È uscito dalla Procura di Bologna intorno alle 12 e 40 Antonio D’Amato. L’ex presidente di Confindustria, in carica tra il 2000 e il 2004, è stato infatti sentito come persona informata sui fatti dal pubblico ministero Antonello Gustapane, che ha riaperto un’inchiesta per “omicidio per omissione” sulla mancata assegnazione della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo 2002. “Non ho niente da dirvi”, ha detto uscendo dal palazzo di via Garibaldi ai cronisti che chiedevano come fosse andato l’incontro con il magistrato.
Insieme all’ex presidente D’Amato è stato sentito anche Stefano Parisi, nel 2002 direttore generale e braccio destro di D’Amato in Confindustria. Anche per lui, di fronte ai taccuini, un no comment. D’Amato, che è stato in Procura per circa un’ora e mezza ha fatto una ricostruzione generale dei fatti avvenuti all’epoca delle minacce a Biagi confidò di avere ricevuto. Parisi, che era già stato sentito nel 2002 nel corso di un’altra inchiesta analoga che finì archiviata, ha ripercorso quanto dichiarato allora e ha messo a fuoco, in particolare, alcuni ricordi anche in merito alle nuove documentazioni già acquisite dalla Procura.
Il nome di Parisi era tornato alla ribalta nei giorni scorsi. L’ex segretario particolare dell’allora ministro degli interni Claudio Scajola, Luciano Zocchi – nel cui archivio durante una perquisizione della Guardia di finanza sono stati ritrovati degli appunti con il nome proprio dell’ex direttore generale di Confindustria – sostiene infatti che il 15 marzo 2002, quattro giorni prima dell’attentato a Biagi, fosse stato contattato proprio da Parisi per avere un appuntamento con Scajola. Obiettivo dell’incontro: parlare delle minacce sempre più credibili rivolte a Marco Biagi.
Oltre alla richiesta di appuntamento da parte di Stefano Parisi, Luciano Zocchi racconta di aver ricevuto, sempre il 15 marzo 2002, una richiesta di tutela per Marco Biagi da parte di Enrica Giorgetti, moglie dell’allora sottosegretario al lavoro Maurizio Sacconi. La Giorgetti (già sentita da Gustapane nei giorni scorsi) aveva infatti letto l’inchiesta giornalistica del settimanale Panorama, che parlava di pericoli imminenti per diverse persone coinvolte nella progettata riforma del mercato del lavoro. E in questa vicenda Maurizio Sacconi e Marco Biagi, autori del famoso Libro bianco redatto per il Ministero del Lavoro, erano in prima linea. Secondo quanto raccontato da Luciano Zocchi (smentito però dall’avvocato di Scajola, Giorgio Perroni), il ministro dell’interno ricevette con certezza i suoi appunti con le segnalazioni di pericolo per Biagi, prima dell’omicidio.
In diverse lettere dell’estate del 2001 lo stesso giuslavorista aveva chiesto per se stesso una scorta. Scrisse all’allora presidente della Camera e suo amico Pierferdinando Casini, al sottosegretario Sacconi, al prefetto di Bologna, allo stesso Stefano Parisi. A tutti chiese di adoperarsi per la sua sicurezza personale. Ma nonostante l’interessamento da parte dei destinatari delle lettere, la scorta non arrivò.
“Si sta lavorando a ritmo elevato”, ha intanto commentato il procuratore aggiunto, e portavoce della Procura, Valter Giovannini. Luciano Zocchi, uomo chiave di questa inchiesta, sarà sentito nuovamente giovedì, dopo che già nelle scorse settimane era stato ricevuto dai pm. Per ora l’inchiesta del pm Gustapane è ancora iscritta a carico di ignoti. Molti dei protagonisti di questa vicenda, tra cui lo stesso Scajola, al momento agli arresti per la vicenda della latitanza di Amedeo Matacena, potrebbero essere sentiti.