L’appoggio di Confindustria al governo Renzi, uscito più forte dalle urne, è incondizionato. Ma adesso “servono i fatti”, perché anche nel 2014 non ci sarà “né la crescita sperata, né più occupazione”. E’ questo il messaggio che Giorgio Squinzi, dall’Assemblea annuale degli industriali, lancia all’esecutivo. Lo fa proponendo la propria ricetta che parte dal mercato del lavoro.
Semplificare il contratto a tempo indeterminato – Per prima cosa bisogna “semplificare e migliorare il contratto di lavoro a tempo indeterminato“, rendendolo “più conveniente e attrattivo per le imprese”. Ma, sottolinea, “non abbiamo bisogno di un nuovo contratto neppure a tutele crescenti”.
Rivedere ammortizzatori sociali – Il secondo passo per far ripartire il mercato è intervenire sugli ammortizzatori sociali. Perché oggi “non sono né una tutela reale, né uno strumento efficace per trovare una nuova occupazione”, afferma ancora Squinzi, sottolineando che la durata “è stata prolungata oltre ogni ragionevole limite, rallentando i processi di ristrutturazione delle imprese”. Per gli industriali bisogna limitarsi a due strumenti: la cassa integrazione “per rispondere alle crisi in cui si possa prevedere un recupero di attività”, e l’Aspi, l’ex indennità di disoccupazione, erogata dall’Inps.
Risolvere rapporto malato con il fisco – L’altro ostacolo per la ripresa sono le troppe imposte che soffocano le imprese. “In Italia il prelievo sugli utili raggiunge il 68,5%, il più alto tra le economie avanzate”, analizza Squinzi che calcola in oltre otto mesi all’anno l’impegno per pagare le tasse. “Fino alla prima decade di settembre si lavora per pagare le tasse. Avanti così e l’anno è finito prima di iniziare!. Il cuneo fiscale sul lavoro – sottolinea – è al 53%, secondo solo al Belgio, 10 punti sopra la media Ue e 17 su quella Ocse”. L’unica soluzione è “risolvere” il rapporto malato che il contribuente italiano ha con il fisco.
Nessuna ripresa in vista – Squinzi gela l’ottimismo per una possibile ripresa nel 2014. E lo fa ricordando i dati sul primo trimestre, con il Pil che ha toccato un nuovo minimo. “Il reddito procapite è ai livelli del 1996, i consumi al 1998, gli investimenti al 1994, la produzione industriale è tornata al livello del 1986. La disoccupazione viaggia verso il 13%. Nel manifatturiero tra il 2001 e il 2013 abbiamo perso 120.000 imprese e quasi un milione e duecentomila posti di lavoro. Non è questa l’Italia che vogliamo”. Ma, prosegue il presidente di Confindustria, “non ci rassegniamo ad un Paese stanco e sfiduciato, vittima di mali antichi, astruso e ostile alla cultura dell’impresa, del merito e del rischio. Non è questa l’Italia che vediamo tutti i giorni sui luoghi di lavoro”. E’ l’Italia che “può tornare a crescere in modo robusto”.
Appoggio totale al governo – “La nostra disponibilità è immutata e completa”, garantisce il numero uno degli industriali, ma “fate le riforme, ne abbiamo bisogno per ricreare lavoro, reddito, coesione sociale. Non deludeteci”. Perché “il mandato popolare al Pd e a Renzi – ragiona ancora Squinzi – testimonia la voglia di cambiamento che c’è nel Paese. Questa voglia attende fatti che diano sostanza alle riforme e alla crescita”. I segnali di incoraggiamento sono tangibili, ma serve che “la stagione delle riforme istituzionali adesso parta davvero”. Per ora “dal governo sono venuti incoraggianti segni di rinnovamento: sulla legge elettorale, sulla semplificazione e sulla pubblica amministrazione, sulle riforme istituzionali, sulla legislazione del lavoro”. Allargando lo sguardo fuori dai confini italiani, per Squinzi il semestre di presidenza italiana è una grande occasione “per ridurre gli eccessi di un’austerità applicata in modo asimmetrico e per iniziare un processo di avvicinamento tra istituzioni e cittadini d’Europa”.
Dai sindacati serve sforzo di innovazione – Oltre che al governo, il numero uno di Confindustria lancia un appello anche ai sindacati: “Guardiamo al mondo. Non chiudiamoci conservativamente nel nostro familiare ma ristretto orizzonte domestico”. “Il tempo delle eterne liturgie è trascorso”. Per questo “dal sindacato mi aspetto uno sforzo di innovazione“. E infine invita gli industriali a “favorire la contrattazione aziendale virtuosa, che lega i salari ai risultati aziendali“.
Fuori da Confindustria chi corrompe – Da Squinzi arriva anche un duro attacco agli imprenditori che utilizzano mazzette per aggiudicarsi commesse e lavori. “Chi corrompe fa male alla comunità e al mercato, grave danno alla concorrenza e ai suoi colleghi. Queste persone non possono stare in Confindustria”. Ma per Squinzi è inutile parlare di nuove leggi o poteri speciali contro la corruzione. Per combatterla – assicura – serve abbattere “il muro della complicazione”, allargare gli spazi di mercato ridurre tempi e arbitrio della burocrazia.
Ministro Guidi: “Piano per made in Italy” – Sul palco dell’Assemblea sale anche il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ex presidente dei giovani industriali. “Nelle prossime settimane vareremo un piano straordinario per il made in Italy”, annuncia il titolare dello Sviluppo. Gli obiettivi del piano sono l’aumento delle imprese esportatrici di almeno 20mila unità entro il 2015, il rafforzamento del settore fieristico e la copertura di mercati non ancora sfruttati. Poi Guidi aggiunge: “Dobbiamo dire basta alla dilagante cultura anti-imprenditoriale. Basta alla criminalizzazione del profitto”.
Camusso: “Proposte non condivisibili” – Immediato in no secco della Cgil alle proposte avanzate dalla Confindustria su contratti e riforma del mercato del lavoro. Secondo il segretario generale Susanna Camusso, le tesi di Squinzi sono viziate “da una omissione di partenza: pensare che oggi il mercato del lavoro sia quello regolato dalle leggi e non il festival della precarietà e delle mille forme”. Per questo per il sindacato la ricetta avanzata dagli industriali “non è condivisibile”. Il segretario generale si dice invece disponibile a un cambio di marcia nei rapporti tra parti sociali: “Siamo prontissimi al cambiamento, sollecitiamo le imprese ad una nuova stagione di partecipazione, di possibilità di discutere di investimenti e trasformazioni”. Camusso replica anche al ministro Guidi: “Non mi pare proprio che nel nostro paese ci sia una cultura anti-impresa”.