“Abbiamo scelto di non festeggiare perché la straordinaria ampiezza del risultato non è solo per il Pd o per il suo leader. Va ben oltre le aspettative, è il voto degli italiani per l’’Italia. Ha ragione Reichlin a parlare di partito della nazione e il consenso che ci impone a provare a cambiare l’Italia in modo forte e l’Ue”.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi mantiene lo stile di “basso profilo” nella prima direzione del Partito democratico dopo il trionfo alle elezioni europee. Sul Pd dobbiamo parlare un “linguaggio di verità: il 40% è un accidente della storia, un colpo di fortuna o un obiettivo stabile? Dobbiamo definire se questo obiettivo vogliamo considerarlo come casa nostra, se vogliamo metterci la residenza o limitarci a vivere l’istante”. La controprova è l’unico riferimento a Beppe Grillo e al Movimento Cinque Stelle: “In streaming si fanno i dibattiti, a trovare i leader populisti inglesi si va di nascosto“. L’altro riferimento è per quello che definisce “il punto più basso della campagna elettorale” toccato, dice, “quando un cantante sul palco di San Giovanni ha detto di odiare Napolitano più come uomo che come politico”. Gli insulti al capo dello Stato dal palco del comizio M5S sono “il punto più basso non solo per la stima e l’affetto per Napolitano ma perché la dimensione dell’odio andava oltre il rispetto della civiltà politica, si andava verso l’odio personale, una sorta di furore cieco e carico di cattiveria”. Un attacco a cui risponde a distanza lo stesso capogruppo a 5 Stelle Maurizio Buccarella: “Invitiamo Renzi a trasmettere in streaming gli incontri tra lui, Berlusconi e Verdini“.
Quindi, aggiunge il segretario democratico, “questa nostra direzione deve essere non tanto l’occasione per fare festa ma per una riflessione e un’analisi del voto, con il sorriso, per cercare di capire cosa abbiamo da fare e come impostare i prossimi mesi. Il risultato ci carica di gioia e entusiasmo ma anche di straordinaria responsabilità”. Un applauso ha accolto Renzi al suo arrivo in direzione. Un altro applauso è andato agli eletti alle europee e amministrative. “Il Pd è primo partito in Europa e ha una responsabilità che giudico naturale venga colta in pieno e non immiserita negli scontri interni. Trovo allucinanti le polemiche per la foto di gruppo: non c’è nessun salto sul carro ma un partito che è convinto di poter discutere al proprio interno con serenità”. “In un momento, raccontato da altri, di sfascio del paese, il Pd si è posto non come garante di conservazione ma come testimone di speranza – conclude – Non possiamo indietreggiare di mezzo centimetro da questa aspettativa su di noi”. Un’aspettativa, è l’analisi del leader democratico, che si è diffusa a tutti i livelli: “Penso ai volontari dei tortellini della festa di Modena con cui ho avuto alcune lunghe discussioni. A lei dico che fa benissimo ad essere orgogliosa del risultato ma è proprio lei che ci invita a non sprecare il carico di responsabilità. Se siamo arrivati al 40% per cento vuol dire che ci ha votato anche l’artigiano del nord est condividendo l’idea che il Pd è il partito della speranza e non della rabbia”. Un concetto che forse spiega un altro retroscena sulla forza trasversale del Pd: il “dualismo” Dc-Pci impersonato nel Pd da Lorenzo Guerini e Stefano Bonaccini. La notte dei risultati elettorali, riferisce il presidente del Consiglio, “una volta arrivati i sondaggi, arriva Bonaccini, che era già fuori, e dice: se facciamo più del 34 abbiamo fatto il record di tutti i tempi. Una cosa che neanche…e non osa nemmeno citare” (cioè il Pci di Berlinguer). “A quel punto interviene Guerini e dice: noi con Alcide siamo andati al 48. Ecco, questo è il rapporto Bonaccini-Guerini. Per fortuna che c’è la Serracchiani a calmarli”, scherza Renzi.
Dunque il partito può ripartire e può tornare a riunire l’assemblea (Renzi propone il 14 giugno) che dev’essere “l’occasione per una ripartenza, un nuovo inizio insieme. Il Pd non può essere una sommatoria di correnti o il modo di ricordare quello che è accaduto al congresso. Non interessa a nessuno”. D’altra parte “la gestione unitaria, se ci sarà, non è il tentativo di riproporre schemi vecchi o spartizioni correntizie ma è corresponsabilità una volta chiariti gli obiettivi. Se le persone ci vogliono stare, ci staranno”. Un processo che porterà anche al rinnovo della segreteria. “Nessuno di noi farà campagna acquisti in Parlamento – spiega il segretario del Pd – ma la disponibilità a riflettere nell’orizzonte del 2018 è fisiologica non perché lo vogliamo noi ma perché si sono verificate” circostanze come la “scomparsa di altri partiti, una cosa positiva per dei sinceri bipolaristi”. “Dobbiamo avere la capacità, nelle prossime ore e nei prossimi giorni, non soltanto di andare avanti, ma di raddoppiare, tornando al mitico Mike Bongiorno: non è il momento di lasciare ma di raddoppiare”.
Poi le questioni del governo: Alitalia (“E’ questione di ore”), Rai (“Serve una nuova scommessa culturale”), lavoro (“la madre di tutte le battaglie”), Ilva (“Serve un cambio di passo”). Ma soprattutto riforme. “Immediatamente dopo la fine del passaggio in Senato” delle riforme costituzionali, e comunque “entro l’estate“, deve essere approvata la legge elettorale. L’obiettivo è “fare la legge elettorale ma non per andare a votare”, anche considerato che “agli altri è passata la voglia di andare a votare”. Il mese di giugno “sarà cruciale” per le riforme del governo. Tra le altre il capo del governo elenca la riforma della Pubblica amministrazione sul quale la consultazione mostra “segnali di interesse” e andrà in consiglio dei ministri con “uno o due atti normativi”, il 20 giugno il provvedimento sulla competitività, poi l’attuazione della delega fiscale e la riforma della giustizia.
Quanto al rapporto con le istituzioni europee, spiega Renzi, “il nostro compito è aprire una discussione sulla politica economica, ieri Padoan ha preannunciato una serie di considerazioni. Una riflessione è opportuna, l’Italia in Europa deve tracciare la strada non seguirla, dobbiamo essere leader e non follower”. “Siamo il primo partito del Pse non per andare a mettere bandierine con i nomi, è fisiologico ma il nostro compito è richiamare il Pse a quanto detto in campagna elettorale che è per noi fondamentale e per cui siamo entrati nel Pse”. Renzi ribadisce che “prima di discettare sui nomi è fondamentale capirsi su idee”. “Abbiamo bisogno di attrarre investimenti in Italia: mai come adesso c’è attenzione internazionale verso l’Italia. Guai a noi se buttiamo via questa chance ora, specie in un momento in cui qualsiasi tipo di preoccupazione intorno al lavoro e alla sua mancanza tocca tutte le famiglie italiane”.