Nonostante il mancato (e sempre abbondante) apporto di Silvio Berlusconi, un titolare irrinunciabile, il partito indagati&condannati ha raggiunto il quorum: i 21 candidati – fra eletti e trombati – hanno registrato 1,242 milioni di voti, un 4 per cento quasi in scioltezza, un passo (lungo) avanti al gruppo l’Altra Europa con Tsipras, sorpassata anche la coppia Ncd–Udc.
Il capofila e capolista, senza piombare in astrusi calcoli algebrici, è il pugliese Raffaele Fitto: 284.547 preferenze, 4 anni in primo grado, 3 imputazioni (corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito). E l’ex ministro, non un novizio, legittimamente rivendica il testimone da Berlusconi. L’eterno giovane Fitto ha staccato di molto Aldo Patriciello (111.554), che non ha sfigurato. Riabilitato dal Tribunale di Campobasso il 14 maggio di un anno fa, Patriciello fu condannato a 4 mesi per finanziamento illecito, sentenza definitiva per una mazzetta da 16 milioni di lire (anni ’90) per la campagna elettorale di Michele Iorio.
Arruolato di recente, e per questo governatore dimissionario in Calabria, Giuseppe Scopelliti (42.210, Ncd-Udc) ha sfiorato il secondo piazzamento in lista di Filippo Piccone, già parlamentare: Scopelliti è terzo e pieno di speranza. Perché se Lorenzo Cesa (56.991), deputato, indagato per finanziamento illecito, dovesse rinunciare al seggio di Strasburgo, Scopelliti andrebbe al “ballottaggio” interno con Piccone e l’ampia immunità europea sarebbe più vicina.
Ieri (mercoledì 28 maggio) è cominciato a Cagliari il dibattimento per l’imputato Renato Soru (182.687), rinviato a giudizio per evasione fiscale (e indagato per aggiotaggio), ma apprezzato in Sardegna e anche in Sicilia: non era agevole strappare un seggio europeo. Il democratico Nicola Caputo (85.846), avviso di conclusa indagine per truffa, l’ha scampata per qualche migliaia di voti, e così Giuseppe detto Giosi Ferrandino (82.189), rinviato a giudizio per falso ideologico e distruzione di bellezze naturali, non potrà entrare in aula a Strasburgo assieme al collega.
Armando Cusani (55.401) paga una congiuntura sfavorevole, roba da bizzarro allineamento di pianeti: Forza Italia s’è sgonfiata e la senatrice Alessandra Mussolini (medaglia di argento dietro Tajani, circoscrizione Centro) vuole espatriare. Oltre che in politica, Cusani è molto impegnato in Tribunale: condanna in primo grado a un anno e otto mesi per abuso d’ufficio e, sempre in primo grado, due anni per abuso edilizio.
Il ritorno nel Mezzogiorno di Gianni Alemanno (44.853), ex sindaco di Roma e origini baresi, è un fallimento, netto. Senza cariche da oltre un anno, all’ex missino non resta che l’indagine (romana) per finanziamento illecito. ‘O miracolo non riesce a Clemente Mastella (60.336), risorto per un mandato a Strasburgo con Forza Italia, l’ex ministro è inchiodato a Ceppaloni, e poi rinviato a giudizio a Napoli per associazione a delinquere, imputato ancora a Napoli per tentata concussione e abuso d’ufficio. Non va sigillato il racconto meridionale senza citare Paolo Romano (11.882), arrestato una settimana fa, in teoria ritirato, ma comunque raggiunto da un’empatia elettorale, inutile e un po’ inquietante. Altra circoscrizione, altri temerari.
Giampiero Samorì (13.160), che ci aveva già provato per il Parlamento, viene respinto anche in Europa. Stavolta, l’imprenditore s’è accoccolato in un cantuccio di Forza Italia, basso in lista, senza dover fondare un partito, che gli è costato oltre mezzo milione di euro. Nulla. Ma ci sarà occasione per Samorì, ex pupillo di Berlusconi, e dunque indagato a Roma per associazione a delinquere finalizzata all’ostacolo per le funzioni di vigilanza, appropriazione indebita, bancarotta fraudolente e riciclaggio. Ha perso senza farsi notare né sentire il duo – ex Forza Italia ora Ncd-Udc – Gabriele Albertini (11.447, indagine per calunnia aggravata a Brescia) e Guido Podestà (7.898, imputato a Milano per falso ideologico).
Da Anna Petrone (71.661, avviso di conclusa indagine per peculato) a Franco Bonanini (3,689, rinviato a giudizio per associazione a delinquere per truffa ai danni dello Stato), i 21 del partito inquisiti non hanno deluso. O rovesciando il concetto, gli elettori non li hanno delusi.
Ps. Non c’entra nulla con le inchieste giudiziarie, ma la denuncia di un candidato M5S è un caso di scuola. L’imprenditore Massimo Blasoni, numero 2 di Forza Italia in Friuli, ha sostenuto il veneto Remo Sernagiotto (eletto), assessore regionale alle Politiche sociali. I Cinque Stelle hanno scoperto, e accusano, che abbiano influito gli interessi di Blasone, titolare di due cliniche che hanno ottenuto “l’accreditamento istituzionale” dalla Regione Veneto.
da Il Fatto Quotidiano del 28 maggio 2014