L’imperativo categorico ora è uno solo, “non fermare l’Expo”. Dopo l’iniziale choc da retata, la politica sta reagendo all’inchiesta milanese che ha portato in carcere gli affiliati della “cupola” degli appalti: chi nega, chi minimizza. E chi con surreale impeto accusa i magistrati di esagerare. E lo fa da condannato in via definitiva. Ma una linea generale si sta imponendo rapidamente, forse per tamponare il rischio che – a una manciata di giorni dalle elezioni europee – l’ombra di una nuova Tangentopoli colpisca nelle urne i partiti lambiti e citati nelle carte. Del resto, in manette sono finiti due ex parlamentari di Forza Italia, il compagno G che risulta ancora iscritto al Pd, l’ex segretario Udc in Liguria Sergio Cattozzo. Poi quel contorno di “aderenze” con esponenti politici d’ogni grado e colore, che la cricca sperava di utilizzare come sponda per continuare a dirottare gli appalti, premiando l’avanzamento di carriera di chi, dentro la macchina Expo, sapeva aggiustarli.
Nelle ultime 24 ore ha preso corpo l’orientamento di tamponare risolutamente la falla mentre dal carcere arrivano le prime confessioni degli arrestati. Prima di tutto in difesa del buon nome della “ditta”, perché tocca sempre “distinguere le reponsabilità personali”, poi in nome di quell’Expo che “non si può fermare”. Perché, dicono quasi all’unisono leader e comprimari, “quello è il vero interesse del Paese”.
Renzi , il Pd e il governo: parola d’ordine, guardare avanti
E’ la linea annunciata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, oggi a Milano, epicentro della bufera giudiziaria: “Fermiamo i delinquenti, non i lavori. L’Expo è una grandissima opportunità per gli italiani“. E’ poi la stessa del Pd che vive giorni di grande imbarazzo, a partire dalla ribalta di Primo Greganti, l’ufficiale di collegamento tra la nuova inchiesta e la vecchia Tangentopoli. Ieri si è appreso che il “compagno G”, tornato dopo 21 anni al centro delle cronache giudiziarie, non ha mai reciso gli antichi legami. Tanto da essere iscritto al circolo Pd di San Donato-Parella (Torino). E sospeso, solo ieri, dal partito. Le carte lambiscono anche il sistema delle Coop, che proprio in Greganti aveva il suo “curatore d’interessi”. E’ qui che spunta anche il nome di Bersani, in una conversazione tra Frigerio e Rognoni in cui il primo sostiene che l’ex segretario del Pd avrebbe chiesto se nelle gare c’era da guadagnare anche per le cooperative. “Millanterie”, ha replicato Bersani, come molti dei politici citati nelle intercettazioni (l’ultimo, in ordine di tempo, è il ministro Lupi). Del resto il Pd è anche al governo in questo momento. E sente su di sé la responsabilità di “mandare in porto l’Expo”.
L’orientamento è condiviso negli ambienti istituzionali: è necessario mettere rapidamente le ruspe in grado di andare avanti, più che scavare solchi che si riempirebbero di antipolitica. E per questo è imperativo più che mai “distinguere i responsabili dei reati” dal destino dell’Esposizione. La pensa così, ad esempio, il presidente della Camera, Laura Boldrini: “Expo è una grande occasione e si deve buttare fuori quello che di sporco c’e’, ma la corruzione non e’ un fatto endemico. Si puo’ e si deve distinguere. Sull’Expo non ci debbono essere ombre di alcun tipo”. Anche il ministro Stefania Giannini invita a distinguere tra malaffare e qualità del progetto: “L’Expo e’ un grande progetto, e lo era fin dall’inizio. Lo valorizzeremo”. A rimarcare la posizione del Pd arriva una nota della vice presidente della Camera, Marina Sereni: “Più che cercare analogie e differenze rispetto al passato, dovremmo tutti reagire di fronte ad una dura verità: nel nostro Paese ogni volta che c’è da realizzare una grande opera s’impone non lo spettro ma la certezza della corruzione”. Ma la soluzione “non può essere peggiore del male”, dice, riferendosi a quanti chiedono di fermare l’Expo. “Bisogna agire in fretta e bene, perchè il mondo ci guarda e la ferita che ha prodotto l’ennesimo scandalo può essere sanata soltanto da una reazione straordinaria che riporti l’Expo a quello che deve essere, l’orgoglio di un Paese moderno e civile in cui legalità e crescita economica vanno insieme”.
Grillo soffia sul fuoco: sostegno ai magistrati, stop all’Expo dei corrotti
Del resto governo e partiti azionisti hanno anche un altro impellente problema. L’Expogate è arrivato infatti a poche settimane dalle elezioni europee e Grillo soffia sul fuoco dalla prima ora, rivendicando che “Il Movimento sta con i magistrati”. Anche lui arriva a Milano e in una conferenza stampa “denuncia gli scandali della grande abbuffata”. Expo va fermata subito, è la sua linea. Ed è tanto importante ribadirlo ora, con lo scandalo monetizzabile nelle urne, da rinviare il “Restitution Day” dei consiglieri regionali della Lombardia programmato da tempo proprio per oggi. Diversi esponenti dei Cinque Stelle, poi, hanno rivendicato in questi giorni di essere l’unica forza non compromessa con “il malaffare degli appalti” e la “Tangentopoli bipartisan”. E al di là dei proclami elettorali, la contrarietà dichiarata all’Esposizione è dichiarata da sempre. Ancora il 5 marzo scorso, ricordano gli esponenti regionali del M5S, “siamo stati in massa nel deserto dei cantieri per ricordare la nostra rischiesta di un Expo legale, diffusa e sostenibile. La magistratura sta svolgendo un lavoro delicato e importante. E’ fondamentale fare totale pulizia. E correre anche il rischio di fermare l’Expo”. Mentre le altre forze politiche fanno poi quadrato intorno al commissario Sala, non indagato ma figura centrale di tutta l’architettura Expo (Renzi: “Piena fiducia in Sala”), il M5S ne chiede le dimissioni. E lo stesso per il ministro Lupi, che nelle carte dell’inchiesta compare più volte, e per il ministro Poletti. A detta del deputato grillino Riccardo Fraccaro, entrambi sono “in pieno conflitto d’interessi per i loro rapporti diretti con le cooperative bianche e rosse”.
“Su tangenti esagerazioni, non ci riguarda”. Garantisce il condannato Silvio
“Noi non c’entriamo nulla, nell’inchiesta sull’Expo c’è tanta aria fritta”. Ieri, ai tanti commenti all’inchiesta milanese si è aggiunto quello di Silvio Berlusconi, già condannato in via definitiva per evasione fiscale e dalla scorsa settimana ammesso in prova ai servizi sociali. Il leader di Forza Italia lo spiega a Tgcom24. Parole che non cadono a caso, visto che nelle carte il suo nome compare più volte insieme a quelli di tanti decani e pezzi grossi del partito, a partire da Verdini e Gianni Letta, dal ministro Lupi oggi in Ncd ma di nascita forzista. Si riferisce poi di cene ad Arcore, bigliettini recapitati al leader per chiedere l’appoggio per nomine utili alla causa degli appalti sott’olio. In manette, poi, finiscono due ex parlamentari di Forza Italia. Insomma, l’estraneità deve essere verbalmente ribadita da Berlusconi perché dalle carte dell’inchiesta non emerge con altrettanta chiarezza. E l’altra leva per far calare il polverone è sminuire l’inchiesta stessa: “C’è molta aria fritta, in tutte le vicende legate ad appalti ci sono telefonate, persone che si offrono dicendo “ti presento questo, ti presento quello… E’ la vita”. La linea viene subito recepita, anche con minor prudenza, dalle prime e seconde linee del partito: “Bisogna impedire che la vicenda giudiziaria ostacoli lo sviluppo dell’Expo e la preparazione di un grande evento”, dice ad esempio Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea. E lo dice a margine di un convegno nella sede dell’Ance in vista delle elezioni europee. Perché oltre Milano, c’è Bruxelles. E infatti da Sulmona, dove era in corso un incontro elettorale di Forza Italia, anche Mara Carfagna dice la sua sulla vicenda. “Non è una nuova Tangentopoli”, rassicura tutti.
La Lega e la teoria delle mele marce
Per stare tranquilli, in una regione governata dalla Lega Nord, era necessario avere protezioni in alta Padania. Di questo si convincono presto i protagonisti della scalata col trucco agli appalti per Expo. Nelle conversazioni intercettate ragionano più volte di come strappare gli appoggi che servono. Fatalmente, si trovano a ragionare del presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni. Nelle carte e nelle intercettazioni il suo nome compare molte volte. L’interessato ha subito rigettato ogni coinvolgimento, bollando come “millanteria” quel tirarlo in ballo come soggetto da attivare per il condizionamento degli appalti. Su tutti, a leggere le carte, quello delle Vie d’acqua, il progetto da 12,4 milioni che per il Gip Fabio Antezza sarebbe andato dritto in bocca all’imprenditore Maltauro, grazie alle segnalazioni e l’operosità del responsabile del procedimento, Angelo Paris. E Maroni viene citato proprio per questo “affare” in un’intercettazione del 25 aprile: “Ho scatenato Maroni e infatti è li che continua a polemizzare sulle vie d’acqua (…) ieri ho gli ho mandato un bigliettino “vai avanti con le vie d’acqua che hai ragione tu”. Così l’ex parlamentare Dc Frigerio racconta al sodale Catozzo (ex segretario Dc il Liguria) di aver fatto pressioni su Maroni per indurlo a sostenere il via libera al progetto.
Maroni, questa l’idea, dovrebbe fare la voce grossa contro le proteste dei comitati di residenti che stanno bloccando il cantiere. L’interessato si è affrettato a negare di averlo ricevuto e di aver subito qualsiasi “condizionamento”. E tuttavia la cronaca milanese riporta, proprio nelle settimane successive a quella conversazione, una serie di uscite da parte del Presidente della Regione, nel segno voluto da Frigerio, di superare il blocco delle proteste. Anche al prezzo di scontrarsi pubblicamente con il sindaco Pisapia, più disponibile alle ragioni dei comitati locali. Sempre in orbita Lega, c’è da registrare la reazione del segretario Matteo Salvini. Il suo nome compare a pagina 521 dell’ordinanza. A farlo sono Frigerio e Rognoni, il primo animato dall’esigenza di garantire al secondo una poltrona vista l’imminente conclusione dell’incarico di direttore generale di Infrastrutture Lombarde Spa. I due ragionano allora dei diversi appoggi dentro il Carroccio, Flavio Tosi dato per vicinissimo all’imprenditore Maltauro poi arrestato. A un certo punto, ma potrebbe essere l’ennesima millanteria, Frigerio sostiene di aver parlato con Maltauro per convincere Tosi a “far passare Salvini” (come segretario della Lega, ndr). Ebbene cosa dice Salvini? Che “aver trovato le mele marce è un vantaggio per Expo perché ci permette di tornare al progetto originario”. Non una parola, invece, sulle tante volte in cui gli arrestati hanno fatto riferimento agli appoggi dati per certi nel Carroccio.