L’uomo che sta trattando con Beppe Grillo la creazione di un gruppo comune al parlamento europeo, l’uomo del successo alle ultime europee nel Regno Unito è anche l’unico politico che ha sfidato, almeno con lo sguardo e con le intenzioni (ma anche con le parole, poi), il principe Carlo. Così, in un paese profondamente monarchico – oltre che nelle istituzioni, anche nel cuore e nell’animo – e dove anche la sinistra stende il tappeto rosso ai componenti della casa reale, Nigel Farage, leader dell’Ukip, fu l’unico a non portare rispetto al figlio di Elisabetta, la regina sovrana e intoccabile. Carlo era stato invitato a parlare all’europarlamento il 14 febbraio del 2008. Chiaramente, dopo il suo discorso, seguì una standing ovation, durante la quale Farage fu l’unico degli oltre 700 deputati a rimanere seduto. Poi disse: “Come può qualcuno come il principe essere ammesso a venire qui ad annunciare il suo pensiero su un parlamento europeo che, egli ritiene, dovrebbe avere più poteri? Sarebbe stato meglio per il paese sul quale un giorno vuole regnare se fosse rimasto a casa e avesse cercato di persuadere Gordon Brown (allora primo ministro, ndr) a dare al popolo il referendum promesso sul Trattato di Lisbona”.

L’incidente è stato quasi dimenticato in questi giorni di celebrazioni “faragistiche”, ma Nigel entrò comunque nella storia come il primo politico britannico ad aver sfidato l’intoccabile e ricchissimo principe Carlo. Tutti poi lo accusarono di “antimonarchismo” e la promessa di un referendum “dentro o fuori dall’Unione europea” è successivamente arrivata – anche per competizione fra Tory e Ukip – dall’attuale premier conservatore David Cameron. Farage ci vide lungo, insomma, in quel 2008.

Oggi, chiaramente, l’Ukip è al centro delle cronache e degli editoriali della grande stampa. Perché quel partito, nato da una scissione dei Tory – e Farage ne fu un cofondatore – ha cavalcato così tanto arrivando a stravincere alle europee? Superando laburisti e conservatori al voto di giovedì 22 maggio (nel Regno Unito si è andati alle urne in anticipo) l’uomo più richiesto del momento ha portato una truppa di europarlamentari a Bruxelles e Strasburgo. Ventiquattro persone, spesso provenienti dalla società civile, di cui sette donne. Dentro, anche cognomi indiani e di altra provenienza, in una mossa del partito – spesso entrato alle cronache per dichiarazioni permeate di razzismo da parte di alcuni suoi rappresentanti – di presentarsi come il Regno Unito multietnico che tuttavia non vuole più immigrazione selvaggia e, soprattutto, lacci e lacciuoli – anche in tema di diritti – imposti da Bruxelles.

Fare un profilo reale dell’Ukip risulta tuttavia un’impresa non facile e nessuno in questi ultimi giorni ci è riuscito veramente. Partito liberista in senso economico (Farage ha parlato più volte di privatizzazioni), sicuramente populista (nel senso che si appella al popolo e alla “gente” nei suoi proclami), che appunto vorrebbe limitare l’ingresso degli stranieri (Farage pensa di imporre una barriera anche ai comunitari, cosa ora impossibile per il Regno Unito che è pur sempre nell’Unione europea), ma che più volte ha sorpreso per le dichiarazioni del suo leader. Antiproibizionista per quanto riguarda le droghe leggere, Farage parlando con il Daily Telegraph a inizio 2014 disse che “la guerra contro la droga è stata persa anni e anni fa”. E ancora: “Odio le droghe, ma la criminalizzazione ha fatto male a questo paese”. E una posizione di non belligeranza, almeno ufficialmente, nei confronti del matrimonio fra persone dello stesso sesso in vigore da quest’anno, anche se gli esponenti Ukip non vanno di certo ai gay pride. Farage sul tema ha più volte detto “non vedo, non sento e non parlo”. E persino la stampa gay a volte lo celebra e a volte lo critica.

Le droghe no, almeno quelle illegali appunto, anche se Farage è noto a tutti come amante delle “bionde” e delle pinte di birra. Solo ieri la moglie, la tedesca Kirsten Mehr, sua segretaria all’europarlamento, diceva parlando con il Daily Telegraph che “Nigel fuma e beve troppo, sono preoccupata per la sua vita. I pasti li salta spesso e fa una vita irregolare, non dorme ed è sempre carico di adrenalina”. Un amante dei pub, quindi, con un passato travagliato anche in famiglia, un personaggio che tuttavia parrebbe incarnare sempre di più il modello ideale dell’inglese medio. Il giorno dopo il risultato delle elezioni (arrivato domenica notte), una responsabile del partito Ukip aveva giustificato su Twitter lo scarso successo del partito su Londra (arrivato terzo con circa il 16,9%, contrariamente al 30% e oltre a livello nazionale) con il fatto che “gli abitanti della capitale sono troppo ben istruiti” e “benestanti”, insomma tutta gente che in genere ha studiato troppo. Una gaffe, chiaramente, subito corretta con un altro tweet in cui si glorificavano le doti della formazione.

Quello di giovedì scorso a Londra è stato un voto anti-Europa e anti-establishment, e non è detto che a livello nazionale si ripresentino le stesse percentuali e anzi gli abitanti del paese al di qua della Manica sono sempre fedeli, sui temi nazionali, ai due grandi partiti, Tory e Labour. C’è chi prevede al massimo venti parlamentari Ukip alle elezioni politiche per il rinnovo di Westminster dell’anno prossimo. Sarebbe tuttavia un trionfo per Farage ottenere venti suoi uomini e donne nelle stanze del potere sotto il Big Ben. E pensare che tutto era iniziato nel 1992, quando Nigel lasciò il partito conservatore in protesta contro quel premier, John Major, che aveva firmato il Trattato di Maastricht. Poi Farage iniziò a fare l’europarlamentare nel 1999 e questo è il suo quarto mandato. E poco importa se la stampa britannica gli contesta rimborsi spese e stipendio da europarlamentare (l’Observer parlò nel 2009 di “oltre 2 milioni di sterline dati dai contribuenti” a Farage nei suoi dieci anni fino ad allora di deputato europeo): il leader del partito più euroscettico d’Europa a Strasburgo ci starà almeno altri cinque anni. Ufficialmente, per smontarne le basi dall’interno. A Londra come a Bruxelles, da qui alle politiche del 2015 si ballerà e non poco.

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