Questa è una storia imbarazzante per un giudice del collegio di Cassazione che ha condannato Silvio Berlusconi. Si chiama Claudio D’Isa, 65 anni, vive a Piano di Sorrento, ha partecipato alla camera di consiglio presieduta da Antonio Esposito conclusasi con la condanna del Cavaliere a 4 anni per frode fiscale, e da giorni è nel mirino di una campagna del quotidiano Libero per aver frequentato i Terenzio, una famiglia laziale alla quale la Direzione investigativa antimafia ha sequestrato beni per 150 milioni di euro. Ma questa che il Fatto Quotidiano vi racconta è un’altra storia. È un’inchiesta per usura in cui è indagato il figlio del giudice, Dario D’Isa, 38 anni, avvocato.
Un’informativa dei carabinieri trasmessa alla Procura di Torre Annunziata, pm Silvio Pavia, mette Dario D’Isa al centro di una vicenda di prestiti a strozzo dove si agitano salumieri, pizzaioli, autisti, facchini, nullafacenti, a titolo di usurai o mediatori d’usura. I carabinieri hanno effettuato perquisizioni e sono entrati anche nell’abitazione di D’Isa jr. e nello studio legale che si trova in una viuzza di Sorrento. Alcuni indagati hanno fatto ricorso per provare a ottenere il recupero di decine di migliaia di euro sequestrati. La Procura ha rilanciato inoltrando al Riesame nuovi atti. Tra i quali la trascrizione di nove telefonate intercorse tra Dario e Claudio D’Isa (che non è indagato) nel periodo tra il 3 ottobre e il 12 novembre 2013 “inerenti movimentazioni bancarie fatte dall’indagato”. In queste intercettazioni il giudice D’Isa sollecita il figlio a farsi consegnare dei soldi, a far emettere un assegno circolare da 6.300 euro sul proprio conto al Monte dei Paschi di Siena perché, annotano i carabinieri, “in apprensione per la situazione debitoria causata dal figlio”. Dario poi contatta il padre per verificare insieme tutti i conti e in una successiva telefonata del 18 ottobre 2013 i due discutono sulla liquidità del conto corrente del giudice. Dalla lettura dell’intercettazione si apprende che D’Isa jr. ha versato sul conto del padre 46 mila euro perché ormai il giudice era andato sotto pesantemente a un fido di 25 mila euro, e sottratti “9.200 euro per tasse” e fatti tutti i calcoli il giudice si trova in attivo di circa 4mila euro. In un’altra conversazione il giudice ricorda al figlio: “Tutto a posto? Hai fatto quel versamento ha detto mamma”? “Sì sì ho fatto… l’ho versato io a nome tuo – risponde D’Isa jr. – il direttore me l’ha fatto fare”. “Quanti ne hai versato”? “25mila euro”.
Un giro di soldi forse usuale all’interno di una facoltosa famiglia sorrentina. Ma i carabinieri collegano queste telefonate ad altre intercettazioni tra Dario D’Isa, un ristoratore di Pimonte, Vincenzo Donnarumma, e i due intermediari che stabiliranno il contatto tra D’Isa jr. e Donnarumma, Giovanni Zingone e il suo ‘compare’ Luigi De Nicola. In ballo ci sono 7000 euro consegnati da Donnarumma in pezzi da 50 euro a D’Isa jr. affinché si interessasse di una causa pendente in Cassazione. Gli inquirenti sostengono che D’Isa jr. è stato sollecitato “affinché interceda con il padre per la vicenda giudiziaria”. Le telefonate tra i quattro si susseguono a ritmo incalzante. E si alternano con altre intercettazioni tra D’Isa jr. e il padre in cui il giudice chiede al figlio le motivazioni di primo grado e di appello “altrimenti io non capisco niente”. Carte che D’Isa jr. chiede e ottiene da Donnarumma, chiamato poche ore dopo.
Il 9 novembre 2013 Dario D’Isa chiama il padre per chiedergli “se ha visto quella sentenza là, sta in stanza di mamma, in quel coso… americano là”. Il papà lo rassicura: “Ora lo guardo”. Tre giorni dopo, il 12 novembre 2013 alle ore 16.14, D’Isa jr. contatta il padre per chiedergli se “puoi fare quel controllo su quel Donnarumma 3° sezione (della Cassazione, ndr) eventualmente così poi glielo dico”. Il giudice purtroppo non può subito: “Ora le cancellerie stanno chiuse”. Il 13 novembre 2013 si farà vivo con D’Isa jr. Donnarumma. È arrabbiatissimo: “Non è stato mosso nemmeno un dito”. Ha appena appreso, per canali suoi, che la Cassazione ha confermato la sentenza che lo riguarda. Quindi pretende la restituzione dei 7mila euro. Immediatamente.
Pochi minuti dopo, D’Isa jr. se ne lamenterà in con uno dei due intermediari, De Nicola: “L’avevo detto che non era detto che la cosa poteva non andare in porto… non è che non è stato fatto niente, non è stato raggiunto l’obiettivo, ma non è che non è stato fatto niente… stavano le carte là sopra, le ha viste pure sulla scrivania, e che gli racconto frottole io?… Io glielo dissi a don Giovanni perché qua se succede qualcosa quello chiederà la restituzione… lui disse no, non è così… e così è andata…”. Ed ancora: “Purtroppo lui non ci stava, stava a Napoli, altrimenti ci parlava un momento , quella è stata pure la sfortuna… che lui è andato a Napoli e che la sfortuna è stata che oggi non ci stava… Stava a casa e domani stava là… avete capito”? Nulla impedisce di pensare che D’Isa jr. abbia speso il nome del genitore a sua insaputa. Ma la vicenda è imbarazzante lo stesso. Abbiamo provato a interpellare D’Isa jr. ma appena l’avvocato ha compreso di interloquire con un giornalista ha preferito interrompere la conversazione: “Non posso parlare sono impegnato, a quest’ora non è il caso”.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 maggio 2014