Inadatto a guidare Eni. Si potrebbe sintetizzare così il messaggio dell’ong londinese Global Witness (GW) all’assemblea della società petrolifera italiana che si è tenuta l’8 maggio a Roma. Oggetto dell’attacco è Claudio Descalzi, successore dell’amministratore delegato uscente Paolo Scaroni. “Il possibile coinvolgimento di Claudio Descalzi, amministratore delegato entrante di Eni, in una negoziazione sospetta in Nigeria solleva seri dubbi sull’opportunità che lo stesso assuma la guida del gigante italiano del petrolio”, si legge in un comunicato diffuso da GW e dall’organizzazione italiana Re:Common. Global Witness cita le indagini delle autorità britanniche – di cui ha dato notizia l’agenzia Reuters nel luglio del 2013 – sul caso della concessione OPL (Oil Prospecting License, licenza per l’esplorazione di petrolio) 245 per l’estrazione di petrolio in Nigeria, al largo del delta del Niger. Un caso noto già dall’anno scorso quando ne parlarono i maggiori giornali inglesi e la stampa italiana, anche in seguito a un primo intervento dell’ong inglese all’assemblea di Eni nel 2013 e a un’interpellanza del Movimento 5 Stelle. Nel marzo di quest’anno è stata avviata anche un’indagine da parte della procura di Milano. L’OPL 245 fu attribuita a Eni e alla compagnia petrolifera anglo-olandese Shell nel 2011, dopo anni di dispute per individuare l’effettiva proprietà del giacimento. Un processo lungo e laborioso, nel quale Eni entra solo nel 2010 chiedendo aiuto, inizialmente, al faccendiere Luigi Bisignani, come evidenziano le intercettazioni dell’inchiesta P4 presso la procura di Napoli. L’accordo alla fine fu raggiunto: Eni e Royal Dutch Shell pagarono 1,092 miliardi di dollari al governo nigeriano per uno dei giacimenti più promettenti del paese africano. La somma fu corrisposta direttamente al governo, ma poi il governo – sostiene Global Witness – avrebbe girato lo stesso ammontare alla società Malabu Oil and Gas, controllata dall’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete, già condannato per riciclaggio di denaro in Francia nel 2007.
“Etete aveva attribuito il blocco 245 alla sua stessa società, Malabu Oil, quando era ministro del petrolio nel governo del dittatore Sani Abacha”, spiega Global Witness. Eni si è sempre difesa sostenendo di aver pagato il corrispettivo direttamente al Tesoro nigeriano in un conto di garanzia (escrow account) e di non aver mai concluso alcun accordo con Malabu. Il Cane a sei zampe non nega i contatti con Etete anche perché, come affermato dall’ad Paolo Scaroni nell’assemblea del 2013, la società aveva originariamente considerato la possibilità di acquisire direttamente il blocco OPL 245 da Malabu attraverso un processo di gara. “In tal senso ci sono stati contatti con i rappresentanti della società”, ha dichiarato Scaroni, “ma è poi emerso che non vi era evidenza della piena titolarità del blocco da parte di Malabu. Alla fine gli accordi sono stati conclusi unicamente con il governo”. In realtà, secondo Global Witness, Eni e Shell avrebbero saputo fin dall’inizio che il destinatario finale degli accordi era Malabu e non il governo. “Ciò che emerge dal procedimento inglese dimostra che Eni e Shell avrebbero acquisito il blocco 245 facendo transitare il denaro attraverso il governo nigeriano”, continua GW. “Un giudizio del dipartimento di giustizia di New York è arrivato alla conclusione che lo stato africano avrebbe avuto semplicemente un ruolo di intermediario nell’operazione. Le prove acquisite nell’ambito del procedimento inglese indicano che Eni era a conoscenza del fatto che il beneficiario finale della contrattazione sarebbe stato Malabu e non il governo nigeriano”.
“La storia del blocco 245 è un chiaro esempio di opacità nel settore petrolifero e le prove in possesso delle autorità inglesi suggeriscono che il nuovo amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi avrebbe avuto un ruolo chiave nelle negoziazioni”, ha dichiarato Simon Taylor, direttore di Global Witness. “Più di un miliardo di dollari sono stati sottratti al popolo nigeriano, mentre personaggi di dubbia reputazione e un numero ristretto di compagnie petrolifere ne hanno approfittato”, continua Taylor. “Il caso nigeriano rappresenta un rischio per gli azionisti e per il governo italiano. Dato il ruolo di Descalzi, chiediamo che il governo giustifichi la scelta di nominarlo alla guida di Eni, avviando nel contempo un’inchiesta indipendente sull’accaduto”.
Riceviamo e pubblichiamo la seguente precisazione dell’ufficio stampa dell’Eni
Con riferimento alle dichiarazioni di Global Witness, riportate da alcuni organi di stampa, Eni precisa che ritiene corretto l’operato dell’azienda e del suo management in relazione all’acquisizione della concessione OPL 245. Precisa inoltre che Claudio Descalzi, il nuovo amministratore delegato di Eni, non ha avuto un ruolo operativo nei negoziati per OPL 245, dettagliati qui di seguito. Eni aveva originariamente considerato la possibilità di acquisire una partecipazione nel Blocco OPL 245 dalla società Malabu. In tal senso, ci sono stati diversi incontri fra Eni e gli advisors internazionali di Malabu. Nell’ambito di questo processo sono però emersi dubbi sulla titolarità del Blocco da parte di Malabu, essendoci infatti la possibilità di rivendicazioni da parte di Shell e una causa già avviata presso la Corte Federale della Nigeria da parte di presunti precedenti azionisti della Malabu. Per queste ragioni Eni ha interrotto il processo dei negoziati con Malabu. In seguito a questo, il Governo della Nigeria ha deciso di assegnare la concessione del Blocco OPL 245 – il cui sviluppo era rimasto bloccato – a nuovi soggetti. Il governo nigeriamo ha pertanto aperto un tavolo negoziale con Shell e Eni, titolare del blocco limitrofo OPL 244, al fine di trovare una possibile soluzione, superando i contenziosi in essere sulla precdente concessione. Per questa ragione vennero anche invitati dall’Attorney General della Nigeria rappresentanti della società Malabu. Dopo lunghe trattative, nel maggio 2011 il Governo Nigeriano ha assegnato direttamente a Eni e Shell una nuova concessione per il Blocco OPL 245, libero da qualsiasi onere e disputa. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni unicamente con il governo Federale. Si sottolinea che nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu. Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all’assegnazione del Blocco su un conto corrente vincolato a nome del Governo Nigeriano presso una banca internazionale. Confermiamo che Eni non si è avvalsa di alcun intermediario nell’esecuzione della transazione e che nessun pagamento è stato effettuato da Eni alla società Malabu. Risulta che vi sia stata una causa civile, alla quale Eni non era parte, decisa davanti alle Corti Inglesi tra soggetti terzi in relazione alla transazione OPL 245, la cui sentenza esclude categoricamente che vi possa essere stato un comportamento di tipo fraudolento da parte di rappresentanti Eni.