Bocciati al referendum, i nuovi caccia non si potranno comperare. Ve lo immaginate, svegliarsi una mattina e leggere questa notizia in apertura di tutti i giornali, dei siti, dei telegiornali. Il sogno proibito di qualsiasi pacifista. Ma non un sogno impossibile, almeno per gli svizzeri che ieri hanno detto “no” all’acquisto di nuovi caccia. E così, il contratto tra l’Aeronautica del Paese della Milka e la Saab per 22 aerei da combattimento Gripen E, adesso inevitabilmente salterà.
Pochi se l’aspettavano, anche se i sondaggi degli ultimi giorni avevano segnalato un aumento della percentuale dei contrari all’acquisto. Quasi mai i nostri vicini orologiai si erano espressi contro un programma militare. Vent’anni fa, in un referendum analogo sui caccia F/A-18, la partita fu rovesciata e vinsero i “sì”.
Come sapete, nelle valli dei Grigioni o sulle rive del lago Lemano l’opinione dei cittadini conta, così tanto che almeno quattro volte l’anno si tengono dei referendum federali (ma poi ci sono quelli cantonali, quelli comunali e in molti villaggi si fanno ancora le assemblee generali in piazza dove si prendono le decisioni per alzata di mano) sulle materie più disparate. Ieri si trattava di approvare o meno l’aumento del salario minimo e decidere se acquistare i 22 caccia svedesi.
Il “no” ai caccia è decisamente clamoroso. Il Governo avrebbe voluto comperare questi aerei (il Brasile ha annunciato l’intenzione di acquistarne 36) per un investimento di 3,1 miliardi di franchi pari a 2,5 miliardi di euro. I caccia svedesi avrebbero dovuto sostituire a partire dal 2016 54 caccia statunitensi F-5, ormai giunti alla fine della loro vita operativa. È clamoroso, soprattutto, perché apparentemente la scelta dei cittadini elvetici non si è basata su una spinta genericamente antimilitarista. Se c’è uno Stato dove le forze armate godono di un consenso piuttosto ampio è proprio la Confederazione, che ha un esercito permanente di miliziani di oltre 160 mila uomini su una popolazione di 8 milioni (al confronto i nostri militari sono circa 170 mila su sessanta milioni di abitanti). Tutti i cittadini maschi abili devono prestare almeno tre settimane di servizio l’anno, gli esentati sono tenuti a pagare una sovrattassa del 3 per cento sui loro redditi e un referendum tenutosi il 22 settembre 2013 ha bocciato la proposta di abolire il servizio militare obbligatorio con una schiacciante maggioranza del 73 per cento. Dunque, niente pacifismo. Anzi, per non condizionare il risultato, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), ha tenuto un profilo molto basso proprio per evitare che il confronto diventasse ideologico. Il che avrebbe probabilmente portato alla sconfitta dei sostenitori del “no”.
Gli argomenti contro i caccia svedesi sono stati per certi versi simili alle argomentazioni che in Italia suggeriscono di cancellare, o quanto meno di ridurre drasticamente, gli F-35: costo eccessivo (2,5 miliardi di euro per l’acquisto, ma quasi 10 miliardi le proiezioni di costo di esercizio), problemi di sviluppo del velivolo e, non secondario, il fastidio dell’elettorato per il sospetto di ingerenza da parte della diplomazia svedese che avrebbe cercato di condizionare le scelte governative durante il processo di selezione del nuovo caccia. Vi ricorda nulla?
Ora, senza immaginare un eldorado alpino che non esiste, mutatis mutandis cercate di applicare la vicenda svizzera all’Italia dove: a) il Consiglio supremo di Difesa ha detto che neppure il Parlamento può entrare nelle scelte di acquisto di armamenti; b) è venuto persino Barack Obama a dire a Renzie che gli F-35 si devono proprio comperare seguito a ruota da interviste a valanga dell’ambasciatore John Phillips; c) la Lockheed ha messo in piedi una campagna di lobbying senza precedenti arruolando ministri, generali, giornalisti, pseudo-istituti di ricerca; d) il conto per noi sarà, alla fine, di 52 miliardi; e) il salario medio viaggia sui 1300 euro al mese, in Svizzera sempre ieri hanno votato per decidere se portare il salario minimo a 3250 euro. Mi sa che mi compro un chilo di Milka per dimenticare.
Toni De Marchi
Giornalista
Cronaca - 19 Maggio 2014
Svizzera, referendum: no ai nuovi caccia. E l’Italia?
Bocciati al referendum, i nuovi caccia non si potranno comperare. Ve lo immaginate, svegliarsi una mattina e leggere questa notizia in apertura di tutti i giornali, dei siti, dei telegiornali. Il sogno proibito di qualsiasi pacifista. Ma non un sogno impossibile, almeno per gli svizzeri che ieri hanno detto “no” all’acquisto di nuovi caccia. E così, il contratto tra l’Aeronautica del Paese della Milka e la Saab per 22 aerei da combattimento Gripen E, adesso inevitabilmente salterà.
Come sapete, nelle valli dei Grigioni o sulle rive del lago Lemano l’opinione dei cittadini conta, così tanto che almeno quattro volte l’anno si tengono dei referendum federali (ma poi ci sono quelli cantonali, quelli comunali e in molti villaggi si fanno ancora le assemblee generali in piazza dove si prendono le decisioni per alzata di mano) sulle materie più disparate. Ieri si trattava di approvare o meno l’aumento del salario minimo e decidere se acquistare i 22 caccia svedesi.
Il “no” ai caccia è decisamente clamoroso. Il Governo avrebbe voluto comperare questi aerei (il Brasile ha annunciato l’intenzione di acquistarne 36) per un investimento di 3,1 miliardi di franchi pari a 2,5 miliardi di euro. I caccia svedesi avrebbero dovuto sostituire a partire dal 2016 54 caccia statunitensi F-5, ormai giunti alla fine della loro vita operativa. È clamoroso, soprattutto, perché apparentemente la scelta dei cittadini elvetici non si è basata su una spinta genericamente antimilitarista. Se c’è uno Stato dove le forze armate godono di un consenso piuttosto ampio è proprio la Confederazione, che ha un esercito permanente di miliziani di oltre 160 mila uomini su una popolazione di 8 milioni (al confronto i nostri militari sono circa 170 mila su sessanta milioni di abitanti). Tutti i cittadini maschi abili devono prestare almeno tre settimane di servizio l’anno, gli esentati sono tenuti a pagare una sovrattassa del 3 per cento sui loro redditi e un referendum tenutosi il 22 settembre 2013 ha bocciato la proposta di abolire il servizio militare obbligatorio con una schiacciante maggioranza del 73 per cento. Dunque, niente pacifismo. Anzi, per non condizionare il risultato, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), ha tenuto un profilo molto basso proprio per evitare che il confronto diventasse ideologico. Il che avrebbe probabilmente portato alla sconfitta dei sostenitori del “no”.
Gli argomenti contro i caccia svedesi sono stati per certi versi simili alle argomentazioni che in Italia suggeriscono di cancellare, o quanto meno di ridurre drasticamente, gli F-35: costo eccessivo (2,5 miliardi di euro per l’acquisto, ma quasi 10 miliardi le proiezioni di costo di esercizio), problemi di sviluppo del velivolo e, non secondario, il fastidio dell’elettorato per il sospetto di ingerenza da parte della diplomazia svedese che avrebbe cercato di condizionare le scelte governative durante il processo di selezione del nuovo caccia. Vi ricorda nulla?
Ora, senza immaginare un eldorado alpino che non esiste, mutatis mutandis cercate di applicare la vicenda svizzera all’Italia dove: a) il Consiglio supremo di Difesa ha detto che neppure il Parlamento può entrare nelle scelte di acquisto di armamenti; b) è venuto persino Barack Obama a dire a Renzie che gli F-35 si devono proprio comperare seguito a ruota da interviste a valanga dell’ambasciatore John Phillips; c) la Lockheed ha messo in piedi una campagna di lobbying senza precedenti arruolando ministri, generali, giornalisti, pseudo-istituti di ricerca; d) il conto per noi sarà, alla fine, di 52 miliardi; e) il salario medio viaggia sui 1300 euro al mese, in Svizzera sempre ieri hanno votato per decidere se portare il salario minimo a 3250 euro. Mi sa che mi compro un chilo di Milka per dimenticare.
PERCHÉ NO
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".