Lascia senza parole leggere quanto è accaduto ieri a Milano nel corso del Wired Next Festival 2014, manifestazione nell’ambito della quale era in programma – tra le tante – una conferenza alla quale avrebbero dovuto partecipare l’assessore ai trasporti del Comune di Milano, Pier Francesco Maran e la responsabile di Uber Italia – la società che gestisce l’ormai nota app che mette in contatto utenti e conducenti di vetture a noleggio e da qualche settimana anche utenti con altri utenti – Benedetta Arese Lucini.

La conferenza è stata cancellata dopo che un picchetto di centinaia di tassisti milanesi ha messo in scena una manifestazione di protesta a suon di cori da stadio e annesso lancio di uova.

E’ l’epilogo di un confronto-scontro che prosegue, ormai, da oltre un anno ovvero da quanto Uber è sbarcata nel capoluogo lombardo.

I tassisti non perdonano ad Uber di sottrarre loro clientela, facilitando il contatto tra clienti e autovetture con conducente e rimproverano al Comune di Milano di non fare abbastanza per arginare quello che, a loro dire, è un fenomeno di “pirateria” nel trasporto pubblico locale.

Inutile, oggi – all’indomani di quanto accaduto – provare a ragionare su chi abbia torto e chi ragione in questo scontro tra “tradizioni” e “progresso” nel trasporto pubblico municipale perché, farlo, varrebbe solo a gettare ulteriore benzina su un incendio, ormai divampato da mesi e che non accenna a spegnersi.

E sarebbe egualmente inutile – per la stessa ragione – puntare l’indice contro l’imperdonabile mancanza di civiltà con la quale i tassisti milanesi hanno, non da ieri, scelto di combattere la loro battaglia contro Uber, contro l’inaccettabile attaccamento degli stessi tassisti alle regole anacronistiche di un mercato che non c’è più, così come contro gli errori che, non c’è ragione per escludere, Uber può aver commesso nello sbarcare nel nostro Paese, pretendendo di travolgerne – o, almeno, metterne a dura prova – le regole.

Guai però ad accettare con rassegnazione quanto accaduto ieri e, più in generale, quanto sta accadendo da mesi e guai a non sottolineare che, sin qui, nello scontro tra i due contendenti – Taxi contro Uber – non ha vinto nessuno ma ha perso lo Stato ed il Comune di Milano, che, in questa vicenda, lo rappresenta.

E’ democraticamente inaccettabile che in un Paese civile – o che ambisce a definirsi tale pur senza esserlo – l’Amministrazione pubblica non sia capace di governare un fenomeno straordinariamente naturale come quello della trasformazione di un mercato quale, nel caso di specie, quello del trasporto pubblico locale.

Impossibile accettare l’idea che, in oltre un anno, non si sia riusciti – o peggio ancora non si sia voluto riuscire – a scrivere, varare ed applicare regole capaci di dare una risposta ad un fenomeno figlio esclusivamente dell’innovazione e della trasformazione dei servizi e dei mercati.

Siamo davanti ad un piccolo, grande fallimento della politica locale e non scriverlo significherebbe rendersi complici di uno Stato che davanti al progresso ed agli effetti che esso naturalmente produce, preferisce voltarsi dall’altra parte o limitarsi a dare una botta al cerchio ed un’altra alla botte senza, tuttavia, prendere posizione, lasciando che cittadini, operatori e Paese nel suo complesso ne paghino il prezzo.

Il Comune di Milano avrebbe dovuto vietare Uber se davvero lo ritiene fuori legge come urlano i tassisti milanesi o, al contrario, avrebbe dovuto metterne nero su bianco la piena legittimità, eventualmente subordinandola al rispetto di talune condizioni da parte del gestore dell’app e/o dei suoi utenti.

Si è, invece, assistito solo ed esclusivamente a risposte ondivaghe e prese di posizione ambigue che hanno finito con esacerbare gli animi dei contendenti e spingere – perché questo è quello che è accaduto – i tassisti a farsi giustizia da soli.

Nel mezzo i cittadini costretti ad assistere impotenti a quanto sta accadendo, i conducenti delle auto a noleggio che si ritrovano a sentirsi “pirati” solo perché hanno installato ed usano un app sul loro telefonino e, soprattutto, un tam tam che fa il giro del mondo – proprio partendo dalla città che si prepara ad ospitare il mondo in occasione dell’Expo – raccontando quanto il nostro Paese sia incapace di affrontare e governare l’innovazione ed il futuro.

Inutile chiedersi se abbia ragione Uber, se abbiano ragione i tassisti o se, invece, abbiano ragione entrambi.

Quel che è certo è che ha torto chi ha la responsabilità di garantire la civile convivenza in una città e chi dovrebbe preoccuparsi di garantire il buon funzionamento, l’efficienza ed il progresso del trasporto pubblico locale e non vi riesce o preferisce non riuscirvi.

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