Tra i canali per fare transitare il denaro diretto ad Amedeo Matacena – l’ex deputato di Forza Italia oggi a Dubai e condannato a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa – e facilitare così il suo arrivo il Libano, c’era anche un conto della Camera. E’ quanto emerge dalle carte della Dia di Reggio Calabria, che nei giorni scorsi ha arrestato sette persone, tra cui anche l’ex ministro Claudio Scajola. L’ex coordinatore del Popolo delle Libertà, che negli esecutivi di Silvio Berlusconi aveva avuto prima la delega agli Interni e poi allo Sviluppo Economico è stato arrestato dalla Direzione antimafia di Reggio Calabria perché voleva far fuggire in Libano l’ex deputato del Pdl, latitante dopo la condanna.
Secondo un’intercettazione che risale al 5 febbraio scorso, la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, è al telefono con Scajola il quale le domanda “se Amedeo ha un conto corrente presso la tesoreria della Camera”. Rizzo risponde di sì, “in quanto l’ultima volta ha pagato versando ad Amedeo là”. Montecitorio ha però precisato che non esiste alcun conto corrente gestito dalla Tesoreria della Camera che sia intestato a singoli deputati o ex deputati.
La famiglia di Matacena e la moglie erano alla ricerca di appoggi politici in Libano che avrebbero potuto garantire la sua permanenza nel Paese mediorientale, evitando così l’estradizione in Italia. La donna, arrestata domenica a Nizza, interrogata nel Palazzo di Giustizia di Aix En Provence si è appellata al magistrato del parquet: “Fatemi tornare a casa”. I magistrati di Reggio Calabria stanno inviando una richiesta di estradizione ai colleghi francesi. Mercoledì, invece, vi sarà l’interrogatorio di Scajola da parte dei magistrati della Dda di Reggio Calabria. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, l’ex ministro si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip.