Mezzo bicchiere di vino rosso a pasto, un consumo moderato di cioccolata e magari di frutti rossi: abitudini fino a oggi considerate positive per la salute a causa di un comune denominatore, il resveratrolo.

Ora però uno studio della Johns Hopkins University di Baltimora pubblicato su Jama Internal Medicine sembrerebbe smentire il mito dell’azione antinfiammatoria, antitumorale e antitrombotica di questa sostanza. Secondo i ricercatori statunitensi, un eventuale beneficio associato a questi alimenti sarebbe dovuto ad altri fattori, non al noto antiossidante. “A lungo si è pensato e si è dato largo spazio, anche a livello mediatico, all’idea che questo acido potesse portare a qualche beneficio”, ha spiegato Richard D. Semba, docente di oftalmologia nell’ateneo statunitense. “Eppure noi non abbiamo trovato alcuna traccia a riprova di questa teoria”. Anzi, ha spiegato il ricercatore che per lo studio ha collaborato con l’Azienda Sanitaria di Firenze, “gli italiani che presentano nell’organismo maggiori quantità di questi antiossidanti presenti nel vino o nei mirtilli, non sembrano vivere più a lungo di quelli che ne hanno di meno. Presentano lo stesso rischio degli altri di sviluppare patologie cardiovascolari o tumorali”.

Se il rischio diminuisce mangiando alcuni cibi, spiegano gli autori dello studio, il merito non sembra essere di questo composto. Basandosi su un campione di 783 uomini e donne ultrasessantacinquenni abitanti nella zona del Chianti, seguiti dal 1998 al 2009, hanno infatti dimostrato che la concentrazione di resveratrolo nelle urine non aveva niente a che vedere con i marker infiammatori, l’incidenza di patologie cardiovascolari o il rischio di sviluppare cancro.

“Il nostro gruppo di pazienti non seguiva una particolare dieta, ma tutti, chi più chi meno, assumevano il vino tipico della regione: dallo studio, tuttavia, non sono emersi i benefici di solito associati ai cibi ricchi di resveratrolo, sebbene in altri studi questi alimenti si dimostrino in grado di ridurre l’infiammazione e proteggere il cuore”, ha concluso Semba. “Probabilmente la spiegazione è che i benefici, se ci sono, sono dovuti ad altri polifenoli: difatti il nostro studio dimostra soltanto che i benefici probabilmente non sono legati al resveratrolo, e non che non ci siano affatto”.

di Laura Berardi

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