La mancata scorta a Marco Biagi? “Credo che se è successo quello che è successo non possa esserci una causa diversa da un tilt, un cortocircuito”. Sono queste le parole di Luciano Zocchi, ex segretario particolare dell’allora ministro dell’Interno, Claudio Scajola. Zocchi è uno dei testimoni chiave dell’inchiesta – a carico di ignoti – aperta dalla procura della Repubblica di Bologna che indaga sulla mancata scorta del giuslavorista ucciso dalle Nuove Brigate Rosse il 19 marzo del 2002. Reato ipotizzato: omicidio per omissione. Oggi (giovedì 29 maggio) l’ex collaboratore di Scajola e l’allora vice capo della Polizia, Giuseppe Procaccini sono stati ascoltati dal pm Antonello Gustapane, che insieme al procuratore capo Roberto Alfonso conduce le indagini.
“Ho risposto alle domande del sostituto procuratore – ha detto Zocchi uscendo dal palazzo di via Garibaldi – in particolare in riferimento ai due appunti che scrissi al ministro Scajola la mattina di venerdì 15 marzo 2002 e alla successiva telefonata che il ministro mi fece alle 21 della stessa giornata. Credo di aver contribuito, per quanto mi compete, al raggiungimento della ricostruzione di quanto avvenne in quei giorni e mi auguro che si giunga celermente ad una verità, perlomeno quella giudiziaria, su questo argomento che ancora lascia tanta tristezza a tutti”.
Da alcune carte sequestrate dall’archivio personale di Zocchi, nell’ambito di un’altra inchiesta, erano infatti emersi degli appunti. Carte, sostiene l’ex segretario di Scajola, che quattro giorni prima del delitto Biagi furono viste dal ministro dell’Interno e che contenevano la segnalazione della necessità di dare una scorta al giuslavorista. Il racconto di Zocchi sul percorso di quegli appunti del 15 marzo 2002 (pubblicati in esclusiva dal Fatto Quotidiano), è stato tuttavia smentito dall’avvocato di Scajola, Giorgio Perroni. Fino a poche settimane fa la versione ufficiale, resa anche in Parlamento nel 2002, era stata che il ministro, prima del delitto, non fosse stato informato della questione relativa alla scorta di Biagi.
Zocchi – rispondendo ai giornalisti dopo l’audizione col magistrato – ha taciuto sul perché la sua versione dei fatti sia rimasta così a lungo nei suoi archivi: “Perché ho atteso 12 anni? Domanda intelligente. Alla fine si potrà capire. Non è che la ho tenuta nel cassetto tanto per dormirci sopra”.
Su Scajola, Zocchi si intrattiene parecchio coi cronisti. E dalle sue parole, sembrerebbe non voler “condannare” il suo ex capo per la questione della scorta: “Io ho sempre dato per scontato che chi avevo avvisato, a partire dal ministro, avesse compiuto tutti gli atti… E, fino a prova contraria, io credo ancora che abbia compiuto tutti i passi che responsabilmente doveva compiere”. Insomma, l’ex segretario particolare si è detto convinto che “il ministro ha ascoltato le mie richieste e secondo me ha fatto quello che doveva fare”.
A sentire Zocchi, sembrerebbe che il ministro si sia attivato per un scorta a Biagi: “Non so per certo che lui si mosse per dare una scorta, ma il ministro è noto per la sua meticolosità”. Poi l’ex segretario precisa: “La mia discordanza con Scajola è nata e resta laddove lui disse che nessuno lo aveva avvisato”, e il riferimento è chiaramente diretto alle già citate dichiarazioni di Scajola in parlamento nell’aprile 2002.
L’ex segretario particolare di Scajola anche oggi ha ribadito di aver informato, oltre a Scajola (ma precisa: “Non ero presente quando il ministro lesse gli appunti”), anche il prefetto Giuseppe Procaccini (che non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa a margine dell’interrogatorio), all’epoca vice capo della Polizia. E alla domanda su chi Procaccini a sua volta dovesse avvisare perché si muovesse qualcosa per concedere la scorta al giuslavorista, Zocchi ha risposto: “Chiedetelo a lui”.