Ha dell’incredibile la storia che sta facendo il giro del web a proposito dell’esclusione dei cittadini italiani – in compagnia di quelli di Quebec, Cuba, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Sudan e Siria – da due concorsi internazionali promossi uno dalla HackaDay – una delle comunità di hackers, sviluppatori ed ingegneri più attiva al mondo – e l’altro dalla Intel, colosso dell’industria dei microchip.
Miliardi di cittadini di decine di Paesi in tutto il mondo potranno partecipare alle due iniziative promozionali ed aggiudicarsi i ricchi premi rappresentati da un viaggio nello spazio e decine di milioni di euro mentre noi italiani siamo condannati ad essere spettatori.
I regolamenti dei due concorsi – quello della HackaDay premia il miglior progetto hardware di open design mentre quello della Intel la migliore idea di tecnologia indossabile – escludono, infatti, espressamente il nostro Paese dall’elenco di quello in cui possono risiedere i partecipanti.
La ragione dell’esclusione – chiariscono i promotori delle due iniziative – sta nelle leggi italiane e degli altri Paesi esclusi dalla competizione che vietano o rendono eccessivamente complessa la gestione di concorsi ed analoghe iniziative promozionali.
E’ solo una scusa per coprire oscure scelte commerciali o la volontà di fare un “dispetto” al nostro Paese? Un caso isolato di mala-interpretazione delle nostre leggi? Un episodio sfortunato?
Forse sarebbe meglio poter pensare che sia così ma non lo è.
Nel 2007, infatti, anche Google si era visto costretto – o almeno si era sentito costretto – a tagliar fuori i cittadini italiani da un concorso lanciato per promuovere la creazione e lo sviluppo di app per l’allora nuova piattaforma Android con premi per dieci milioni di dollari.
La ragione, ieri come oggi – e come in tanti altri episodi analoghi che, però, non rimbalzano sui media mainstream – risiede davvero nella disciplina nazionale sui concorsi e le operazioni a premio, una disciplina che sembra scritta a posta per rendere la vita difficile ai promotori di questo genere di iniziative e che ha per effetto quello di ghettizzare il nostro Paese, spingendolo in una mini-black list nella quale trovano posto una manciata di Stati che, salvo poche eccezioni, non hanno una grande reputazione in termini democratici e culturali.
Guai a negare che si tratta di regole – l’obbligo di presentazione di una fideiussione di ammontare corrispondente a quello dei premi messi in palio, la necessaria presentazione al Ministero dello Sviluppo economico del regolamento di concorso e l’esigenza che la selezione del vincitore avvenga sotto l’occhio vigile di un Notaio o di altro garante della pubblica fede – pensate per tutelare interessi e diritti dei consumatori ma davanti a concorsi promossi da colossi del calibro di Google e della Intel in tutto il mondo, non ci si può non domandare se tanta prudenza non sia, forse, eccessiva.
Possibile che solo – o quasi – in Italia ci si preoccupi davvero della tutela di cittadini e consumatori? Come fanno negli altri centinaia di Paesi i cui cittadini sono tranquillamente ammessi a partecipare a questo genere di iniziative?
Ma il racconto di questa brutta storia italiana non sarebbe completo se non si scrivesse che la vicenda è una di quelle nelle quali la “fama” negativa della burocrazia italica gioca un ruolo da protagonista più importante e determinante di quello giocato da leggi e regolamenti.
La disciplina italiana in materia di concorsi ed operazioni a premio, infatti, pur essendo indiscutibilmente bizantina e defatigante oltre il necessario, contiene una deroga importante per quei concorsi – proprio come i due di recente lanciati da HackaDay e Intel e come quello, a suo tempo, lanciato da Google – “indetti per la produzione di opere letterarie, artistiche o scientifiche, nonché per la presentazione di progetti o studi in ambito commerciale o industriale, nei quali il conferimento del premio all’autore dell’opera prescelta ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta il riconoscimento del merito personale o un titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività;”.
Una deroga uscita, evidentemente, dalla stessa penna che ha scritto il resto della disciplina e che, dunque, pecca di ambiguità e poca chiarezza ma in relazione alla quale, lo stesso Ministero per lo Sviluppo economico, lo scorso anno, nel rispondere ad una richiesta di chiarimenti su un’altra analoga iniziativa, ha chiarito che essa poteva considerarsi esclusa “dal novero delle manifestazioni a premio [ndr cui si applica la disciplina all’origine dell’esclusione denunciata], in quanto appare finalizzata al reperimento di progetti o studi per i quali il conferimento del premio ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera ovvero di riconoscimento del merito personale o di titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività” e che “In casi come questo è possibile ritenere assorbenti fini di tipo sociale, che abbiano uno specifico valore per la comunità cui i lavori premiati sono rivolti, considerando secondario l’eventuale interesse commerciale, anche qualora tali iniziative vengano proposte e finanziate da aziende che supportano l’evento con materiale didattico o scientifico.”.
Sono considerazioni che sembrano valide anche in relazione ai due concorsi lanciati da HackaDay e Intel e, quindi, non resta che sperare che – anche grazie alla fondazione Make in Italy, appena scesa in campo con questo intento – i promotori possano rivedere la loro decisione di escludere il nostro Paese dalle due competizioni, restituendo così ai cittadini all’italica creatività non solo e non tanto la possibilità di aggiudicarsi decine di milioni di euro in ricchi premi ma soprattutto lo stimolo e la motivazione a contribuire all’innovazione ed alla costruzione del futuro del mondo intero.
Per questa volta, forse, c’è ancora una speranza ma è fuor di dubbio che leggi e regolamenti – specie in un momento come questo – dovrebbero incoraggiare i giganti dell’innovazione e della tecnologia a guardare verso il nostro Paese con entusiasmo e determinazione e non spingerli, come, invece, continua ad accadere, a darci le spalle e correre lontani, preoccupati di affondare nella palude di burocrazia nella quale, evidentemente, il Paese continua a galleggiare non senza fatica.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Economia & Lobby - 5 Giugno 2014
Burocrazia e leggi ‘iraniane’: italiani fuori da concorsi colossali
Ha dell’incredibile la storia che sta facendo il giro del web a proposito dell’esclusione dei cittadini italiani – in compagnia di quelli di Quebec, Cuba, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Sudan e Siria – da due concorsi internazionali promossi uno dalla HackaDay – una delle comunità di hackers, sviluppatori ed ingegneri più attiva al mondo – e l’altro dalla Intel, colosso dell’industria dei microchip.
Miliardi di cittadini di decine di Paesi in tutto il mondo potranno partecipare alle due iniziative promozionali ed aggiudicarsi i ricchi premi rappresentati da un viaggio nello spazio e decine di milioni di euro mentre noi italiani siamo condannati ad essere spettatori.
I regolamenti dei due concorsi – quello della HackaDay premia il miglior progetto hardware di open design mentre quello della Intel la migliore idea di tecnologia indossabile – escludono, infatti, espressamente il nostro Paese dall’elenco di quello in cui possono risiedere i partecipanti.
La ragione dell’esclusione – chiariscono i promotori delle due iniziative – sta nelle leggi italiane e degli altri Paesi esclusi dalla competizione che vietano o rendono eccessivamente complessa la gestione di concorsi ed analoghe iniziative promozionali.
E’ solo una scusa per coprire oscure scelte commerciali o la volontà di fare un “dispetto” al nostro Paese? Un caso isolato di mala-interpretazione delle nostre leggi? Un episodio sfortunato?
Forse sarebbe meglio poter pensare che sia così ma non lo è.
Nel 2007, infatti, anche Google si era visto costretto – o almeno si era sentito costretto – a tagliar fuori i cittadini italiani da un concorso lanciato per promuovere la creazione e lo sviluppo di app per l’allora nuova piattaforma Android con premi per dieci milioni di dollari.
La ragione, ieri come oggi – e come in tanti altri episodi analoghi che, però, non rimbalzano sui media mainstream – risiede davvero nella disciplina nazionale sui concorsi e le operazioni a premio, una disciplina che sembra scritta a posta per rendere la vita difficile ai promotori di questo genere di iniziative e che ha per effetto quello di ghettizzare il nostro Paese, spingendolo in una mini-black list nella quale trovano posto una manciata di Stati che, salvo poche eccezioni, non hanno una grande reputazione in termini democratici e culturali.
Guai a negare che si tratta di regole – l’obbligo di presentazione di una fideiussione di ammontare corrispondente a quello dei premi messi in palio, la necessaria presentazione al Ministero dello Sviluppo economico del regolamento di concorso e l’esigenza che la selezione del vincitore avvenga sotto l’occhio vigile di un Notaio o di altro garante della pubblica fede – pensate per tutelare interessi e diritti dei consumatori ma davanti a concorsi promossi da colossi del calibro di Google e della Intel in tutto il mondo, non ci si può non domandare se tanta prudenza non sia, forse, eccessiva.
Possibile che solo – o quasi – in Italia ci si preoccupi davvero della tutela di cittadini e consumatori? Come fanno negli altri centinaia di Paesi i cui cittadini sono tranquillamente ammessi a partecipare a questo genere di iniziative?
Ma il racconto di questa brutta storia italiana non sarebbe completo se non si scrivesse che la vicenda è una di quelle nelle quali la “fama” negativa della burocrazia italica gioca un ruolo da protagonista più importante e determinante di quello giocato da leggi e regolamenti.
La disciplina italiana in materia di concorsi ed operazioni a premio, infatti, pur essendo indiscutibilmente bizantina e defatigante oltre il necessario, contiene una deroga importante per quei concorsi – proprio come i due di recente lanciati da HackaDay e Intel e come quello, a suo tempo, lanciato da Google – “indetti per la produzione di opere letterarie, artistiche o scientifiche, nonché per la presentazione di progetti o studi in ambito commerciale o industriale, nei quali il conferimento del premio all’autore dell’opera prescelta ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta il riconoscimento del merito personale o un titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività;”.
Una deroga uscita, evidentemente, dalla stessa penna che ha scritto il resto della disciplina e che, dunque, pecca di ambiguità e poca chiarezza ma in relazione alla quale, lo stesso Ministero per lo Sviluppo economico, lo scorso anno, nel rispondere ad una richiesta di chiarimenti su un’altra analoga iniziativa, ha chiarito che essa poteva considerarsi esclusa “dal novero delle manifestazioni a premio [ndr cui si applica la disciplina all’origine dell’esclusione denunciata], in quanto appare finalizzata al reperimento di progetti o studi per i quali il conferimento del premio ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera ovvero di riconoscimento del merito personale o di titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività” e che “In casi come questo è possibile ritenere assorbenti fini di tipo sociale, che abbiano uno specifico valore per la comunità cui i lavori premiati sono rivolti, considerando secondario l’eventuale interesse commerciale, anche qualora tali iniziative vengano proposte e finanziate da aziende che supportano l’evento con materiale didattico o scientifico.”.
Sono considerazioni che sembrano valide anche in relazione ai due concorsi lanciati da HackaDay e Intel e, quindi, non resta che sperare che – anche grazie alla fondazione Make in Italy, appena scesa in campo con questo intento – i promotori possano rivedere la loro decisione di escludere il nostro Paese dalle due competizioni, restituendo così ai cittadini all’italica creatività non solo e non tanto la possibilità di aggiudicarsi decine di milioni di euro in ricchi premi ma soprattutto lo stimolo e la motivazione a contribuire all’innovazione ed alla costruzione del futuro del mondo intero.
Per questa volta, forse, c’è ancora una speranza ma è fuor di dubbio che leggi e regolamenti – specie in un momento come questo – dovrebbero incoraggiare i giganti dell’innovazione e della tecnologia a guardare verso il nostro Paese con entusiasmo e determinazione e non spingerli, come, invece, continua ad accadere, a darci le spalle e correre lontani, preoccupati di affondare nella palude di burocrazia nella quale, evidentemente, il Paese continua a galleggiare non senza fatica.
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "Il nostro governo ha scelto di realizzare i termovalorizzatori con risorse pubbliche, stanziando 800 milioni di euro attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Questo per evitare che il costo di ammortamento potesse ricadere sui cittadini attraverso tariffe esorbitanti. Noi vogliamo evitare questo errore e garantire un sistema sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non solo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani. "I termovalorizzatori rappresentano una grande opportunità anche per il nostro sistema energetico- dice -In un periodo storico in cui i costi dell’energia sono sempre più elevati e la transizione ecologica è una priorità globale, trasformare i rifiuti in energia significa rendere la Sicilia più autonoma, ridurre la dipendenza da fonti fossili e creare un sistema. Il nostro cronoprogramma: entro questo marzo/aprile bando per progettazione; entro settembre 2026 inizio lavori (durata diciotto mesi). La Sicilia non può più permettersi di rimanere prigioniera dell’emergenza, della precarietà, dell’inerzia. È il momento di agire con coraggio e senso del dovere".
"Chi si oppone abbia almeno l’onestà di dire chiaramente perché e di assumersi la responsabilità di condannare questa terra al degrado e all’inefficienza- dice Schifani - Non possiamo accettare che il futuro della Sicilia venga bloccato da interessi di parte, da vecchie logiche a volte ambigue. Non possiamo più tollerare un sistema che penalizza i cittadini, le imprese e l’ambiente. La nostra Regione merita di voltare pagina. Merita un futuro fatto di pulizia, decoro e sostenibilità. Noi andremo avanti, con determinazione e con la convinzione che questa sia l’unica strada possibile. Anche se in salita. In tutti i sensi. Perché la Sicilia merita di più".
Palermo,9 mar. (Adnkronos) - "Perché, dopo vent’anni di dibattiti e promesse mancate, ancora oggi qualcuno si oppone alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione? L’esperienza europea dimostra che questi impianti sono una soluzione efficiente e sicura per chiudere il ciclo dei rifiuti, trasformando ciò che non può essere riciclato in energia pulita. Eppure, in Sicilia si è continuato a rinviare, mentre le discariche si riempiono e i cittadini pagano bollette sempre più alte per smaltire i rifiuti altrove. È davvero un problema di tutela ambientale? No, perché i moderni termovalorizzatori sono progettati per garantire emissioni praticamente nulle, rispettando i più severi standard europei". Così il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, in un intervento sul Giornale di Sicilia. "Parlare di inquinamento è oggi fuori luogo: in molte città del Nord Italia, in Europa e nel mondo, questi impianti convivono con i centri abitati senza alcun impatto sulla qualità dell’aria", dice.
"Forse si vuole difendere il business delle discariche? È un dubbio legittimo. Il sistema attuale, infatti, ha spesso alimentato interessi economici poco trasparenti, in alcuni casi perfino legati alla criminalità organizzata. E di questo ho parlato in occasione della mia audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie", conclude Schifani.
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "La Sicilia, purtroppo, vive da decenni un’emergenza che sembra diventata strutturale. Il mio governo ha individuato fin dalla campagna elettorale questo come un obiettivo primario, consapevole che la gestione dei rifiuti non è solo un problema ambientale, ma anche sociale ed economico. Abbiamo ereditato una situazione di stallo, con un sistema fondato su discariche ormai al collasso, senza un’efficace pianificazione e con una raccolta differenziata ancora insufficiente. E soprattutto, mancava uno strumento fondamentale: il Piano rifiuti, indispensabile per poter programmare e realizzare qualsiasi intervento strutturale. Lo abbiamo speditamente adottato nel novembre scorso, dopo un grande lavoro di squadra che ha coinvolto vari organi istituzionali preposti al ramo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia, il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani,.
"Sapevamo che sarebbe stato un percorso difficile, sia dal punto di vista normativo che politico- prosegue - E a volte avvertiamo una condizione di solitudine, nel dover difendere un’idea di sviluppo che dovrebbe essere patrimonio comune, ma che invece incontra resistenze incomprensibili e a volte ambigue. Non cori da stadio, ma silenzi a volte trasversali e imbarazzanti".
"Non è un caso che il tema dei termovalorizzatori in Sicilia sia presente nel dibattito pubblico da oltre vent’anni, senza mai trovare una concreta soluzione- aggiunge Schifani - In tutto questo tempo, mentre in altre regioni italiane e in Europa si realizzavano impianti di ultima generazione per trasformare i rifiuti in energia, in Sicilia si continuava a rinviare, accumulando ritardi su ritardi e lasciando che il problema si aggravasse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: città invase dai rifiuti, discariche sature, costi di smaltimento sempre più elevati e una dipendenza dall’estero per l’invio della spazzatura che pesa sulle tasche dei cittadini siciliani per oltre cento milioni all'anno". "Ciò che trovo più preoccupante è la rassegnazione diffusa tra i siciliani. Dopo decenni di annunci e promesse mancate, molti ormai non credono più che il cambiamento sia possibile. Ma io dico che questa volta è diverso. Questa volta il governo regionale ha fatto una scelta chiara e irreversibile: realizzare gli impianti e dare finalmente alla Sicilia una gestione moderna ed efficiente dei rifiuti. E per questo obiettivo dedico due pomeriggi al mese per monitorare di persona il percorso, spesso complesso ma che ci sforziamo di velocizzare. Per non parlare dei numerosi ricorsi presentati contro il mio piano per bloccare il tutto. A questi ci opporremo con fermezza e competenza".
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.