“Me l’ha presentato come.. era una persona che curava, diciamo, i conti direi della sinistra politica e a me è stato presentato come la persona con cui doveva parlare per metterci d’accordo sulle dazioni che fossero necessarie”. È Giovani Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Nuova Venezia, accusatore anche del sindaco Giorgio Orsoni, a raccontare ai pm di Venezia il 31 luglio 2013, che anche Giampietro Marchese (Pd), già vice presidente del Consiglio regionale, uno dei 35 arrestati dell’inchiesta sul Mose, avrebbe incassato – come il sindaco di Venezia – per 8 anni, dal 2005 al 2013, circa mezzo milione di euro. Ma a differenza del primo cittadino – foraggiato anche con versamenti sui conti del comitato elettorale – a Marchese i soldi sarebbero stati dati sempre “in contanti” e “brevi manu“. E una volta, rivela Mazzacurati, sarebbe stato lui in persona a dare un pacchetto di banconote all’esponente Pd in Campo Santo Stefano: “Eravamo in un ristorante… con i tagli grossi vengono pacchetti molto piccoli”. Mentre in un’altra occasione il versamento sarebbe avvenuto a Chiasso. In altri casi invece Giampietro avrebbe incassato il finanziamento in Regione, soldi presi dalle mani di Federico Sutto (dirigente del CVN): “Gieli portava in Regione”.
“Tali dichiarazioni – osserva il gip Alberto Scaramuzza nell’ordinanza di custodia cautelare – … sono state ampiamente riscontrate dalla ricostruzione di tutti gli incontri accertati tramite intercettazioni e pedinamenti”. Incontri ricostruiti uno a uno dagli investigatori. Addirittura in una intercettazione ambientale si sente anche come il fruscio dei soldi. È il 22 febbraio 2011 e Pio Savioli, componente del consiglio direttivo del Consorzio, incontra il politico nell’ex motel Agip di Marghera. Savioli dice: “Quindici”, poi come riporta il gip nell’ordinanza “si sente un rumore di zip come ci fosse un’apertura di una borsa“. Quindi la promessa: “Arrivano altri trenta penso entro agosto” e Marchese, che sembra non tenere il conto: “Con questi quanto… Cento?”. “No” risponde Savioli: “Sono rincoglionito … ecco… centocinque…” E si sente rumore di chiusura del cassetto, “un documento riepilogativo dei versamenti” secondo il giudice.
Soldi che Marchese avrebbe incassato anche se non più eletto successivamente perché manteneva, secondo l’accusa, un ruolo importante nel partito. Di lui Mazzacurati dice anche: “Era un funzionario della sinistra, che aveva questo compito diciamo, quando c’erano i periodi delle elezioni, delle consultazioni elettorali, di reperire fondi, per… Ecco era questo..”. Anche perché a un certo punto Marchese era “vice presidente della Regione. Quindi aveva un ruolo importantissimo e determinante nell’intervento delle approvazioni”. Anche perché Marchese rappresentava “l’opposizione dialogante” che era a favore dell’approvazione del Mose. Quei 15mila euro 3-4 mesi nel corso degli anni vengono di fatto considerati dagli inquirenti ” non un finanziamento occasionale per una campagna elettorale” ma “un vero stipendio“.