Lo scoglio più grosso, quello del debito, che con il nodo occupazionale rappresenta l’ostacolo maggiore nella trattativa Alitalia-Etihad, secondo il governo sembra avviato a soluzione. Tanto che dopo il vertice a Palazzo Chigi di lunedì, secondo fonti di governo, si sarebbe molto vicini a un’accordo con le banche. Per questo, è l’orientamento che è stato fatto trapelare, ora è necessario non lasciare cadere l’opzione offerta dalla compagnia di Abu Dhabi e chiudere la trattativa. Possibilmente rispondendo alla società emiratina già questa settimana nonostante l’incombere delle elezioni europee.
Questi, in sintesi, i temi dell’incontro che l’ad di Alitalia Gabriele Del Torchio, il presidente Roberto Colaninno e i soci bancari, grande assente l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni che da Milano ha però confermato le indiscrezioni di stampa delle ultime settimane, hanno avuto a palazzo Chigi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e, in collegamento telefonico con il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Qui i rappresentanti del governo hanno invitato i vertici di Alitalia ad “andare avanti con la trattativa e chiudere con Etihad”, perché è “una grande opportunità“. Nei prossimi giorni, ha spiegato Palazzo Chigi al temine dell’incontro, “ci saranno nuovi importanti contatti tra le due compagnie”. Governo, vertici e banche creditrici hanno esaminato i differenti aspetti del negoziato e delle richieste avanzate dalla società emiratina, alla luce “delle positive indicazioni espresse da parte degli azionisti e delle banche”.
Tra i punti ancora irrisolti ci sarebbe il meccanismo di garanzia per i sacrifici che vengono chiesti agli istituti creditori. Poi saranno convocati i sindacati, per trovare una soluzione all’altro passaggio delicato delll’ennesimo salvataggio della compagnia: quello degli esuberi. Sul fronte del debito, Etihad avrebbe chiesto di rinegoziare un minimo di 400 milioni (ma potrebbero arrivare a 565 milioni se si aggiunge la nuova finanza versata ad inizio anno), attraverso la cancellazione o la conversione in titoli. Per andare incontro ulteriormente alle richieste di Etihad, che vorrebbe garanzie sulle pendenze passate della compagnia aerea italiana, Alitalia ha anche messo a punto la proposta di costituire una nuova società ad hoc, dove far confluire business e attività e dove far entrare il partner emiratino con una quota del 49%, con un investimento di circa 560 milioni.
Debiti e contenziosi pregressi, insieme agli esuberi, resterebbero invece nella vecchia Alitalia che politici e banche non vogliono chiamare bad company nonostante le vistose somiglianza. Ma non è detto, secondo alcune fonti, che tutti i debiti restino in capo alla holding. “Siamo un paese industriale e a vocazione turistica: il trasporto aereo è fondamentale: non disperderlo e non regalarlo a zero euro a chi ha scommesso sul fallimento”, ha detto Lupi, senza precisare di chi parlasse: è tuttavia probabile che il riferimento fosse al rischio, nel caso andasse in fumo l’ipotesi Etihad, di un ritorno sulla scena di Air France-Klm, a quel punto per mettere le mani su una compagnia pressoché in saldo. Altre novità in chiave Etihad sono attese poi dal prossimo consiglio dei ministri, che col Piano nazionale degli aeroporti potrebbe approvare anche una norma sulla liberalizzazione di Linate.
Infine gli esuberi (Etihad ne avrebbe chiesto 1.500-2.500), la cui trattativa però è rimandata ad una fase immediatamente successiva: “Certamente saranno convocati anche i sindacati, appena avremo la risposta da parte delle due società”, ha spiegato oggi Lupi, precisando che “il governo dovrà vedere il piano industriale, se l’accordo ci sarà, su quello si ragionerà con i sindacati”. Per salvaguardare l’occupazione potrebbe anche essere messo a punto un decreto ad hoc del ministero del Lavoro, mentre l’azienda potrebbe replicare quanto fatto nel 2008 chiedendo a via Veneto la formula 4 anni di cassa integrazione più tre anni di mobilità. Per arrivare alla transazione vera e propria tra le due compagnie, tuttavia, manca ancora del tempo. Una volta inviata la lettera di risposta di Alitalia, la road map prevedrebbe infatti, prima di tutto la redazione di una lettera d’intenti non vincolante da sottoporre e far sottoscrivere alle parti. Su questa base, poi, andrà preparato e sottoscritto il contratto che sarà vincolante solo se verranno rispettate delle condizioni, tra cui il via libera della Commissione Ue (che però è in scadenza, il che potrebbe allungare i tempi): solo allora potrà avvenire la transazione.
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Alitalia-Etihad, per Palazzo Chigi è quasi fatta ma la strada è ancora lunga
Lo scoglio più grosso, quello del debito, che con il nodo occupazionale rappresenta l’ostacolo maggiore nella trattativa Alitalia-Etihad, secondo il governo sembra avviato a soluzione. Tanto che dopo il vertice a Palazzo Chigi di lunedì, secondo fonti di governo, si sarebbe molto vicini a un’accordo con le banche. Per questo, è l’orientamento che è stato fatto trapelare, ora è necessario non lasciare cadere l’opzione offerta dalla compagnia di Abu Dhabi e chiudere la trattativa. Possibilmente rispondendo alla società emiratina già questa settimana nonostante l’incombere delle elezioni europee.
Questi, in sintesi, i temi dell’incontro che l’ad di Alitalia Gabriele Del Torchio, il presidente Roberto Colaninno e i soci bancari, grande assente l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni che da Milano ha però confermato le indiscrezioni di stampa delle ultime settimane, hanno avuto a palazzo Chigi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e, in collegamento telefonico con il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Qui i rappresentanti del governo hanno invitato i vertici di Alitalia ad “andare avanti con la trattativa e chiudere con Etihad”, perché è “una grande opportunità“. Nei prossimi giorni, ha spiegato Palazzo Chigi al temine dell’incontro, “ci saranno nuovi importanti contatti tra le due compagnie”. Governo, vertici e banche creditrici hanno esaminato i differenti aspetti del negoziato e delle richieste avanzate dalla società emiratina, alla luce “delle positive indicazioni espresse da parte degli azionisti e delle banche”.
Tra i punti ancora irrisolti ci sarebbe il meccanismo di garanzia per i sacrifici che vengono chiesti agli istituti creditori. Poi saranno convocati i sindacati, per trovare una soluzione all’altro passaggio delicato delll’ennesimo salvataggio della compagnia: quello degli esuberi. Sul fronte del debito, Etihad avrebbe chiesto di rinegoziare un minimo di 400 milioni (ma potrebbero arrivare a 565 milioni se si aggiunge la nuova finanza versata ad inizio anno), attraverso la cancellazione o la conversione in titoli. Per andare incontro ulteriormente alle richieste di Etihad, che vorrebbe garanzie sulle pendenze passate della compagnia aerea italiana, Alitalia ha anche messo a punto la proposta di costituire una nuova società ad hoc, dove far confluire business e attività e dove far entrare il partner emiratino con una quota del 49%, con un investimento di circa 560 milioni.
Debiti e contenziosi pregressi, insieme agli esuberi, resterebbero invece nella vecchia Alitalia che politici e banche non vogliono chiamare bad company nonostante le vistose somiglianza. Ma non è detto, secondo alcune fonti, che tutti i debiti restino in capo alla holding. “Siamo un paese industriale e a vocazione turistica: il trasporto aereo è fondamentale: non disperderlo e non regalarlo a zero euro a chi ha scommesso sul fallimento”, ha detto Lupi, senza precisare di chi parlasse: è tuttavia probabile che il riferimento fosse al rischio, nel caso andasse in fumo l’ipotesi Etihad, di un ritorno sulla scena di Air France-Klm, a quel punto per mettere le mani su una compagnia pressoché in saldo. Altre novità in chiave Etihad sono attese poi dal prossimo consiglio dei ministri, che col Piano nazionale degli aeroporti potrebbe approvare anche una norma sulla liberalizzazione di Linate.
Infine gli esuberi (Etihad ne avrebbe chiesto 1.500-2.500), la cui trattativa però è rimandata ad una fase immediatamente successiva: “Certamente saranno convocati anche i sindacati, appena avremo la risposta da parte delle due società”, ha spiegato oggi Lupi, precisando che “il governo dovrà vedere il piano industriale, se l’accordo ci sarà, su quello si ragionerà con i sindacati”. Per salvaguardare l’occupazione potrebbe anche essere messo a punto un decreto ad hoc del ministero del Lavoro, mentre l’azienda potrebbe replicare quanto fatto nel 2008 chiedendo a via Veneto la formula 4 anni di cassa integrazione più tre anni di mobilità. Per arrivare alla transazione vera e propria tra le due compagnie, tuttavia, manca ancora del tempo. Una volta inviata la lettera di risposta di Alitalia, la road map prevedrebbe infatti, prima di tutto la redazione di una lettera d’intenti non vincolante da sottoporre e far sottoscrivere alle parti. Su questa base, poi, andrà preparato e sottoscritto il contratto che sarà vincolante solo se verranno rispettate delle condizioni, tra cui il via libera della Commissione Ue (che però è in scadenza, il che potrebbe allungare i tempi): solo allora potrà avvenire la transazione.
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Mondo
A Gaza è finita la tregua: Israele attacca Hamas sulla Striscia. “Oltre 350 morti, molti bambini”. Tel Aviv: “Colpiremo fino alla restituzione di tutti gli ostaggi”
Cronaca
La lettera del Papa dall’ospedale: “Dobbiamo disarmare le parole per disarmare le menti e la Terra”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
Trump-Putin, oggi la telefonata. Media: “Usa pensano a riconoscere la Crimea come russa”. Tasse e debito: corsa al riarmo dell’Est Europa
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Non esiste possibilità di un'Unione Europea che conti nel mondo se questa è priva di una difesa europea. Ogni entità politica deve avere tra i suoi principali scopi la conservazione di sé, la propria autodifesa. Altrimenti può essere un'organizzazione economica o commerciale o altro, ma non un'unione politica". Lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera l'ex presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, a Roma per un incontro in ricordo di Franco Frattini, ex vicepresidente della stessa commissione, aggiungendo di accogliere favorevolmente la risoluzione del Consiglio europeo di passare, in materia di difesa, dall'unanimità alla maggioranza qualificata, eccezion fatta per le operazioni militari con mandato esecutivo.
"Tutti i passi per assicurare all'Ue un processo decisionale più efficace vanno bene - aggiunge l'ex premier portoghese - Nella fattispecie però non credo che a frenarle sia il voto a maggioranza: spesso l'argomento viene usato come pretesto da quanti dichiarano di voler andare avanti, ma in realtà no. Nei trattati esiste già la possibilità di 'cooperazioni rafforzate' tra alcuni Paesi, basta rispettarne i principi. Sono previsti dall'articolo 20 del Trattato di Lisbona e la massa critica sufficiente per procedere oggi c'è".
"Intese specifiche quali sono le cooperazioni rafforzate vanno raggiunte da almeno nove Stati membri e, siamo onesti, su molte domande non possiamo ambire all'unanimità - spiega Barroso - Attualmente i nove ci sono. E c'è anche abbastanza massa critica per sostenere l'Ucraina". Quanto al programma Rearm Europe di difesa europea approvato dal Consiglio e nella sostanza dal Parlamento, dice ancora, "coloro che sono pronti dovrebbero andare avanti. Francia, Germania e altri lo sono. Allo stesso tempo devono rimanere aperti, come prevedono i trattati, a ulteriori Paesi che potrebbero aggiungersi. È una geometria variabile estensibile a Stati non dell'Ue, come è adesso la Gran Bretagna. Penso che questo dibattito istituzionale di frequente sia una scusa, perché le cose quando lo vogliamo davvero siamo capaci di farle. Importante è superare la frammentazione nell'industria della difesa. Se ogni Paese investe nella rispettiva difesa non aumenteremo quella europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Si tratta ancora sul testo della mozione del Pd in vista del voto in Parlamento sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio Ue. Un accordo sul testo, dopo la lunga riunione di ieri, ancora non è stato trovato. A quanto si apprende, al momento a tenere lontani maggioranza del partito e i riformisti dem è l'aggettivo "radicalmente" voluto dalla segretaria Elly Schlein a proposito dei cambiamenti da apportare a ReErm Eu.
Sulla necessità di invocare modifiche al progetto di difesa Ue di Ursula von del Leyen, invece, le diverse anime del partito si sono trovate d'accordo. "La Schlein vuole marcare la differenza dal Piano, i riformisti pensano invece che ci vogliano debito europeo e difesa comune", sottolinea chi segue le trattative da vicino.
Al testo della mozione lavora già da ieri un gruppo ristretto composto dai capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di commissione Stefano Graziano, Enzo Amendola, Piero De Luca, Tatiana Rojc e Alessandro Alfieri. Una riunione del tavolo ristretto era prevista per stamattina, prima dell'Assemblea dei Gruppi delle 11,30, ma al momento ancora non è iniziata.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Spero ci sia la volontà politica per evitare di dividerci di nuovo. Questo è un passaggio storico. Non possiamo sbagliare, è troppo importante. La politica estera e i temi della difesa europea magari non sono decisivi per il consenso elettorale, ma sono fondamentali per la costruzione della credibilità di un soggetto politico e della costruzione di un’alternativa di governo". Lo dice al Foglio Alessandro Alfieri, senatore del Pd e coordinatore di Energia popolare, a proposito della mozione del Pd sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.
"Lavoriamo a un documento che sottolinei le criticità del piano sulle quali il governo dovrebbe negoziare con la Commissione – dalla necessità di non sbilanciare il costo del riarmo troppo sui bilanci nazionali, alla necessità di investimenti che contribuiscano a far crescere la collaborazione industriale trai i paesi europei e gli acquisti e programmi comuni tra pesi – ma che confermi comunque che questo è oggi un passaggio necessario per garantire la sicurezza dell’Europa", sottolinea il senatore dem.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - La tregue in Ucraina "ci sarà, è inevitabile. Trump e Putin si sono spinti troppo avanti. Hanno tagliato fuori dal confronto l’Europa che rompe le scatole e ora, escludendo gli altri, hanno obbligato se stessi a portare a casa il risultato. Non possono fallire, non possono tornare alla casella di partenza". Lo dice Romano Prodi a 'Avvenire'.
Ma "la pace è un’altra cosa. È più complicata perché si tratta di definire aspetti complessi. A cominciare dai problemi territoriali. Certo di solito una tregua finisce con il rendere definitivi accordi provvisori", sottolinea l'ex presidente della commissione Ue. Sulla difesa europea, Prodi spiega: "Ora è il momento di farci il nostro ombrello. Penso a un lungo e indispensabile cammino verso la difesa comune. Penso a risorse aggiuntive che vengano progressivamente messe insieme da tutti i Paesi Ue. Penso a risorse spese in modo coordinato e unito. Se aumentiamo le spese militari senza organizzare una politica estera e una difesa comune, sono soldi buttati via".
Prodi, tra le altre cose, parla della situazione del Pd: "In Europa non esiste un Paese in cui un partito abbia la maggioranza. Ecco il tema: creare la compagnia di viaggio" e con il M5s "c’è tanta distanza. Troppa. Questo gioco della separazione quotidiana vuol dire condannarsi alla sconfitta. E invece la sfida è trovare una capacità di mediare avanzando. Servono proposte innovative. Servono proposte che emozionano. Che prendono il cuore. Perchè c’è metà del Paese che non va più a votare. E perchè i giovani non si convincono con proposte in contrasto tra loro".
(Adnkronos) - Serie di attacchi aerei di Israele nella Striscia di Gaza, ripresi nella notte su ordine di Benjamin Netanyahu, che ha ordinato "la ripresa della guerra" contro Hamas, dopo che gli sforzi per estendere il cessate il fuoco sono falliti. Il bilancio delle vittime continua a salire. Secondo il direttore del ministero della Sanità della Striscia, Mohammed Zaqout, i morti sono saliti "ad almeno 330, per la maggior parte donne e bambini palestinesi, mentre i feriti sono centinaia"
Secondo quanto appreso dall'Afp da due fonti del movimento di resistenza islamico, tra le vittime c'è anche il generale di divisione Mahmoud Abu Watfa, che era a capo del ministero dell'Interno del governo di Hamas.
L'ufficio del primo ministro Netanyahu ha dichiarato che lui e il ministro della Difesa Israel Katz hanno dato istruzioni alle Forze di Difesa Israeliane (Idf) di intraprendere “un'azione forte contro l'organizzazione terroristica di Hamas” nella Striscia di Gaza. “Questo fa seguito al ripetuto rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi, così come al suo rifiuto di tutte le proposte ricevute dall'inviato presidenziale statunitense Steve Witkoff e dai mediatori”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in un post su X. “Israele, d'ora in poi, agirà contro Hamas con una forza militare crescente”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in una dichiarazione riportata dal Times of Israel, aggiungendo che i piani per la ripresa delle operazioni militari sono stati approvati la scorsa settimana dalla leadership politica.
Israele continuerà a combattere a Gaza "fino a quando gli ostaggi non saranno tornati a casa e non saranno stati raggiunti tutti gli obiettivi", ha affermato Katz.
La Casa Bianca dal canto suo ha confermato che Israele ha consultato l'amministrazione americana prima di lanciare la nuova ondata di raid. "Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, invece ha scelto il rifiuto e la guerra", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, al Times of Israel, dopo la ripresa dei raid israeliani contro la Striscia di Gaza.
Dal canto suo Hamas ha dichiarato che Netanyahu, con la sua decisione di "riprendere la guerra", "ha condannato a morte gli ostaggi" che si trovano ancora a Gaza. "Netanyahu e il suo governo estremista hanno deciso di sabotare l'accordo di cessate il fuoco - accusa il movimento in una nota - La decisione di Netanyahu di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell'occupazione e di imporre loro la condanna a morte”. Hamas denuncia poi che il premier israeliano continua a usare la guerra a Gaza come "una scialuppa di salvataggio" per distrarre dalla crisi politica interna.
Hamas ha quindi esortato i mediatori internazionali a “ritenere l'occupazione israeliana pienamente responsabile della violazione dell'accordo” e ha sottolineato la necessità di “fermare immediatamente l'aggressione”.
Il cessate il fuoco era rimasto in vigore per circa due settimane e mezzo dopo la conclusione della prima fase, mentre i mediatori lavoravano per mediare nuovi termini per l'estensione della tregua. Hamas ha insistito per attenersi ai termini originali dell'accordo, che sarebbe dovuto entrare in vigore nella sua seconda fase all'inizio del mese. Questa fase prevedeva che Israele si ritirasse completamente da Gaza e accettasse di porre fine definitivamente alla guerra in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in vita. Sebbene Israele abbia firmato l'accordo, Netanyahu ha insistito a lungo sul fatto che Israele non porrà fine alla guerra fino a quando le capacità militari e di governo di Hamas non saranno state distrutte. Di conseguenza, Israele ha rifiutato anche solo di tenere colloqui sui termini della fase due, che avrebbe dovuto iniziare il 3 febbraio.
Gli Houthi dello Yemen "condannano la ripresa dell'aggressione del nemico sionista contro la Striscia di Gaza". "I palestinesi non verranno lasciati soli in questa battaglia e lo Yemen continuerà con il suo sostegno e la sua assistenza e intensificherà il confronto", minaccia il Consiglio politico supremo degli Houthi, che da anni l'Iran è accusato di sostenere, come riportano le tv satellitari arabe.
Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".