come stagista, ed era diventato IT Project Manager. La partenza non è stata obbligata, ma frutto di una ponderata scelta di coppia. Flavio, laureato in Fisica e subito trasferito nel settore informatico, era curioso di poter cambiare. Tatjana, laureata in Archeologia, viveva i patimenti comuni ad un’intera classe di studiosi della sua materia: lavori a chiamata, a progetto, volontariato. In uno dei loro viaggi visitano il Regno Unito e decidono di provare a trasferirsi. Pianificano il trasferimento e si prendono un intero anno per organizzarsi. “Abbiamo studiato l’inglese, che prima conoscevamo solo a livello scolastico. Attraverso conversazioni private con una madrelingua, siamo migliorati, anche se poi senti lo scozzese e ti sembra di dover ricominciare da zero! Inoltre, io ho anche convertito le mie certificazioni professionali per gli standard inglesi. Nei weekend studiavo, e andavo a Milano per sostenere gli esami”.
L’esperienza di Flavio non racconta solo la paziente preparazione, ma anche le difficoltà che un trasferimento può comportare nonostante gli sforzi che si compiono. Durante i primi mesi le cose non sono andate come la coppia sperava: per trovare un lavoro, Flavio ha cercato per sette mesi. Fortunatamente, avevano messo via un capitale iniziale che facesse da cuscinetto per le emergenze di questo tipo. “Ho cercato a lungo un lavoro, e di certo aver deciso di investire sulla mia specializzazione non mi ha avvantaggiato. E’ stata una sofferenza, ho capito cosa voglia dire essere disoccupato. Prima di questa esperienza avevo sempre lavorato. Invece qui in Scozia, per mesi, mi sono chiesto dove fosse il problema”.
Con il passare del tempo, Flavio corregge le imperfezioni che spesso solo sul campo si scoprono: il curriculum vitae è solo tradotto letteralmente dall’italiano, quindi impara a perfezionarlo per il mercato inglese. Le aziende non lo assumono perché non conoscono il suo precedente impiego, e lui impara a proporsi meglio. Racconta Flavio che neppure nei momenti di sconforto sarebbe tornato sui suoi passi: “In Italia sarebbe comunque stato complicato trovare un nuovo lavoro a 37 anni. In più qui la mia dolce metà ha possibilità che in patria non aveva. Ora che il peggio è passato posso dire che in fondo è stato educativo anche questo periodo di ricerca”. Flavio ha stilato un suo piccolo decalogo di consigli per gli aspiranti esuli, e lo riassume così: “Vorrei sconsigliare di partire senza sapere l’inglese. Studiatelo un po’ prima, per non finire qui a cercare solo altri italiani per poter fare due chiacchiere. E’ bello interagire con gente diversa. Poi vendete bene la vostra specializzazione: se venite a fare i lavapiatti dovete considerare che c’è molta concorrenza, anche locale, e poi sareste troppo stanchi per cercare il lavoro che vorreste davvero. Per finire, evitate Londra. Il Regno Unito è grande e pieno di posti da scoprire. Non esiste un Paese perfetto, ma si può star bene anche fuori dall’Italia”.