Dimissioni? Non se ne parla. “E perché mai dovrei dimettermi? Perché vengo attaccato da un ex commissario e da un dipendente? Chi dovrebbe dimettersi è magari qualche dipendente che secondo me non sempre lavora nell’interesse della Consob”. Così Giuseppe Vegas, presidente della commissione che vigila sulle società quotate, replica in un’intervista a La Stampa alla domanda su un possibile passo indietro dopo che il suo nome è comparso nelle carte dell’inchiesta della Procura di Milano sulla fusione Unipol-Fonsai, sfociata nell’indagine per aggiotaggio a carico dell’ad Carlo Cimbri e di altri manager del gruppo assicurativoDal decreto di perquisizione firmato dal pm di Milano Luigi Orsi, che ha portato anche al sequestro di oltre 40 computer negli uffici dell’authority, emerge che l’esame sul valore dei derivati in pancia a Unipol redatto dall’Ufficio analisi quantitative della Commissione di vigilanza dei mercati – guidato da Marcello Minenna – non fu preso in considerazione, nonostante li valutasse sovrastimati di una cifra compresa tra 592 e 647 milioni di euro. 

Ma Vegas ribatte che si è trattato di normali “richieste di documenti alla Consob, che come sempre collabora fattivamente con l’autorità giudiziaria” e con la Procura di Milano ha “un protocollo di collaborazione”. Nel merito, sostiene che la verifica sul portafoglio derivati di Unipol “non c’era nessun obbligo che la facesse l’Ufficio analisi quantitative” – che peraltro ebbe “piena autonomia nei tempi” e “ci mise circa un anno a verificare tutti i titoli” – perché “il lavoro è compito della divisione Emittenti guidata da Angelo Apponi”. Cioè il braccio destro di Vegas che, in un’intercettazione del luglio 2012, raccontava di aver rassicurato Cimbri preoccupato per le decisioni sulla fattibilità della fusione. E le cui valutazioni furono fatte proprie dalla commissione, che proprio in quel mese di luglio diede il via libera al doppio aumento di capitale di Fondiaria-Sai e Unipol per poi approvare definitivamente la fusione a fine 2013 con il voto decisivo del presidente. Voto che vale doppio in caso di parità.   

Quanto alle testimonianze, in particolare quella dell’ex commissario Michele Pezzinga, stando alle quali la sua gestione del dossier relativo alla fusione di Unipol e Fonsai fu irrituale e personalistica e il presidente agevolò l’acquisizione di Fonsai da parte della compagnia delle coop rosse (operazione fortemente voluta anche da Mediobanca) – chiudendo gli occhi sulle magagne del bilancio, si tratta di “una situazione paradossale”. Ma “più che altro dal punto di vista mediatico”, spiega l’ex parlamentare di Fi designato nel 2010 alla guida della Commissione, “perché da quello giudiziario l’accusa è rivolta a Unipol. Vedo, però, notizie disordinate che mirano a sviare l’attenzione”. Vegas smentisce poi esplicitamente Pezzinga, che ha riferito ai pm che il collegio dei commissari non sapeva nulla delle richieste di chiarimenti sulle valutazioni dei derivati avanzate da Orsi nel corso del 2012: non è così, “la Commissione è stata informata” e “se Pezzinga dicesse il contrario direbbe il falso”, è la versione del presidente. 

Sull’incontro del 27 gennaio 2012 (prima che arrivasse l’offerta della compagnie bolognese) con l’ad di Piazzetta Cuccia Alberto Nagel, regista della fusione, Vegas spiega poi di averlo incontrato “come incontrai altri in quel periodo. Un’Authority deve fare anche moral suasion. È ovvio che io senta tutti se si profilano dei problemi. Se lei fa il poliziotto e vede qualcuno passare col rosso lo ferma subito o lo lascia passare, per poi multarlo?”. Fuor di metafora? “Nagel venne con la proposta di concedere una buonuscita ai Ligresti. Io mi limitai a dire che in quel caso si sarebbe dovuti ricorrere a un’Opa da parte di Unipol, perché voleva dire che c’erano risorse per pagare i Ligresti. Il risultato fu che non ci fu una buonuscita ai Ligresti che, anche in seguito a questi fatti, vennero estromessi dalle compagnia e si procedette all’operazione che conosciamo”. Un assist a Unipol per dribblare l’Opa? “Io non ho mai detto che non si doveva fare”, si difende Vegas. E “qualunque ufficio pubblico è tenuto a dare informazioni, restando ovviamente imparziale“.

Nessun favoritismo, per il presidente, che anzi si ascrive il merito di aver “difeso gli interessi dei risparmiatori“, che “non mi pare abbiano oggi ragione di essere delusi, viste le attuali quotazioni dei titoli post-fusione”, e “se vuole anche degli assicurati e dei dipendenti delle compagnie”. E rivendica: “Non c’è stata una difesa di sistema, intesa come interessi consolidati di alcune imprese, tanto è vero che l’attività di Consob sta contribuendo a scardinare il cosiddetto salotto buono”. Infine la reazione piccata alla domanda sulle dimissioni: “E perché mai dovrei dimettermi? Perché vengo attaccato da un ex commissario e da un dipendente? Chi dovrebbe dimettersi è magari qualche dipendente che secondo me non sempre lavora nell’interesse della Consob”. In pratica l’identikit di Minenna, che, sentito più volte dal pm Orsi, ha raccontato di ostacoli frapposti dai vertici di Consob al suo lavoro sugli strutturati di Unipol e di iniziative disciplinari disposte nei suoi confronti mano a mano che la sua analisi procedeva.

Subito è arrivata la reazione di Adusbef e Federconsumatori, che definiscono “semplicemente ridicola ed offensiva per almeno 1,5 milioni di risparmiatori truffati da comportamenti fraudolenti, dal crack Parmalat alla Deiulemar, l’affermazione di Vegas che si vanta di aver difeso gli interessi dei risparmiatori”. E ricordano che “il presidente del Consiglio, anziché nominare il terzo commissario Consob, come ha promesso di fare nei prossimi giorni, ha la possibilità di commissariare Vegas per giusta causa (applicando l’art.14 della legge 216), riservandosi anche di chiedere i danni”.

 

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