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Cetti, l’uomo del Metro che diceva sempre ‘sì’

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Gianstefano Frigerio, capo della “Cupola” degli appalti lombardi, era entusiasta di Stefano Cetti, direttore generale della Mm spa. Solo Angelo Paris, direttore appalti di Expo, gli dava più soddisfazione (“Paris è il più bravo”). Ma anche Cetti è stato a lungo corteggiato dai furbetti dell’Expo (dall’8 maggio tutti agli arresti): telefonate, incontri, cene. E lui ha dimostrato grande disponibilità. Ora c’è grande imbarazzo a Milano. Cetti è il manager di un’azienda importante, la Metropolitana milanese, controllata dal Comune di Milano.

È una società di progettazione, ma soprattutto è la stazione appaltante del Comune, l’“appaltificio” che organizza gare e assegna lavori, anche per Expo. Ai tempi di Tangentopoli era presidiato dal socialista Antonio Natali, padre politico di Bettino Craxi e inventore del sistema scientifico delle mazzette di rito ambrosiano. Vent’anni dopo, il suo ruolo è stato messo un po’ in ombra da un altro “appaltificio”, Infrastrutture lombarde, controllato dalla Regione, diventato centrale nell’era di Roberto Formigoni.

Cetti, uno dei manager pubblici più pagati a Milano (315 mila euro all’anno) è restato fuori dalle indagini. Nessuna tangente, nessun favore accertato. Ma le sue telefonate, i suoi incontri, i suoi sì restano imbarazzanti. Viene avvicinato da Frigerio e si lascia avvicinare. La “Cupola” lo inserisce nel poker di manager pubblici preziosi per cercare di arraffare appalti, insieme a Paris, ad Antonio Scino (Authority trasporti) e a Bruno Simini (Policlinico). Frigerio, 8 ottobre 2013: “Cetti è importante, eh, perché tutte le robe della metropolitana… lì verranno fuori anche un sacco di lavoro… Cetti mi ha detto ‘ci sono anche delle strade di collegamento prima dell’Expo’”. “Tutto lavoro che può fare Enrico”, esulta Sergio Cattozzo, un altro degli arrestati. Si riferisce al costruttore Enrico Maltauro. C’è un appalto preciso che fa gola alla “Cupola”: quello per la linea di metropolitana Zara-Expo. Se ne parla in un pranzo di lavoro al ristorante Giglio rosso, il 3 dicembre 2013. Presenti Frigerio, Cattozzo, Paris, Cetti, Scino. Ma già il 26 novembre, Frigerio e Cattozzo avevano ipotizzato addirittura una ripartizione delle tangenti future sull’affare. “Fatto cento”, dice Frigerio, “riservi un 10 a Cetti e il 90 lo dividiamo noi tre, 30-30-30”. “E Primo”, aggiunge Cattozzo riferendosi a Greganti, “si spesa con le cooperative”. Dopo una discussione, però, decidono di non dare nulla a Cetti: “Cetti no, Cetti niente”, conclude Cattozzo. “Non ho mai trattato”, approva Frigerio, “Non gli ho mai detto niente, non mi pare neanche opportuno andare a…”. Cattozzo, pratico: “Diamo una quota a Primo, una quota a Scino e il resto ce la dividiamo io e te”.

Non soldi, ma una collocazione di prestigio: questo offrono a Cetti. Un ruolo di manager in A2a, la grande società energetica controllata dalle amministrazioni di Milano e di Brescia. Il 20 dicembre si vedono al Westin Palace di Milano. Frigerio parla con Cetti. “La prima cosa operativa è: parliamo della metropolitana, delle novità del futuro”. Cetti risponde con una lunga serie di sì. Frigerio gli illustra la sua strategia “dei tre canali” (sinistra; destra e banche; Vaticano) per portarlo in A2a. Cetti continua a rispondere “sì”, “bene”, “sì sì”, “va bene”. Alla fine, però, le cose non vanno come la banda sperava. La gara dell’Mm per la tratta Zara-Expo viene fatta al massimo ribasso “e Enrico alle gare al massimo ribasso non ci va e fa bene”, si dicono Cattozzo e Frigerio. Questi, riferendosi a Paris e Cetti, dice: “Sono dei miei ragazzi… almeno quei due, quei due lì li faccio correre”. È il 26 marzo 2014. Neppure due mesi dopo, la corsa di Frigerio e Paris si è interrotta. Quella di Cetti continua.

Il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2014

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