La notizia è ormai nota: con una sentenza dello scorso 13 maggio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che chiunque può chiedere al gestore di un motore di ricerca di disindicizzare qualsiasi contenuto lo riguardi e che esso assuma pubblicato in violazione del proprio diritto alla privacy o della propria reputazione.
E’ facile prevedere che da domani centinaia di migliaia di cittadini europei – noti e meno noti alle cronache – scriveranno ai grandi motori di ricerca [ndr non è peraltro chiaro a quale indirizzo] per chiedere di cessare l’indicizzazione di qualsiasi informazione li riguardi e li ritragga in termini negativi o, semplicemente, non graditi.
Impossibile non chiedersi cosa accadrà quando Google, Yahoo, Bing e gli altri motori di ricerca saranno sommersi di questo genere di richieste.
Difficile credere che società nate per macinare denaro e legittimamente governate dalla logica del profitto si prendano la briga di esaminare caso per caso le richieste e di negare la cancellazione ogni qualvolta sia relativa a fatti o notizie in relazione ai quali sussista un effettivo interesse pubblico all’accesso al contenuto.
Perché mai Google, Yahoo, Bing e gli altri dovrebbero ergersi a difensori della libertà di informazione in Europa e farsi carico del rischio che qualcuno li trascini davanti ad un Giudice o ad un’Autorità Garante per la Privacy, rimproverandogli di non aver dato seguito ad una richiesta di disindicizzazione ed aver, così, trattato illecitamente i propri dati personali?
La parola d’ordine nella grandi società che gestiscono i motori di ricerca, probabilmente, sarà cancellare tutto e sempre, salvo eccezioni ed all’unica condizione che il segnalante identifichi in modo puntuale i contenuti da disindicizzare. Un approccio diverso sarebbe incompatibile con l’esigenza di contenimento del rischio di impresa che deve, necessariamente, governare l’azione di ogni società nata e cresciuta per macinare denaro.
Se cancellare implica rischi più contenuti che non cancellare, ovviamente, un imprenditore non può che scegliere di cancellare.
E, in questa vicenda, è proprio così perché nessuno è in condizione di contestare a Google, Yahoo o Bing di aver “cancellato troppo” ovvero di aver accolto una richiesta di cancellazione di contenuti che, invece, avrebbero dovuto rimanere al loro posto in ossequio al diritto di cronaca o, più semplicemente, alla libertà di informazione.
Benché, infatti, i motori di ricerca siano ormai diventati la porta di accesso naturale e quasi obbligata al sapere ed all’informazione le grandi corporation della ricerca non hanno, evidentemente, nessun obbligo giuridico di indicizzare tutto né, a maggior ragione, di continuare ad indicizzare contenuti a seguito di una richiesta di disindicizzazione anche quando ciò potrebbe costar loro condanne e sanzioni a tanti zeri.
Ma che accadrà se i grandi motori di ricerca cominceranno ad accogliere in maniera sistematica le richieste di cancellazione e disindicizzazione? La Rete, interrogata, proporrà del mondo o, almeno, della nostra Europa un’immagine straordinariamente falsata: quella di un continente popolato da uomini virtuosi, politici irreprensibili e capitani d’industria coraggiosi e senza macchia.
Il Cavalier Berlusconi diverrà agli occhi del mondo solo un imprenditore di successo ed un uomo politico straordinariamente longevo se non uno statista come ama definirsi, Primo Greganti – tanto per fare un altro esempio in ossequi alla par condicio – uno dei tanti iscritti al partito democratico e questo articolo verrà disindicizzato perché suggerisce un’immagine non lusinghiera dei due.
Ma questo non significa riscrivere la storia?
E prima ancora della storia, non significa travolgere quello straordinario principio cristallizzato nell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che riconosce ad ogni individuo, tra gli altri, il diritto “di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”?
Sono quesiti che occorre porsi oggi, prima che sia troppo tardi, resistendo alla tentazione – forte e comprensibile – di leggere la Sentenza della Corte di Giustizia solo come un giusto e sacrosanto richiamo, anche ai grandi colossi del web battenti bandiera extra-europea, al rispetto della privacy.
Il diritto alla privacy dei singoli è fondamentale ma la libertà di informazione e comunicazione ed il diritto alla storia non sono da meno.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 14 Maggio 2014
Privacy, Corte di Giustizia vs Google: i motori di ricerca riscriveranno la storia?
La notizia è ormai nota: con una sentenza dello scorso 13 maggio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che chiunque può chiedere al gestore di un motore di ricerca di disindicizzare qualsiasi contenuto lo riguardi e che esso assuma pubblicato in violazione del proprio diritto alla privacy o della propria reputazione.
E’ facile prevedere che da domani centinaia di migliaia di cittadini europei – noti e meno noti alle cronache – scriveranno ai grandi motori di ricerca [ndr non è peraltro chiaro a quale indirizzo] per chiedere di cessare l’indicizzazione di qualsiasi informazione li riguardi e li ritragga in termini negativi o, semplicemente, non graditi.
Impossibile non chiedersi cosa accadrà quando Google, Yahoo, Bing e gli altri motori di ricerca saranno sommersi di questo genere di richieste.
Difficile credere che società nate per macinare denaro e legittimamente governate dalla logica del profitto si prendano la briga di esaminare caso per caso le richieste e di negare la cancellazione ogni qualvolta sia relativa a fatti o notizie in relazione ai quali sussista un effettivo interesse pubblico all’accesso al contenuto.
Perché mai Google, Yahoo, Bing e gli altri dovrebbero ergersi a difensori della libertà di informazione in Europa e farsi carico del rischio che qualcuno li trascini davanti ad un Giudice o ad un’Autorità Garante per la Privacy, rimproverandogli di non aver dato seguito ad una richiesta di disindicizzazione ed aver, così, trattato illecitamente i propri dati personali?
La parola d’ordine nella grandi società che gestiscono i motori di ricerca, probabilmente, sarà cancellare tutto e sempre, salvo eccezioni ed all’unica condizione che il segnalante identifichi in modo puntuale i contenuti da disindicizzare. Un approccio diverso sarebbe incompatibile con l’esigenza di contenimento del rischio di impresa che deve, necessariamente, governare l’azione di ogni società nata e cresciuta per macinare denaro.
Se cancellare implica rischi più contenuti che non cancellare, ovviamente, un imprenditore non può che scegliere di cancellare.
E, in questa vicenda, è proprio così perché nessuno è in condizione di contestare a Google, Yahoo o Bing di aver “cancellato troppo” ovvero di aver accolto una richiesta di cancellazione di contenuti che, invece, avrebbero dovuto rimanere al loro posto in ossequio al diritto di cronaca o, più semplicemente, alla libertà di informazione.
Benché, infatti, i motori di ricerca siano ormai diventati la porta di accesso naturale e quasi obbligata al sapere ed all’informazione le grandi corporation della ricerca non hanno, evidentemente, nessun obbligo giuridico di indicizzare tutto né, a maggior ragione, di continuare ad indicizzare contenuti a seguito di una richiesta di disindicizzazione anche quando ciò potrebbe costar loro condanne e sanzioni a tanti zeri.
Ma che accadrà se i grandi motori di ricerca cominceranno ad accogliere in maniera sistematica le richieste di cancellazione e disindicizzazione? La Rete, interrogata, proporrà del mondo o, almeno, della nostra Europa un’immagine straordinariamente falsata: quella di un continente popolato da uomini virtuosi, politici irreprensibili e capitani d’industria coraggiosi e senza macchia.
Il Cavalier Berlusconi diverrà agli occhi del mondo solo un imprenditore di successo ed un uomo politico straordinariamente longevo se non uno statista come ama definirsi, Primo Greganti – tanto per fare un altro esempio in ossequi alla par condicio – uno dei tanti iscritti al partito democratico e questo articolo verrà disindicizzato perché suggerisce un’immagine non lusinghiera dei due.
Ma questo non significa riscrivere la storia?
E prima ancora della storia, non significa travolgere quello straordinario principio cristallizzato nell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che riconosce ad ogni individuo, tra gli altri, il diritto “di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”?
Sono quesiti che occorre porsi oggi, prima che sia troppo tardi, resistendo alla tentazione – forte e comprensibile – di leggere la Sentenza della Corte di Giustizia solo come un giusto e sacrosanto richiamo, anche ai grandi colossi del web battenti bandiera extra-europea, al rispetto della privacy.
Il diritto alla privacy dei singoli è fondamentale ma la libertà di informazione e comunicazione ed il diritto alla storia non sono da meno.
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Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.