Boom della sinistra di Tsipras in Grecia (leggi) e valanga di voti per gli euroscettici dell’Ukip di Nigel Farage (leggi). Poi c’è il Partito popolare europeo che conquista 212 seggi contro i 185 dei socialisti del S&E. Ma il dato più rilevante delle Europee, oltre alla vittoria storica del leader Matteo Renzi in Italia e la tenuta di Angela Merkel in Germania, è il trionfo degli antieuro del Front National di Marine Le Pen che, dopo l’ottimo risultato alle scorse amministrative, sono per la prima volta il partito più votato in Francia. La leader della formazione di destra invita tutti gli euroscettici, incluso il Movimento 5 Stelle, a unirsi al Fn e sottolinea che “ciò che è stato espresso oggi è un rifiuto massiccio dell’Unione europea“. I vertici M5s, però, fanno sapere all’Adnkronos che, sarà Grillo stesso, probabilmente già nel videomessaggio che verrà registrato nelle prossime ore a commento dei risultati elettorali, a specificare di non avere alcuna intenzione di avviare un percorso comune. “Siamo diversi, abbiamo un dna differente”, aveva affermato l’ex comico nel corso della campagna elettorale. E anche Nigel Farage, leader dell’Ukip che è uscito vincitore dalle europee nel Regno Unito, ha detto di volere “incontrare Beppe Grillo e discutere con lui delle nostre politiche che hanno molto in comune”.
Un risultato eclatante quello francese, che spinge Le Pen a chiedere al presidente Francois Hollande lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e le dimissioni del premier francese Manuel Valls. I socialisti, infatti, toccano oggi il minimo storico. “Questa sera è un momento grave”, ha detto il primo ministro, che ha definito l’esito delle urne “un terremoto” ma ha garantito che il governo andrà avanti con le riforme. Ma a convocare una riunione di crisi dopo la sconfitta elettorale è il presidente Hollande, che lunedì 26 maggio incontrerà alle 8.30 Valls e alcuni ministri all’Eliseo. “Bisogna trarre delle lezioni” da questo “evento cruciale“, ha detto il Capo dello Stato, secondo quanto riportato da Le Figaro.
Le Pen e l’invito agli euroscettici – “Tutti coloro che sono per la libertà l’indipendenza e contro l’Ue devono unirsi a noi – ha dichiarato Le Pen, rivolgendosi agli euroscettici dal quartiere generale di Fn a Nanterre – L’Unione europea deve restituire quello che ha rubato, con la debolezza, la viltà e il tradimento delle élite europee. Deve restituire al popolo la sua sovranità e dobbiamo costruire un’altra Europa: l’Europa delle nazioni libere e sovrane, l’Europa delle cooperazioni liberamente scelte”. E già tra martedì e mercoledì prossimi, annuncia il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, i leader del nascente gruppo degli euroscettici guidato dal Fn si riuniranno a Bruxelles per fare il punto della situazione dopo il successo registrato dalla destra francese. Oltre al Fn e alla Lega, al gruppo – che si dovrebbe chiamare European Alliance for Freedom (Alleanza europea per la libertà), Eaf – dovrebbero aderire il partito della Libertà olandese di Geert Wilders, che però non è riuscito a sfondare nelle elezioni che nei Paesi Bassi si sono svolte giovedì scorso, e l’austriaco Fpoe, il partito fondato negli anni ’90 da Haider che ha visto raddoppiare i consensi raccolti in occasione nella consultazione elettorale europea. All’iniziativa poterebbero partecipare altre formazioni euroscettiche provenienti da Belgio, Svezia, Slovacchia, Danimarca e Germania. Con gli euroscettici che si uniranno al Parlamento Ue, ha detto Salvini dalla sede del partito in via Bellerio, “viene fuori una bella truppa d’assalto, ci sarà qualcuno che stanotte a Bruxelles e a Berlino non dormirà. L’euro non esiste più”.
Affluenza Europee – Le elezioni europee 2014 non hanno registrato la vittoria dell’astensionismo e per la prima volta dal 1979 si è fermato il calo dell’affluenza. La quota dei votanti nei 28 paesi dell’Ue è stata, secondo la prima stima dell’Europarlamento, del 43,1% rispetto al 43% delle elezioni del 2009. La partecipazione alle votazioni è passata dal 61,9% del 1979, al 58,9% del 1984, al 58,4% del 1989, al 49,5% del 1999, 45,4% del 2004 fino al 43% del 2009. Per Bruxelles in Italia i votanti sono stati il 60% degli aventi diritto, uno dei valori più alti tra i 28. I popolari del Ppe si aggiudicano 212 seggi al Parlamento europeo, davanti ai socialisti di S&D con 185. Alde è a 71, Verdi/Ale 55, Sinistra unitaria 45, conservatori di Ecr 40 (gruppo che comprende principalmente i Tories britannici ed i polacchi), Non iscritti 40, Efd 36, Altri 67. Le forze euroscettiche sarebbero comunque al di sotto del 20 per cento.
Anche i cittadini ucraini oggi erano chiamati alle urne per le presidenziali (leggi) e in Italia si è votato in 4mila Comuni e due regioni, Abruzzo e Piemonte (leggi). Sui primi assetti che si delineano dagli exit poll è intervenuto anche il presidente della Bce Mario Draghi che, aprendo il forum dell’Eurotower sulle banche centrali, ha spiegato che “gli elettori in tutta Europa si sono chiaramente allontanati” e “vogliono risposte”.
GERMANIA – Con il 27,2% l’Spd sale di oltre sei punti rispetto al 2009, e di un punto e mezzo rispetto alle elezioni parlamentari del 2013. Il partito di Angela Merkel diminuisce di circa il 2%, fermandosi al 35,3% delle preferenze. Ma la vera sorpresa è il partito antieuro, Alternaive Fuer Deutschland che ottiene il 7 per cento (leggi). I Verdi hanno il 10,7%. La Linke il 7,5%. I Liberali, usciti dal parlamento nazionale raggiungono il 3%. I neonazisti dell’Npd ottengono un seggio, entrando per la prima volta a Strasburgo. Un risultato possibile dopo che nelle settimane scorse la Corte costituzionale tedesca aveva bocciato la soglia di sbarramento al 3% per le elezioni europee. Alle europee del 2009 i cristianodemocratici di Angela Merkel presero il 37,9%, i socialdemocratici di Sigmar Gabriel il 20,8, i Verdi il 12,1, i Liberali l’11% e la Linke il 7,5%. Alternative fuer Duetschland, la vera novità di questa tornata, cinque anni fa non esisteva: il giovane partito di Bernd Lucke, economista che ha raccolto i dissidenti delle politiche europee di Merkel, era rimasto per poco sotto la soglia del 5% rimanendo fuori dal Bundestag.
GRAN BRETAGNA – L’Ukip di Nigel Farage è saldamente il primo partito in Gran Bretagna (leggi). La conferma arriva dopo lo scrutinio dei voti in sei delle 12 regioni del Regno Unito, che dà il partito euroscettico britannico al 31,9% dei voti, contro il 24,2% dei Tories del premier David Cameron ed il 22,9% dell’opposizione laburista. Al quarto posto i liberaldemocratici, con il 7%. Se i risultati verranno confermati, sarà la prima volta che i conservatori o i laburisti non sono il primo partito nel Regno Unito negli ultimi 108 anni. Il leader dell’Ukip, Nigel Farage, ha affermato anche che l’idea di un’alleanza in Europa resta “aperta e possibile” col partito di Grillo. “Mi piace molto il modo elettrizzante con cui conduce le sue campagne”, ha aggiunto. Alla domanda se le misure proposte dall’Ukip contro la libera circolazione in Europa riguarderebbero anche gli italiani che vivono in Gran Bretagna, Farage ha preferito non rispondere. “Sì, sarà un terremoto”, ha detto Farage, “perché mai prima d’ora nella storia della politica britannica è stato in testa un partito ‘ribelle’ in un’elezione nazionale. Non voglio solo che la Gran Bretagna lasci l’Unione europea voglio che l’Europa lasci l’Unione europea”.
FRANCIA – Il Front National conquista 24 seggi al Parlamento europeo, l’Ump 20 e il partito socialista appena 13. Altri 7 seggi vanno ai centristi, 6 agli ecologisti e 4 all’estrema sinistra. Un francese su 4 ha votato per il Front National che arriva al 26% (nel 2009 aveva conquistato solo 3 seggi), mentre l’Ump è al 20,66% e il Partito socialista, col 13,88% dei voti, registra il peggior risultato elettorale della sua storia. Centristi al 9,7%, ecologisti all’8,7%. Un risultato al di là di ogni previsione. La vittoria era stata prevista dai sondaggi nei mesi scorsi, ma le proporzioni sono superiori ad ogni previsione. Cinque punti in più dell’Ump, il partito della destra istituzionale già in crisi per le accuse di fondi neri contro il suo presidente, Jean-Francois Copé (20,3%). Con poco più del 14%, il Partito socialista ha toccato il suo fondo storico, che finora era il 14,5% quando il partito nel 1994 era guidato da Michel Rocard. Il Front National quadruplica i suoi voti rispetto al 2009, l’Ump crolla di 7 punti. Nessun risultato storico per l’astensione, come si temeva: è andato a votare il 43% degli elettori, contro il 40,5% nel 2009. La coalizione di governo, su scala nazionale (PS e Verdi) tocca appena il 23,4% dei voti.
Il partito di Le Pen quindi è primo partito in una consultazione nazionale in Francia e ha poco meno del doppio dei voti del Partito socialista al governo. “Il popolo sovrano ha parlato in modo forte e chiaro, come in tutti i grandi momenti della storia. Il popolo sovrano ha scelto di riprendere in mano il proprio destino”, ha detto Le Pen, che ha lanciato un appello solenne al presidente Francois Hollande affinché proceda allo scioglimento dell’Assemblea nazionale dopo lo storico risultato. L’attuale sistema, ha detto, “non è più rappresentativo, non si può ignorare chi ottiene il 25% dei voti”. A fronte della sconfitta, il Capo dello Stato ha convocato lunedì alle 8.30 all’Eliseo, oltre a Valls – che ha assicurato l’intenzione del governo di proseguire con le riforme – i ministri degli Esteri, Laurent Fabius, delle Finanze, Michel Sapin, dell’Interno, Bernard Cazeneuve, il portavoce del governo e ministro dell’Agricoltura, Stephane Le Foll, e il sottosegretario agli Affari europei, Harlem Desir. La riunione straordinaria è stata convocata alla vigilia di quella di Bruxelles, martedì, dei capi di stato e di governo europei.
I risultati preoccupano fortemente i socialisti francesi e la ministra dell’Ecologia ed esponente di punta del partito, Segolene Royal, parla di “shock a livello mondiale”. “I cittadini del mondo- ha detto su TF1 l’ex compagna del presidente Francois Hollande e già candidata all’Eliseo contro Nicolas Sarkozy nel 2007 – e i cittadini europei vedranno che in Francia un elettore su 4 ha votato per un partito violentemente antieuropeo”.
SPAGNA– Débâcle per il Partito popolare del premier Mariano Rajoy e per il Psoe (leggi). Il Pp ha vinto le elezioni con il 26,06% dei voti e 16 seggi, tre punti avanti sul Psoe, che registra il 23% e 14 seggi, ma entrambi perdono rispettivamente 8 e 9 seggi rispetto al 2009. Exploit degli indignados con il partito Podemos, che al suo esordio nell’Europarlamento conquista 5 seggi con il 7,97 per cento e diventa il quarto partito. Izquierda Unida ottiene sei seggi e registra il 9,99%. In Catalogna sorpasso storico degli indipendentisti di Esquerra Republicana de Catalunya sui soci al governo di Convergencia i Union. L’affluenza ha superato la media dell’Unione Europea del 43,11%. In Catalogna, l’affluenza alle urne, in pieno dibattito indipendentista, è stata di 10 punti superiore a quella registrata nel 2009, attestandosi nella media nazionale.
GRECIA – Tsipras è in testa con il 26,4 per cento dei voti, al secondo posto Nea Dimokratia (centrodestra) con il 23,2 per cento, al terzo il neo-nazista Chrysi Avgì (Alba Dorata) con il 9,3 per cento e al quarto posto il socialista Pasok con l’8 per cento. Pur essendo diventato il primo partito, Syriza non ha comunque ottenuto quel 5% di vantaggio sul partito al governo che gli avrebbe permesso di chiedere elezioni anticipate. E infatti il portavoce dell’esecutivo, Simos Kedikoglou, ha già fatto sapere che il voto “è fuori discussione” e che il risultato ottenuto dal partito di Tsipras non gli consente di “rovesciare” il governo. Al terzo posto si collocano il partito di estrema destra Alba dorata, che ottiene il 9,3% dei voti, mentre il Pasok, alleato nel governo di coalizione con Samaras, recupera e conquista l’8% delle preferenze.
AUSTRIA– Boom degli euroscettici: i popolari Oevp restano al primo posto con il 27,1% (meno due per cento circa), i socialdemocratici Spoe stabili al 23,8%, mentre il grande vincitore è il partito di destra euroscettico Fpoe, terzo con il 20,1% (+7,2%) che raddoppia i seggi da 2 a 4. Per il suo leader, Heinz-Christian Strache, si tratta di uno “straordinario successo”. “Da dieci anni vinciamo una elezione dopo l’altra e oggi siamo sopra il 20%. Un risultato che i nostri avversari non potranno certo ridimensionare”, ha detto. Si tratta del partito che vuole limitare l’accesso degli immigrati in Austria, proponendo anche un’uscita dagli accordi di Schengen. In un’intervista rilasciata in campagna elettorale Strache ha sostenuto che se non vi sarà una svolta in Europa, il suo partito sarà favorevole a un referendum per chiedere agli austriaci se restare oppure no nell’Ue. Buon risultato dei Verdi al 14,6%.
DANIMARCA – Boom euroscettici: estrema destra di Danish People Party sarebbe il primo partito con il 23,1% (+3 deputati rispetto al 2009), secondi i socialisti con il 20,5%, terzi i liberali con il 17,2%.
OLANDA – Il Pvv eurofobo di Geert Wilders fa meno peggio di quanto previsto dagli exit poll di giovedì e, secondo i risultati ufficiali, porta a casa 4 eurodeputati anziché i 3 previsti con il 13,2% delle preferenze invece del 12%. Primo partito per preferenze i centristi liberali del D66 con 15,4% ma non per seggi, solo 4, contro i 5 dei cristiano democratici del Cda al 15% ma apparentati con un’altra lista. A seguire, i liberali del Vvd guidati dal premier Mark Rutte con l’11,9% e tre seggi, i laburisti del PvdA al 9,4% con tre seggi, poi i socialisti del Sp al 9,6% con due seggi. Due seggi per il Cu/Sgp e due per i verdi, mentre entra per la prima volta al parlamento europeo il partito verde per gli animali con un deputato. Fuori, invece, a differenza di quanto indicato dagli exit poll, il partito 50Plus.
PORTOGALLO – Socialisti del Ps primi con il 30-34%, secondi i popolari della coalizione Ap tra 25-29%, terza la sinistra radicale di Cdu tra 12-15%, e sorpresa per la formazione ecologista ma fuori dai Verdi del Partito della Terra che avrebbe preso tra 7-8%. Risultati ribaltati rispetto alle europee del 2009 dove i popolari erano primo partito con il 31,7% e i socialisti secondo con il 26%.
IRLANDA– Sinn Fein verso la conquista di un seggio europeo con un 17%, in crescita rispetto al 10% registrato nelle ultime elezioni politiche. Restano in testa gli indipendenti con il 27%, seguito da Fine Gael (centro-destra) al 22%, il partito laburista in calo al 6%. In aumento i Verdi al 6%.
CROAZIA – Nel Paese più giovane dell’Unione europea vince nettamente con il 41 per cento la coalizione di centrodestra, guidata dal maggior partito di opposizione, Unione democratica croata (Hdz), che confluisce a Strasburgo nel gruppo del Ppe. Secondo i risultati quasi definitivi, diffusi dalla Commissione elettorale, alla lista di centrodestra andranno cinque degli undici eurodeputati assegnati alla Croazia. La coalizione dei partiti governativi di centrosinistra, capeggiata dai socialdemocratici del primo ministro Zoran Milanovic, ha ottenuto il 29,9 per cento e quattro eurodeputati, pagando duramente le politiche di austerità in atto da due anni. Tre di questi confluiscono al Pse e uno all’Alleanza dei Democratici e Liberali (Alde).
BULGARIA – Si afferma il partito conservatore Gerb dell’ex premier Boyko Borissov, con il 28,6% e sei seggi dei 17 spettanti alla Bulgaria al Parlamento europeo. Seguono il partito socialista di Serghei Stanishev, con il 19,8% e cinque seggi; il partito della minoranza turca, Dps, con il 14,9% e tre seggi; la coalizione guidata dal neopartito Bulgaria senza censura con l’11,1 per cento e due seggi; e il Blocco riformista, alleanza di partiti di centrodestra, con il 6,4% dei voti e un seggio.
MALTA – Il partito laburista ha conquistato il 53% dei voti. Il Partito nazionalista, iscritto al gruppo Ppe al Parlamento europeo, è al 40% e i Verdi al 2,7%.
SLOVENIA – I dati ufficiali confermano le proiezioni fatte dall’exit poll. E’ in testa il Partito democratico sloveno (Sds, centrodestra) con il 24,86% e tre degli otto eurodeputati spettanti al Paese, seguito da Lista Nova Slovenija e Sls (centrodestra) al 16,46% e due seggi. Al terzo posto si piazza la lista Verjamem (centrosinistra) con il 10,50% e un deputato, al quarto Desus (centrosinistra) all’ 8,16% e un seggio, seguito dal partito socialdemocratico (centrosinistra) con il 8,05% e un seggio. Molto bassa l’affluenza alle urne, con solo il 24% degli aventi diritto che ha votato in questa tornata elettorale (ritoccato al rialzo il dato fornito alle 19 e che parlava di un affluenza del 17%).
FINLANDIA – Guadagna voti il partito euroscettico e anti-immigrati dei “Veri finlandesi”. Secondo gli ultimi exit poll, il partito Perussuomalaiset avrebbe il 12,8% dei voti, in aumento di oltre tre punti rispetto al 2009, con 13 europarlamentari eletti. In testa i popolari del KK 22,7% seguiti dai liberali di SK (21,0%). I socialdemocratici, parte della coalizione di governo, scendono al 13,6%.
LETTONIA– Nel corso degli scrutini, il portale di informazione Lsm.Lv diffonde alcuni dati non ufficiali. I popolari del partito Unity sono al 46% con 4 eletti, i conservatori dell’Alleanza Nazionale al 15% (1 seggio), mentre i socialdemocratici pro-russi dell’Harmony Center sono al 13% (1 seggio) e l’Unione dei Verdi ed Agricoltori, nuovo partito che non ha ancora scelto lo schieramento europeo, all’8% (1 seggio).
SVEZIA – I socialdemocratici sono il primo partito con il 23,7%. Crollo dei popolari del Partito dei Moderati del premier Reinfeldt che scende al 13,0% (avevano il 18,3% nel 2009), sorprendente ascesa degli ambientalisti dello Mp, che sale al secondo posto con il 17,1%. I liberali di Fp sarebbero scesi il 9,5% (dal 13,58% di 5 anni fa). Sinistra radicale del Vaensterpartiet in ascesa all’8,1% (dal 5,66%). Al 7,0% i Democratici (Sd) euroscettici.
LUSSEMBURGO– Seggi invariati rispetto a cinque anni fa, con la vittoria del partito cristianodemocratico del candidato Ppe alla presidenza della Commissione Ue Jean-Claude Juncker: stravince con il 37,65%. I liberali al governo è secondo (14,77%), poi socialisti del Lsap (11,75%) e verdi (Dei Greng).
UNGHERIA – Fidesz di Viktor Orban (conservatori) ha raccolto il 51,49% dei consensi, e avrà 12 seggi. Jobbik (estremisti) ha ottenuto il 14,68%, 3 seggi. I socialisti (Mszp) hanno raggiunto il 10,92%, 2 seggi. I democratici (Dk) il 9,76%, 2 seggi. I centristi (Insieme) il 7,22%, 1 seggio. I verdi (Lmp) 5,01%, 1 seggio.
ROMANIA– La coalizione di centrosinistra che attualmente guida il governo, e che è formata da Socialdemocratici, Unione nazionale per la Romania e partito conservatore, è al 41% delle preferenze, secondo i primi exit poll pubblicati dalla Mediafax. Al secondo posto il partito liberale, è distaccato di quasi 30 punti percentuali con il 14,9 per cento. I popolari del Pdl si fermano all’11,8%. Unione democratici ungheresi in Romania, sempre Ppe, al 7%, e i populisti del PMP al 6,7%.
POLONIA – Crollo dei popolari di governo del Po, che in Polonia restano primo partito ma con quasi un terzo dei voti in meno rispetto al 2009, boom degli euroscettici del Knp di Janusz Korwin-Mikke che conquisterebbero 4 seggi col 7,2%, forte ascesa dei conservatori del Pis in lotta per il primato col 31,8%.
La ‘partita’ per la Commissione europea – Nel ‘nuovo’ Parlamento europeo, la maggioranza va ai popolari, che però perdono rispetto al 2009, i socialisti si rafforzano ma perdono la corsa alla presidenza della Commissione europea, e le forze euroscettiche guadagnano terreno. Ma, visto che si assestano al di sotto del 20 per cento, per riuscire a contare dovranno stringere alleanze al momento imprevedibili. “I risultati mostrano che è possibile una maggioranza solida nel Parlamento europeo. Queste forze politiche non sono d’accordo su ogni singolo dettaglio, ma condividono l’idea che l’Europa ora debba essere più forte”, ha scritto in una nota il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. E, nella partita per il suo successore, si delinea già il braccio di ferro tra le forze politiche per trovare una maggioranza in Parlamento.
“Voglio essere il presidente della prossima Commissione perché il Ppe ha vinto”, ha detto Jean-Claude Juncker. “Non andrò in ginocchio dai socialisti perché siamo il partito numero uno – dice -. Ma anche noi dobbiamo fare compromessi. Vorrei allargare la maggioranza a Verdi e Liberali, ma – chiarisce – non andrò mai con l’estrema destra”. A chi gli chiedeva se potesse prendere in considerazione un passo indietro per un altro candidato Juncker ha risposto con un lapidario “no”. Il candidato del Ppe, formazione che ha ottenuto 212 seggi e che è il primo partito a Bruxelles, in conferenza stampa al Parlamento europeo a Bruxelles ha sottolineato che “bisogna ascoltare la volontà popolare. Bisogna dire di no a chi preferisce gli intrighi di corridoio alle scelte democratiche”.
Il candidato socialista alla presidenza Martin Schulz ha annunciato che “i gruppi Ue si riuniranno domani (lunedì 26 maggio, ndr) per decidere chi sarà la persona che avrà il mandato di cercare una maggioranza qui in Parlamento. Alla luce degli incontri vedremo chi avrà questo mandato. Penso che Juncker cercherà di farlo come cercherò di farlo io. Stasera – ha sottolineato – abbiamo aperto un capitolo nuovo della democrazia europea. Qualunque sarà la composizione del Parlamento, questo voterà il nuovo presidente della Commissione Ue. Il presidente della Commissione dovrà trovare una maggioranza qui in Parlamento”.
Soddisfatti del risultato i Verdi che hanno raggiunto “un risultato molto buono” alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. “Siamo la seconda forza politica in Svezia – ha detto la loro candidata alla guida della Commissione Ska Keller – Abbiamo recuperato seggi nel Regno Unito e in Austria. Per la prima volta avremo dei rappresentanti al Parlamento di Paesi come l’Irlanda, l’Ungheria e la Croazia“, ha aggiunto. Se dovessero essere chiamati in una coalizione di maggioranza, i Verdi, ha concluso, chiederanno “il sostegno alle politiche verdi per la creazione di posti di lavoro nei settori ecologici e delle energie rinnovabili”.
Parlamento uscente – Il Parlamento europeo uscente è risultato dalle ultime elezioni europee di giugno del 2009. Fino a luglio del 2013 era composto da 754 membri; poi sono stati aggiunti temporaneamente 12 deputati in rappresentanza della Croazia a seguito del suo ingresso nell’Ue il 1° luglio di quell’anno, portando il totale dei deputati a 766. Successivamente è stata attuata una redistribuzione dei seggi agli Stati membri in modo che, in questa tornata elettorale, si tornerà ad avere 751 parlamentari. L’Europarlamento uscente è composto così: 273 deputati del Partito popolare europeo, 196 parlamentari del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) a cui fa capo il Pse, 83 seggi del gruppo liberare Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa (Alde), 57 seggi del gruppo dei Verdi/Alleanza libera Europa, 57 deputati del gruppo Conservatori e riformisti europei (Ecr), 34 rappresentanti del gruppo Gue/Ngl della Sinistra unitaria europea, 31 membri del gruppo parlamentare euroscettico Europa della libertà e della democrazia e 33 del gruppo dei non iscritti.
Elezioni Europee 2014
Elezioni europee 2014, i risultati: il Front National di Le Pen primo partito in Francia
Il Front National vince, minimo storico per i socialisti francesi. In Austria forte ascesa della destra Fpoe. I neonazisti tedeschi si aggiudicano un seggio a Strasburgo, Cdu è primo partito ma in calo. Forte ondata di consenso per i partiti euroscettici e anti-immigrati, dalla Finlandia all'Ungheria. Tra questi, risultato storico per l'Ukip in Gran Bretagna, oltre il 31 per cento. Non vince l'astensionismo e per la prima volta dal 1979 si ferma il calo dell'affluenza. Secondo le proiezioni, il Ppe conquista 212 seggi, i socialisti 185
Boom della sinistra di Tsipras in Grecia (leggi) e valanga di voti per gli euroscettici dell’Ukip di Nigel Farage (leggi). Poi c’è il Partito popolare europeo che conquista 212 seggi contro i 185 dei socialisti del S&E. Ma il dato più rilevante delle Europee, oltre alla vittoria storica del leader Matteo Renzi in Italia e la tenuta di Angela Merkel in Germania, è il trionfo degli antieuro del Front National di Marine Le Pen che, dopo l’ottimo risultato alle scorse amministrative, sono per la prima volta il partito più votato in Francia. La leader della formazione di destra invita tutti gli euroscettici, incluso il Movimento 5 Stelle, a unirsi al Fn e sottolinea che “ciò che è stato espresso oggi è un rifiuto massiccio dell’Unione europea“. I vertici M5s, però, fanno sapere all’Adnkronos che, sarà Grillo stesso, probabilmente già nel videomessaggio che verrà registrato nelle prossime ore a commento dei risultati elettorali, a specificare di non avere alcuna intenzione di avviare un percorso comune. “Siamo diversi, abbiamo un dna differente”, aveva affermato l’ex comico nel corso della campagna elettorale. E anche Nigel Farage, leader dell’Ukip che è uscito vincitore dalle europee nel Regno Unito, ha detto di volere “incontrare Beppe Grillo e discutere con lui delle nostre politiche che hanno molto in comune”.
Un risultato eclatante quello francese, che spinge Le Pen a chiedere al presidente Francois Hollande lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e le dimissioni del premier francese Manuel Valls. I socialisti, infatti, toccano oggi il minimo storico. “Questa sera è un momento grave”, ha detto il primo ministro, che ha definito l’esito delle urne “un terremoto” ma ha garantito che il governo andrà avanti con le riforme. Ma a convocare una riunione di crisi dopo la sconfitta elettorale è il presidente Hollande, che lunedì 26 maggio incontrerà alle 8.30 Valls e alcuni ministri all’Eliseo. “Bisogna trarre delle lezioni” da questo “evento cruciale“, ha detto il Capo dello Stato, secondo quanto riportato da Le Figaro.
Le Pen e l’invito agli euroscettici – “Tutti coloro che sono per la libertà l’indipendenza e contro l’Ue devono unirsi a noi – ha dichiarato Le Pen, rivolgendosi agli euroscettici dal quartiere generale di Fn a Nanterre – L’Unione europea deve restituire quello che ha rubato, con la debolezza, la viltà e il tradimento delle élite europee. Deve restituire al popolo la sua sovranità e dobbiamo costruire un’altra Europa: l’Europa delle nazioni libere e sovrane, l’Europa delle cooperazioni liberamente scelte”. E già tra martedì e mercoledì prossimi, annuncia il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, i leader del nascente gruppo degli euroscettici guidato dal Fn si riuniranno a Bruxelles per fare il punto della situazione dopo il successo registrato dalla destra francese. Oltre al Fn e alla Lega, al gruppo – che si dovrebbe chiamare European Alliance for Freedom (Alleanza europea per la libertà), Eaf – dovrebbero aderire il partito della Libertà olandese di Geert Wilders, che però non è riuscito a sfondare nelle elezioni che nei Paesi Bassi si sono svolte giovedì scorso, e l’austriaco Fpoe, il partito fondato negli anni ’90 da Haider che ha visto raddoppiare i consensi raccolti in occasione nella consultazione elettorale europea. All’iniziativa poterebbero partecipare altre formazioni euroscettiche provenienti da Belgio, Svezia, Slovacchia, Danimarca e Germania. Con gli euroscettici che si uniranno al Parlamento Ue, ha detto Salvini dalla sede del partito in via Bellerio, “viene fuori una bella truppa d’assalto, ci sarà qualcuno che stanotte a Bruxelles e a Berlino non dormirà. L’euro non esiste più”.
Affluenza Europee – Le elezioni europee 2014 non hanno registrato la vittoria dell’astensionismo e per la prima volta dal 1979 si è fermato il calo dell’affluenza. La quota dei votanti nei 28 paesi dell’Ue è stata, secondo la prima stima dell’Europarlamento, del 43,1% rispetto al 43% delle elezioni del 2009. La partecipazione alle votazioni è passata dal 61,9% del 1979, al 58,9% del 1984, al 58,4% del 1989, al 49,5% del 1999, 45,4% del 2004 fino al 43% del 2009. Per Bruxelles in Italia i votanti sono stati il 60% degli aventi diritto, uno dei valori più alti tra i 28. I popolari del Ppe si aggiudicano 212 seggi al Parlamento europeo, davanti ai socialisti di S&D con 185. Alde è a 71, Verdi/Ale 55, Sinistra unitaria 45, conservatori di Ecr 40 (gruppo che comprende principalmente i Tories britannici ed i polacchi), Non iscritti 40, Efd 36, Altri 67. Le forze euroscettiche sarebbero comunque al di sotto del 20 per cento.
Anche i cittadini ucraini oggi erano chiamati alle urne per le presidenziali (leggi) e in Italia si è votato in 4mila Comuni e due regioni, Abruzzo e Piemonte (leggi). Sui primi assetti che si delineano dagli exit poll è intervenuto anche il presidente della Bce Mario Draghi che, aprendo il forum dell’Eurotower sulle banche centrali, ha spiegato che “gli elettori in tutta Europa si sono chiaramente allontanati” e “vogliono risposte”.
GERMANIA – Con il 27,2% l’Spd sale di oltre sei punti rispetto al 2009, e di un punto e mezzo rispetto alle elezioni parlamentari del 2013. Il partito di Angela Merkel diminuisce di circa il 2%, fermandosi al 35,3% delle preferenze. Ma la vera sorpresa è il partito antieuro, Alternaive Fuer Deutschland che ottiene il 7 per cento (leggi). I Verdi hanno il 10,7%. La Linke il 7,5%. I Liberali, usciti dal parlamento nazionale raggiungono il 3%. I neonazisti dell’Npd ottengono un seggio, entrando per la prima volta a Strasburgo. Un risultato possibile dopo che nelle settimane scorse la Corte costituzionale tedesca aveva bocciato la soglia di sbarramento al 3% per le elezioni europee. Alle europee del 2009 i cristianodemocratici di Angela Merkel presero il 37,9%, i socialdemocratici di Sigmar Gabriel il 20,8, i Verdi il 12,1, i Liberali l’11% e la Linke il 7,5%. Alternative fuer Duetschland, la vera novità di questa tornata, cinque anni fa non esisteva: il giovane partito di Bernd Lucke, economista che ha raccolto i dissidenti delle politiche europee di Merkel, era rimasto per poco sotto la soglia del 5% rimanendo fuori dal Bundestag.
GRAN BRETAGNA – L’Ukip di Nigel Farage è saldamente il primo partito in Gran Bretagna (leggi). La conferma arriva dopo lo scrutinio dei voti in sei delle 12 regioni del Regno Unito, che dà il partito euroscettico britannico al 31,9% dei voti, contro il 24,2% dei Tories del premier David Cameron ed il 22,9% dell’opposizione laburista. Al quarto posto i liberaldemocratici, con il 7%. Se i risultati verranno confermati, sarà la prima volta che i conservatori o i laburisti non sono il primo partito nel Regno Unito negli ultimi 108 anni. Il leader dell’Ukip, Nigel Farage, ha affermato anche che l’idea di un’alleanza in Europa resta “aperta e possibile” col partito di Grillo. “Mi piace molto il modo elettrizzante con cui conduce le sue campagne”, ha aggiunto. Alla domanda se le misure proposte dall’Ukip contro la libera circolazione in Europa riguarderebbero anche gli italiani che vivono in Gran Bretagna, Farage ha preferito non rispondere. “Sì, sarà un terremoto”, ha detto Farage, “perché mai prima d’ora nella storia della politica britannica è stato in testa un partito ‘ribelle’ in un’elezione nazionale. Non voglio solo che la Gran Bretagna lasci l’Unione europea voglio che l’Europa lasci l’Unione europea”.
FRANCIA – Il Front National conquista 24 seggi al Parlamento europeo, l’Ump 20 e il partito socialista appena 13. Altri 7 seggi vanno ai centristi, 6 agli ecologisti e 4 all’estrema sinistra. Un francese su 4 ha votato per il Front National che arriva al 26% (nel 2009 aveva conquistato solo 3 seggi), mentre l’Ump è al 20,66% e il Partito socialista, col 13,88% dei voti, registra il peggior risultato elettorale della sua storia. Centristi al 9,7%, ecologisti all’8,7%. Un risultato al di là di ogni previsione. La vittoria era stata prevista dai sondaggi nei mesi scorsi, ma le proporzioni sono superiori ad ogni previsione. Cinque punti in più dell’Ump, il partito della destra istituzionale già in crisi per le accuse di fondi neri contro il suo presidente, Jean-Francois Copé (20,3%). Con poco più del 14%, il Partito socialista ha toccato il suo fondo storico, che finora era il 14,5% quando il partito nel 1994 era guidato da Michel Rocard. Il Front National quadruplica i suoi voti rispetto al 2009, l’Ump crolla di 7 punti. Nessun risultato storico per l’astensione, come si temeva: è andato a votare il 43% degli elettori, contro il 40,5% nel 2009. La coalizione di governo, su scala nazionale (PS e Verdi) tocca appena il 23,4% dei voti.
Il partito di Le Pen quindi è primo partito in una consultazione nazionale in Francia e ha poco meno del doppio dei voti del Partito socialista al governo. “Il popolo sovrano ha parlato in modo forte e chiaro, come in tutti i grandi momenti della storia. Il popolo sovrano ha scelto di riprendere in mano il proprio destino”, ha detto Le Pen, che ha lanciato un appello solenne al presidente Francois Hollande affinché proceda allo scioglimento dell’Assemblea nazionale dopo lo storico risultato. L’attuale sistema, ha detto, “non è più rappresentativo, non si può ignorare chi ottiene il 25% dei voti”. A fronte della sconfitta, il Capo dello Stato ha convocato lunedì alle 8.30 all’Eliseo, oltre a Valls – che ha assicurato l’intenzione del governo di proseguire con le riforme – i ministri degli Esteri, Laurent Fabius, delle Finanze, Michel Sapin, dell’Interno, Bernard Cazeneuve, il portavoce del governo e ministro dell’Agricoltura, Stephane Le Foll, e il sottosegretario agli Affari europei, Harlem Desir. La riunione straordinaria è stata convocata alla vigilia di quella di Bruxelles, martedì, dei capi di stato e di governo europei.
I risultati preoccupano fortemente i socialisti francesi e la ministra dell’Ecologia ed esponente di punta del partito, Segolene Royal, parla di “shock a livello mondiale”. “I cittadini del mondo- ha detto su TF1 l’ex compagna del presidente Francois Hollande e già candidata all’Eliseo contro Nicolas Sarkozy nel 2007 – e i cittadini europei vedranno che in Francia un elettore su 4 ha votato per un partito violentemente antieuropeo”.
SPAGNA– Débâcle per il Partito popolare del premier Mariano Rajoy e per il Psoe (leggi). Il Pp ha vinto le elezioni con il 26,06% dei voti e 16 seggi, tre punti avanti sul Psoe, che registra il 23% e 14 seggi, ma entrambi perdono rispettivamente 8 e 9 seggi rispetto al 2009. Exploit degli indignados con il partito Podemos, che al suo esordio nell’Europarlamento conquista 5 seggi con il 7,97 per cento e diventa il quarto partito. Izquierda Unida ottiene sei seggi e registra il 9,99%. In Catalogna sorpasso storico degli indipendentisti di Esquerra Republicana de Catalunya sui soci al governo di Convergencia i Union. L’affluenza ha superato la media dell’Unione Europea del 43,11%. In Catalogna, l’affluenza alle urne, in pieno dibattito indipendentista, è stata di 10 punti superiore a quella registrata nel 2009, attestandosi nella media nazionale.
GRECIA – Tsipras è in testa con il 26,4 per cento dei voti, al secondo posto Nea Dimokratia (centrodestra) con il 23,2 per cento, al terzo il neo-nazista Chrysi Avgì (Alba Dorata) con il 9,3 per cento e al quarto posto il socialista Pasok con l’8 per cento. Pur essendo diventato il primo partito, Syriza non ha comunque ottenuto quel 5% di vantaggio sul partito al governo che gli avrebbe permesso di chiedere elezioni anticipate. E infatti il portavoce dell’esecutivo, Simos Kedikoglou, ha già fatto sapere che il voto “è fuori discussione” e che il risultato ottenuto dal partito di Tsipras non gli consente di “rovesciare” il governo. Al terzo posto si collocano il partito di estrema destra Alba dorata, che ottiene il 9,3% dei voti, mentre il Pasok, alleato nel governo di coalizione con Samaras, recupera e conquista l’8% delle preferenze.
AUSTRIA– Boom degli euroscettici: i popolari Oevp restano al primo posto con il 27,1% (meno due per cento circa), i socialdemocratici Spoe stabili al 23,8%, mentre il grande vincitore è il partito di destra euroscettico Fpoe, terzo con il 20,1% (+7,2%) che raddoppia i seggi da 2 a 4. Per il suo leader, Heinz-Christian Strache, si tratta di uno “straordinario successo”. “Da dieci anni vinciamo una elezione dopo l’altra e oggi siamo sopra il 20%. Un risultato che i nostri avversari non potranno certo ridimensionare”, ha detto. Si tratta del partito che vuole limitare l’accesso degli immigrati in Austria, proponendo anche un’uscita dagli accordi di Schengen. In un’intervista rilasciata in campagna elettorale Strache ha sostenuto che se non vi sarà una svolta in Europa, il suo partito sarà favorevole a un referendum per chiedere agli austriaci se restare oppure no nell’Ue. Buon risultato dei Verdi al 14,6%.
DANIMARCA – Boom euroscettici: estrema destra di Danish People Party sarebbe il primo partito con il 23,1% (+3 deputati rispetto al 2009), secondi i socialisti con il 20,5%, terzi i liberali con il 17,2%.
OLANDA – Il Pvv eurofobo di Geert Wilders fa meno peggio di quanto previsto dagli exit poll di giovedì e, secondo i risultati ufficiali, porta a casa 4 eurodeputati anziché i 3 previsti con il 13,2% delle preferenze invece del 12%. Primo partito per preferenze i centristi liberali del D66 con 15,4% ma non per seggi, solo 4, contro i 5 dei cristiano democratici del Cda al 15% ma apparentati con un’altra lista. A seguire, i liberali del Vvd guidati dal premier Mark Rutte con l’11,9% e tre seggi, i laburisti del PvdA al 9,4% con tre seggi, poi i socialisti del Sp al 9,6% con due seggi. Due seggi per il Cu/Sgp e due per i verdi, mentre entra per la prima volta al parlamento europeo il partito verde per gli animali con un deputato. Fuori, invece, a differenza di quanto indicato dagli exit poll, il partito 50Plus.
PORTOGALLO – Socialisti del Ps primi con il 30-34%, secondi i popolari della coalizione Ap tra 25-29%, terza la sinistra radicale di Cdu tra 12-15%, e sorpresa per la formazione ecologista ma fuori dai Verdi del Partito della Terra che avrebbe preso tra 7-8%. Risultati ribaltati rispetto alle europee del 2009 dove i popolari erano primo partito con il 31,7% e i socialisti secondo con il 26%.
IRLANDA– Sinn Fein verso la conquista di un seggio europeo con un 17%, in crescita rispetto al 10% registrato nelle ultime elezioni politiche. Restano in testa gli indipendenti con il 27%, seguito da Fine Gael (centro-destra) al 22%, il partito laburista in calo al 6%. In aumento i Verdi al 6%.
CROAZIA – Nel Paese più giovane dell’Unione europea vince nettamente con il 41 per cento la coalizione di centrodestra, guidata dal maggior partito di opposizione, Unione democratica croata (Hdz), che confluisce a Strasburgo nel gruppo del Ppe. Secondo i risultati quasi definitivi, diffusi dalla Commissione elettorale, alla lista di centrodestra andranno cinque degli undici eurodeputati assegnati alla Croazia. La coalizione dei partiti governativi di centrosinistra, capeggiata dai socialdemocratici del primo ministro Zoran Milanovic, ha ottenuto il 29,9 per cento e quattro eurodeputati, pagando duramente le politiche di austerità in atto da due anni. Tre di questi confluiscono al Pse e uno all’Alleanza dei Democratici e Liberali (Alde).
BULGARIA – Si afferma il partito conservatore Gerb dell’ex premier Boyko Borissov, con il 28,6% e sei seggi dei 17 spettanti alla Bulgaria al Parlamento europeo. Seguono il partito socialista di Serghei Stanishev, con il 19,8% e cinque seggi; il partito della minoranza turca, Dps, con il 14,9% e tre seggi; la coalizione guidata dal neopartito Bulgaria senza censura con l’11,1 per cento e due seggi; e il Blocco riformista, alleanza di partiti di centrodestra, con il 6,4% dei voti e un seggio.
MALTA – Il partito laburista ha conquistato il 53% dei voti. Il Partito nazionalista, iscritto al gruppo Ppe al Parlamento europeo, è al 40% e i Verdi al 2,7%.
SLOVENIA – I dati ufficiali confermano le proiezioni fatte dall’exit poll. E’ in testa il Partito democratico sloveno (Sds, centrodestra) con il 24,86% e tre degli otto eurodeputati spettanti al Paese, seguito da Lista Nova Slovenija e Sls (centrodestra) al 16,46% e due seggi. Al terzo posto si piazza la lista Verjamem (centrosinistra) con il 10,50% e un deputato, al quarto Desus (centrosinistra) all’ 8,16% e un seggio, seguito dal partito socialdemocratico (centrosinistra) con il 8,05% e un seggio. Molto bassa l’affluenza alle urne, con solo il 24% degli aventi diritto che ha votato in questa tornata elettorale (ritoccato al rialzo il dato fornito alle 19 e che parlava di un affluenza del 17%).
FINLANDIA – Guadagna voti il partito euroscettico e anti-immigrati dei “Veri finlandesi”. Secondo gli ultimi exit poll, il partito Perussuomalaiset avrebbe il 12,8% dei voti, in aumento di oltre tre punti rispetto al 2009, con 13 europarlamentari eletti. In testa i popolari del KK 22,7% seguiti dai liberali di SK (21,0%). I socialdemocratici, parte della coalizione di governo, scendono al 13,6%.
LETTONIA– Nel corso degli scrutini, il portale di informazione Lsm.Lv diffonde alcuni dati non ufficiali. I popolari del partito Unity sono al 46% con 4 eletti, i conservatori dell’Alleanza Nazionale al 15% (1 seggio), mentre i socialdemocratici pro-russi dell’Harmony Center sono al 13% (1 seggio) e l’Unione dei Verdi ed Agricoltori, nuovo partito che non ha ancora scelto lo schieramento europeo, all’8% (1 seggio).
SVEZIA – I socialdemocratici sono il primo partito con il 23,7%. Crollo dei popolari del Partito dei Moderati del premier Reinfeldt che scende al 13,0% (avevano il 18,3% nel 2009), sorprendente ascesa degli ambientalisti dello Mp, che sale al secondo posto con il 17,1%. I liberali di Fp sarebbero scesi il 9,5% (dal 13,58% di 5 anni fa). Sinistra radicale del Vaensterpartiet in ascesa all’8,1% (dal 5,66%). Al 7,0% i Democratici (Sd) euroscettici.
LUSSEMBURGO– Seggi invariati rispetto a cinque anni fa, con la vittoria del partito cristianodemocratico del candidato Ppe alla presidenza della Commissione Ue Jean-Claude Juncker: stravince con il 37,65%. I liberali al governo è secondo (14,77%), poi socialisti del Lsap (11,75%) e verdi (Dei Greng).
UNGHERIA – Fidesz di Viktor Orban (conservatori) ha raccolto il 51,49% dei consensi, e avrà 12 seggi. Jobbik (estremisti) ha ottenuto il 14,68%, 3 seggi. I socialisti (Mszp) hanno raggiunto il 10,92%, 2 seggi. I democratici (Dk) il 9,76%, 2 seggi. I centristi (Insieme) il 7,22%, 1 seggio. I verdi (Lmp) 5,01%, 1 seggio.
ROMANIA– La coalizione di centrosinistra che attualmente guida il governo, e che è formata da Socialdemocratici, Unione nazionale per la Romania e partito conservatore, è al 41% delle preferenze, secondo i primi exit poll pubblicati dalla Mediafax. Al secondo posto il partito liberale, è distaccato di quasi 30 punti percentuali con il 14,9 per cento. I popolari del Pdl si fermano all’11,8%. Unione democratici ungheresi in Romania, sempre Ppe, al 7%, e i populisti del PMP al 6,7%.
POLONIA – Crollo dei popolari di governo del Po, che in Polonia restano primo partito ma con quasi un terzo dei voti in meno rispetto al 2009, boom degli euroscettici del Knp di Janusz Korwin-Mikke che conquisterebbero 4 seggi col 7,2%, forte ascesa dei conservatori del Pis in lotta per il primato col 31,8%.
La ‘partita’ per la Commissione europea – Nel ‘nuovo’ Parlamento europeo, la maggioranza va ai popolari, che però perdono rispetto al 2009, i socialisti si rafforzano ma perdono la corsa alla presidenza della Commissione europea, e le forze euroscettiche guadagnano terreno. Ma, visto che si assestano al di sotto del 20 per cento, per riuscire a contare dovranno stringere alleanze al momento imprevedibili. “I risultati mostrano che è possibile una maggioranza solida nel Parlamento europeo. Queste forze politiche non sono d’accordo su ogni singolo dettaglio, ma condividono l’idea che l’Europa ora debba essere più forte”, ha scritto in una nota il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. E, nella partita per il suo successore, si delinea già il braccio di ferro tra le forze politiche per trovare una maggioranza in Parlamento.
“Voglio essere il presidente della prossima Commissione perché il Ppe ha vinto”, ha detto Jean-Claude Juncker. “Non andrò in ginocchio dai socialisti perché siamo il partito numero uno – dice -. Ma anche noi dobbiamo fare compromessi. Vorrei allargare la maggioranza a Verdi e Liberali, ma – chiarisce – non andrò mai con l’estrema destra”. A chi gli chiedeva se potesse prendere in considerazione un passo indietro per un altro candidato Juncker ha risposto con un lapidario “no”. Il candidato del Ppe, formazione che ha ottenuto 212 seggi e che è il primo partito a Bruxelles, in conferenza stampa al Parlamento europeo a Bruxelles ha sottolineato che “bisogna ascoltare la volontà popolare. Bisogna dire di no a chi preferisce gli intrighi di corridoio alle scelte democratiche”.
Il candidato socialista alla presidenza Martin Schulz ha annunciato che “i gruppi Ue si riuniranno domani (lunedì 26 maggio, ndr) per decidere chi sarà la persona che avrà il mandato di cercare una maggioranza qui in Parlamento. Alla luce degli incontri vedremo chi avrà questo mandato. Penso che Juncker cercherà di farlo come cercherò di farlo io. Stasera – ha sottolineato – abbiamo aperto un capitolo nuovo della democrazia europea. Qualunque sarà la composizione del Parlamento, questo voterà il nuovo presidente della Commissione Ue. Il presidente della Commissione dovrà trovare una maggioranza qui in Parlamento”.
Soddisfatti del risultato i Verdi che hanno raggiunto “un risultato molto buono” alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. “Siamo la seconda forza politica in Svezia – ha detto la loro candidata alla guida della Commissione Ska Keller – Abbiamo recuperato seggi nel Regno Unito e in Austria. Per la prima volta avremo dei rappresentanti al Parlamento di Paesi come l’Irlanda, l’Ungheria e la Croazia“, ha aggiunto. Se dovessero essere chiamati in una coalizione di maggioranza, i Verdi, ha concluso, chiederanno “il sostegno alle politiche verdi per la creazione di posti di lavoro nei settori ecologici e delle energie rinnovabili”.
Parlamento uscente – Il Parlamento europeo uscente è risultato dalle ultime elezioni europee di giugno del 2009. Fino a luglio del 2013 era composto da 754 membri; poi sono stati aggiunti temporaneamente 12 deputati in rappresentanza della Croazia a seguito del suo ingresso nell’Ue il 1° luglio di quell’anno, portando il totale dei deputati a 766. Successivamente è stata attuata una redistribuzione dei seggi agli Stati membri in modo che, in questa tornata elettorale, si tornerà ad avere 751 parlamentari. L’Europarlamento uscente è composto così: 273 deputati del Partito popolare europeo, 196 parlamentari del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) a cui fa capo il Pse, 83 seggi del gruppo liberare Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa (Alde), 57 seggi del gruppo dei Verdi/Alleanza libera Europa, 57 deputati del gruppo Conservatori e riformisti europei (Ecr), 34 rappresentanti del gruppo Gue/Ngl della Sinistra unitaria europea, 31 membri del gruppo parlamentare euroscettico Europa della libertà e della democrazia e 33 del gruppo dei non iscritti.
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "Il nostro governo ha scelto di realizzare i termovalorizzatori con risorse pubbliche, stanziando 800 milioni di euro attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Questo per evitare che il costo di ammortamento potesse ricadere sui cittadini attraverso tariffe esorbitanti. Noi vogliamo evitare questo errore e garantire un sistema sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non solo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani. "I termovalorizzatori rappresentano una grande opportunità anche per il nostro sistema energetico- dice -In un periodo storico in cui i costi dell’energia sono sempre più elevati e la transizione ecologica è una priorità globale, trasformare i rifiuti in energia significa rendere la Sicilia più autonoma, ridurre la dipendenza da fonti fossili e creare un sistema. Il nostro cronoprogramma: entro questo marzo/aprile bando per progettazione; entro settembre 2026 inizio lavori (durata diciotto mesi). La Sicilia non può più permettersi di rimanere prigioniera dell’emergenza, della precarietà, dell’inerzia. È il momento di agire con coraggio e senso del dovere".
"Chi si oppone abbia almeno l’onestà di dire chiaramente perché e di assumersi la responsabilità di condannare questa terra al degrado e all’inefficienza- dice Schifani - Non possiamo accettare che il futuro della Sicilia venga bloccato da interessi di parte, da vecchie logiche a volte ambigue. Non possiamo più tollerare un sistema che penalizza i cittadini, le imprese e l’ambiente. La nostra Regione merita di voltare pagina. Merita un futuro fatto di pulizia, decoro e sostenibilità. Noi andremo avanti, con determinazione e con la convinzione che questa sia l’unica strada possibile. Anche se in salita. In tutti i sensi. Perché la Sicilia merita di più".
Palermo,9 mar. (Adnkronos) - "Perché, dopo vent’anni di dibattiti e promesse mancate, ancora oggi qualcuno si oppone alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione? L’esperienza europea dimostra che questi impianti sono una soluzione efficiente e sicura per chiudere il ciclo dei rifiuti, trasformando ciò che non può essere riciclato in energia pulita. Eppure, in Sicilia si è continuato a rinviare, mentre le discariche si riempiono e i cittadini pagano bollette sempre più alte per smaltire i rifiuti altrove. È davvero un problema di tutela ambientale? No, perché i moderni termovalorizzatori sono progettati per garantire emissioni praticamente nulle, rispettando i più severi standard europei". Così il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, in un intervento sul Giornale di Sicilia. "Parlare di inquinamento è oggi fuori luogo: in molte città del Nord Italia, in Europa e nel mondo, questi impianti convivono con i centri abitati senza alcun impatto sulla qualità dell’aria", dice.
"Forse si vuole difendere il business delle discariche? È un dubbio legittimo. Il sistema attuale, infatti, ha spesso alimentato interessi economici poco trasparenti, in alcuni casi perfino legati alla criminalità organizzata. E di questo ho parlato in occasione della mia audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie", conclude Schifani.
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "La Sicilia, purtroppo, vive da decenni un’emergenza che sembra diventata strutturale. Il mio governo ha individuato fin dalla campagna elettorale questo come un obiettivo primario, consapevole che la gestione dei rifiuti non è solo un problema ambientale, ma anche sociale ed economico. Abbiamo ereditato una situazione di stallo, con un sistema fondato su discariche ormai al collasso, senza un’efficace pianificazione e con una raccolta differenziata ancora insufficiente. E soprattutto, mancava uno strumento fondamentale: il Piano rifiuti, indispensabile per poter programmare e realizzare qualsiasi intervento strutturale. Lo abbiamo speditamente adottato nel novembre scorso, dopo un grande lavoro di squadra che ha coinvolto vari organi istituzionali preposti al ramo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia, il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani,.
"Sapevamo che sarebbe stato un percorso difficile, sia dal punto di vista normativo che politico- prosegue - E a volte avvertiamo una condizione di solitudine, nel dover difendere un’idea di sviluppo che dovrebbe essere patrimonio comune, ma che invece incontra resistenze incomprensibili e a volte ambigue. Non cori da stadio, ma silenzi a volte trasversali e imbarazzanti".
"Non è un caso che il tema dei termovalorizzatori in Sicilia sia presente nel dibattito pubblico da oltre vent’anni, senza mai trovare una concreta soluzione- aggiunge Schifani - In tutto questo tempo, mentre in altre regioni italiane e in Europa si realizzavano impianti di ultima generazione per trasformare i rifiuti in energia, in Sicilia si continuava a rinviare, accumulando ritardi su ritardi e lasciando che il problema si aggravasse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: città invase dai rifiuti, discariche sature, costi di smaltimento sempre più elevati e una dipendenza dall’estero per l’invio della spazzatura che pesa sulle tasche dei cittadini siciliani per oltre cento milioni all'anno". "Ciò che trovo più preoccupante è la rassegnazione diffusa tra i siciliani. Dopo decenni di annunci e promesse mancate, molti ormai non credono più che il cambiamento sia possibile. Ma io dico che questa volta è diverso. Questa volta il governo regionale ha fatto una scelta chiara e irreversibile: realizzare gli impianti e dare finalmente alla Sicilia una gestione moderna ed efficiente dei rifiuti. E per questo obiettivo dedico due pomeriggi al mese per monitorare di persona il percorso, spesso complesso ma che ci sforziamo di velocizzare. Per non parlare dei numerosi ricorsi presentati contro il mio piano per bloccare il tutto. A questi ci opporremo con fermezza e competenza".
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.