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Mose, quando Zaia si fece passare sotto il naso una nomina della “squadra”

Piergiorgio Baita, ex vertice della Mantovani arrestato nel febbraio del 2013 nella prima tranche dell'inchiesta, racconta che Galan pretendeva di essere pagato anche se non era più governatore perché era ministro: "Per forza, come fa a dire di no? Voglio dire che l'ultima nomina l'abbiamo avuto che Galan non c'era più"
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Chiede di poter parlare ai pm di Venezia il presidente del Veneto, Luca Zaia. Il giorno dopo l’alta marea giudiziaria che si è abbattuta sul Mose: 35 arresti, 100 indagati e 40 milioni sequestrati, il governatore leghista potrebbe avere a breve un incontro con il procuratore capo “per avere informazioni de visu“.

In una intervista a Skytg24 Zaia rivendica che arrivato lui sulla poltrona di governatore i corrotti non hanno avuto più spazio. Ma “la squadra” come lo stesso assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso arrestato ieri definiva il gruppo di corrotti e corruttori in un sms a Claudia Minutillo (ex segretaria di Giancarlo Galan), sarebbe riuscita lo stesso a far passare sotto il naso del governatore almeno una nomina. Quella del promotore della Valsugana (18 chilometri dei quali 11 in galleria e oltre 700 milioni di valore) nell’ambito di quello che potrebbe essere un altro filone dell’indagine ovvero le accelerazioni imposte dalle bustarelle agli iter dei project financing presentati dal gruppo Mantovani alla regione Veneto. 

Piergiorgio Baita, ex vertice della Mantovani arrestato nel febbraio del 2013 nella prima tranche dell’inchiesta, ai pm racconta questo risvolto. Galan diventato ministro continuava a essere stipendiato, ma grazie all’assessore Chisso (componente della Giunta Galan e poi di quella Zaia) questa nomina sarebbe riuscita a passare anche sotto il naso del leghista. Parlando delle pretese continue dell’ex governatore Galan Baita risponde: “Per forza, come fa a dire di no? Voglio dire che l’ultima nomina l’abbiamo avuto che Galan non c’era più”. 

Il meccanismo, che viene raccontato dalla Minutillo, in due interrogatori di marzo e aprile 2013, era semplice. Chisso, definitivo dagli inquirenti, “un dipendente della Mantovani”, senza nessun “tipo di intoppo o obiezione” portava in commissione i project financing voluti dall’impresa che “superavano senza problemi i pareri delle diverse commissioni e l’assessore alle Infrastrutture – racconta la donna – li portava in Giunta per l’approvazione senza particolari problemi”. Galan e Chisso venivano poi pagati per il loro appoggio anche con l’intestazione a prestanome di quote di società partecipanti agli utili dei project financing.

Uno di questi progetti la Pedemontana Veneta (la cui realizzazione è finita poi a un consorzio italo-spagnolo) è il cuore di una intercettazione tra Chisso e Minutillo. Il testo del progetto, “sviluppato e migliorato” dai dirigenti regionali indagati (e sospesi da Zaia) doveva ricevere l’ok definitivo. Ma quando la Minutillo chiede se ci sarà una conferenza stampa Chisso risponde che non esiste una conferenza stampa perché non vuole prima vedere nero su bianco e “non lo sa ancora nessuno, neanche Zaia”. La Minutillo replica che però a Zaia glielo deve dire e l’assessore arrestato risponde che lunedì o martedì in Giunta glielo dirà. 

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