“Non rendiamo altri interrogatori e facciamo un’operazione all’aorta…”. Può apparire surreale, come idea per saltare un interrogatorio, ma questo avevano proposto gli avvocati Longo e Rubini, soci dello studio Ghedini, a Piergiorgio Baita, l’imprenditore ora che sta raccontando il sistema Mose agli inquirenti. A rivelarlo è lo stesso Baita: “Strutturalmente sono un iperteso – dice ai pm – però ho una pressione che è controllata dai farmaci. E ho rifiutato, nonostante la visita dei due cardiologi in carcere, di farmi operare, dicendo che non vedevo il motivo di farmi operare, per non rendere l’interrogatorio ulteriore rispetto a quello del 10, e che era mia intenzione invece rendere un interrogatorio diverso. E a quel punto mi è stato detto: ‘Beh, ma se è così allora non possiamo più difenderti perché abbiamo delle incompatibilità con delle persone'”. Questa è la versione di Baita. Anzi: l’inizio di una serie di confessioni che, da quel momento in poi, tireranno in ballo stesso avvocato Nicolò Ghedini, parlamentare di Forza Italia (e storico legale di Silvio Berlusconi) che, secondo Baita, sponsorizza l’uomo che costruirà il ‘nero’ a San Marino per il Pdl milanese. E non solo. Ricostruisce il meccanismo delle tangenti destinate all’ex ministro Altero Matteoli e gli appalti affidati su richiesta di Gianni Letta. Né Ghedini né Letta risultano indagati.
IL PDL E I FONDI EXTRA-BILANCIO PORTATI A SAN MARINO – “In quel periodo – racconta Baita – si è presentata la società Bmc, con la quale eravamo venuti in contatto per una questione di sostegno elettorale alla campagna del governatore Galan…”. La Bmc è una società sammarinese guidata da William Colombelli. Arrestato nei giorni scorsi, Colombelli è accusato di aver emesso, con la sua Bmc, fatture inesistenti per Mantovani. Secondo la Guardia di finanza il giro di false fatture, emesse dalla società di Colombelli, è superiore ai 10 milioni di euro. La Bmc – spiega Baita – non si occupa soltanto di ‘pubbliche relazioni’ ma è in grado di fare ben altro: “Loro erano in grado di retrocedere somme in nero”. Un vero e proprio ‘mestiere’, sostiene Baita, destinato a soddisfare una precisa parte politica: “Mestiere – dice l’imprenditore – che facevano normalmente per tutto l’entourage politico del Pdl milanese, allora non so se si chiamasse Forza Italia o quello che era. Tanto è vero che a quel tempo si presentarono accreditate dal segretario regionale del partito, che era l’avvocato Ghedini…”.
Siamo tra il 2005 e il 2006 e l’accordo dura fino al 2010: “Nel 2010 interrompiamo i rapporti con Bmc per una serie di motivi, prima di tutto perché San Marino entra in blacklist, quindi diventa difficile anche la gestione stessa amministrativa del rapporto, secondo perché il signor Colombelli cominciava a evidenziare già atteggiamenti ricattatori molto spinti, sia nei confronti nostri, sia nei confronti dei suoi chiamiamoli sponsor politici, e quindi il rapporto cominciava a diventare molto pericoloso…”. Ma torniamo ai primi incontri. Baita ribadisce al pm: “Il ruolo della società di Colombelli come un’organizzazione in grado di fare una provvista di fondi extrabilancio, attività che Colombelli a me direttamente ha affermato di fare da qualche anno per conto di Forza Italia a Milano… l’accredito principale che poi è stato quello che ci ha spinto ad avvalerci dei servizi dell’organizzazione di Colombelli era quello dell’onorevole Ghedini”.
LA CARTIERA DEL PARTITO E IL FATTORE FIDUCIA – “C’era stato fatto presente direttamente dal governatore Galan che c’era un malessere da parte della segreteria del partito regionale perché con tutti i soldi che il partito aveva convogliato sul Consorzio Venezia Nuova la segreteria del partito non aveva visto niente, sospettando che il presidente Galan intercettasse tutto a monte. E quindi il Presidente Galan ha detto: ‘Se date l’incarico a Bmc mi risolvete anche un problema di rapporto col mio partito'”. “Io Ghedini non l’ho mai incontrato..”, continua Baita, “ne ho parlato con l’ingegner Mazzacurati, manifestando il disappunto presunto di Ghedini sui comportamenti del Consorzio…”. “Disappunto – chiede il pm – per il fatto che i soldi andavano non al partito ma alle tasche di Galan?”. “Non al partito, sì, sì”, risponde Baita, “di questo ebbi anche una specifica sollecitazione dalla dottoressa Minutillo che si recò allo studio di Ghedini per verificare, ricavandone la conferma, che è il motivo poi per cui abbiamo incominciato a intrattenere i rapporti con l’organizzazione di Colombelli”. “Colombelli – insiste il pm – quindi viene presentato come uomo di fiducia del segretario di partito?”. “Assolutamente, totalmente”, replica Baita, “non c’è stato il minimo dubbio”. “Non so se era cartiera pura o una cartiera indiretta – continua Baita – però non cambia niente, anche se fosse stata una cartiera impura”. “Sì”, continua il pm, “ma intendo dire: in realtà lui (Colombelli, ndr) vi viene messo là, vi viene consegnato, vi viene dato… Cioè il segretario del partito sapeva benissimo che la Bmc… faceva per voi?”. “Dottore”, conferma Baita, “non c’è il minimo dubbio. Da quando ho dato l’incarico a Bmc io non ho più avuto richieste, né da Galan né dal partito. Finché ho avuto rapporto con Bmc non ho avuto nessun tipo di richiesta ulteriore dal partito, da Galan. Quindi davo per assolutamente certo il fatto che Bmc intrattenesse i suoi rapporti di soddisfazione col partito”.
I DUE MILIONI ANTICIPATI AL GOVERNATORE – Ma Colombelli non intende interrompere i rapporti. Dice di aver anticipato 2 milioni a Galan – attraverso passaggi con la Fondazione Mbc e Claudia Minutillo, segretaria dell’ex governatore – e ne pretende la restituzione. Poi viene cacciato “brutalmente dallo studio di Ghedini” e invita lo stesso Galan a sistemare i suoi conti a San Marino: “Quando nel 2010 ho interrotto i rapporti – continua Baita – Colombelli disse: ‘gli ho anticipato oltre due milioni di euro, quelli me li restituite’. Dico: ‘guarda che io non ho niente a che vedere con i soldi che tu hai anticipato alla Minutillo’. Colombelli non si è mai dato per vinto fino all’ultimo, ha cercato di avere gli ulteriori due milioni e mezzo, però che fosse abbastanza vero l’ho intuito quando Colombelli, avendo avuto la richiesta di una rogatoria a San Marino sulle prestazioni Bmc, mi disse, tramite la Minutillo, che aveva cercato di mettersi in contatto urgente con l’onorevole Ghedini, che l’aveva estromesso dallo studio brutalmente, che aveva cercato un contatto con Galan che non glielo dava e che riferissimo al presidente Galan che era urgente che lui andasse a San Marino a sistemare i suoi conti”.
Interrogato dai pm, Colombelli, racconta che attraverso Galan ottiene anche un’importante carica: “Conosco il presidente Giancarlo Galan, e per la presentazione ufficiale tra i due governi, per questo accordo, sono stato nominato console a disposizione della Repubblica di San Marino sul Veneto, con una delibera apposta per la Regione Veneto. Quindi ufficialmente fino a due giorni fa avevo questa nomina…”.
MATTEOLI, AN E LA TANGENTE DAL 6,5 AL 7,5% – I soldi? “Erano per Matteoli e per il partito di An“. È il 17 giugno 2013 quando Piergiorgio Baita, che ha guidato la Mantovani spa fino al suo arresto avvenuto il 28 febbraio 2013, ricostruisce ai pm il patto tra Matteoli e il ‘grande burattinaio’ Giovanni Mazzacurati, per trenta anni alla guida del Consorzio Nuova Venezia. Il ‘papà del Mose’, ora accusato di aver fatto lievitare di oltre un miliardo di euro l’opera, dissipato in tangenti e consulenze agli amici: un euro ogni cinque bruciato in favori. E i favori che fanno a Matteoli costano cari: affida fondi del ministero al Consorzio in cambio di una percentuale da versare all’azienda di Erasmo Cinque, suo uomo di fiducia che poi, stando alla ricostruzione contenuta nelle oltre 109 mila pagine dell’inchiesta sul Mose, girava a Matteoli una parte di quanto riceveva “senza mai operare fra l’altro”.
Per Cinque “la tangente era prima del 6,5% e poi è lievitata al 7,5%“, ricostruisce Baita ai pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini. Il rapporto tra Matteoli e Mazzacurati comincia nel 2003, quando l’allora esponente di An è ministro dell’ambiente e dà il via libera al cosiddetto ‘protocollo Marghera’, un patteggiamento ambientale: i proprietari delle aree contaminate versavano una sorta di condono al ministero che con quei soldi avrebbe dovuto poi procedere alla messa in sicurezza delle aree. Edison, Eni ed Enel pagarono oltre 600 milioni di euro nelle casse del ministero dell’Ambiente. Matteoli che fa? Chiama l’amico Mazzacurati, racconta Baita, per “decidere come spendere quei soldi”. Potrebbe impiegarli “facendo il progetto, le gare, gli appalti, oppure può fare, come in realtà ha poi fatto, un accordo di programma con il magistrato alle acque per inserire quei fondi come lavori aggiuntivi sui lavori del Consorzio”. Magistrato delle acque, fa un inciso Baita, “che suggerisce e fa nominare sempre Matteoli”, sia Cuccioletta sia il suo successore D’Alessio.
L’accordo è semplice da chiudere e vantaggioso per il Consorzio, perché si garantisce fondi e lavori senza neanche dover partecipare a gare, ma la condizione per chiudere la pone il ministro: “Che i lavori venissero affidati all’impresa Socostramo di Cinque, impresa che in primo momento non poteva avere i lavori perché, non essendo socia del Consorzio, non poteva essere direttamente assegnataria; pertanto i lavori sono stati assegnati a Fisia Impregilo, al quale poi noi siamo subentrati, con il vincolo di subappaltarli a Cinque”. Poi in uno dei tanti giri di scatole vuote, prosegue Baita, “Fisia riceve fuori quota, cioè fuori dal piano di riparto del Consorzio, questi lavori e li subappalta a Cinque e a Mantovani perché Mantovani ha i requisiti per la bonifica, Cinque non ha niente, però lo prendiamo (…) e ci risubappalta la sua parte di lavori in cambio di una percentuale fissa”. Questo 6,5% è la tangente, sintetizzano i pm. “Fino al 2003-2004”, precisa Baita perché poi Matteoli ha altre richieste e oltre a Cinque vuole inserire altre persone. Prima “Vittadello per il lavori di Napoli” poi quando diventa “ministro delle Infrastrutture deve aver litigato con Cinque perché presenta un altro signore, un certo Gualterio Masini di una ditta Teseco, che si propone di liberare il Consorzio dalla presenza di Cinque”. Il magistrato chiede: “Di eliminare la tangente?””Baita: “No, no. Di eliminare Erasmo Cinque, non la tangente (…) quella rimane”. Perché, aggiunge, “il Consorzio, invece di dare i lavori a Cinque, dà l’incarico a Teseco di fare questo progetto per 7 milioni e mezzo (…) solo che Masini probabilmente… non gira tutto quello che deve girare, perché dopo un po’ Matteoli si fa di nuovo vivo (…) con Mazzacurati sempre, Mazzacurati è l’unico che ha rapporti diretti con Matteoli e dice che bisogna riprendere Erasmo Cinque. E così avviene, e riprendiamo il meccanismo fino al 2010-2011”. Però Cinque aumenta la percentuale di un punto: dal 6,5 al 7,5%. Non solo, ma “credo che Colombelli abbia fatto anche una consegna di 400 mila euro direttamente a Cinque a Roma”.
Baita spiega di aver avuto una frequentazione assidua con Cinque quindi il pm gli chiede se lui gli ha mai parlato del destinatario finale di queste somme. Baita risponde: “Erano per Matteoli e per il partito di An, ma tutti quanti abbiamo sempre avuto il dubbio che ci facesse una importante cresta”. Il magistrato insiste: “Diciamo che Erasmo Cinque ammetteva che, avendo ricevuto questo benefit dal ministro, era lui alla fine, il suo partito, il destinatario della somma?” Baita: “Non c’è dubbio. La cosa è stata ancora più evidente quando c’è stata la nomina del presidente Cuccioletta, che è stato un uomo indicato da Matteoli”. Così come il suo successore D’Alessio. “Venne indicato da Cinque in contrasto con Mazzacurati, che voleva Balducci invece. Ma è stato in quell’occasione che Cinque per Mazzacurati è stato un filtro insormontabile verso Matteoli”. I magistrati si stupiscono: “Non è riuscito ad arrivare tramite Gianni Letta?” “Ci ha provato, però in quel momento mi pare che Letta gli avesse consigliato di non inasprire il rapporto politico con Matteoli”.
I FAVORI RICHIESTI DAL DOTTOR GIANNI – Mazzacurati, infatti, aveva un rapporto privilegiato con Gianni Letta. Lo sanno i pm e lo ribadisce anche Baita che, anche in questo caso, ricostruisce nel dettaglio la rete di uomini e società soddisfatte per “operare alcuni favori richiesti dal dottor Letta a Roma” (…) “subappalti dati a ditte richieste dal dottor Letta”. Il ‘doge’ dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio era l’ingegnere Mazzi della Fincosit. Ricorda Baita: “Mazzi mi diceva ‘siccome io ho un rapporto troppo diretto con Letta, è meglio che glielo dai tu il subappalto a queste ditte’, in particolare un certo Cerami, che io non conosco”. Una società in particolare crea persino malumore tra i soci, la Technital “perché Technital nella vita del Consorzio ha avuto incarichi per oltre 120 milioni di euro di progettazioni” e il Consorzio opera così “rimettendoci dei soldi”. Baita ricorda di essersene lamentato con Mazzi “che mi ha sempre detto ‘parlane con Mazzacurati, ti spiega”. Lui va: “Mi ha detto ‘non rompermi le scatole che va bene così'”.
Da Il Fatto Quotidiano del 10 giugno 2014
LA SMENTITA DI GHEDINI: “GRAVI DIFFAMAZIONI”
L”avvocato Niccolò Ghedini precisa che nella vicenda Mose, “non vi è alcuna indagine nei miei confronti” e “non è stata ritenuta alcuna incompatibilità con la difesa dell’onorevole Galan nello stesso procedimento. È evidente che per la portata gravemente diffamatoria degli articoli si procederà nelle sedi competenti”. “Se dovesse essere provato, ma è impossibile, che un solo euro mi fosse pervenuto per la mia attività politica per la quale, è fatto notorio, ho sempre pagato personalmente, sono pronto a dimettermi immediatamente da senatore”.
Quanto al presente articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, dà “correttamente conto che non vi è alcuna indagine nei miei confronti”, ma “si afferma che Colombelli sarebbe stato il mio ‘uomo nero’ e che vi fosse anche un collegamento con il Presidente Berlusconi. Ovviamente – replica l’avvocato – così non è. Con il signor Colombelli che mai ho accreditato e che ha causalmente conosciuto a casa mia la signora Minutillo, con cui ha intrapreso un autonomo rapporto, vi è stata in anni lontani una frequentazione trattandosi di persona gradevole, simpatica e con la comune passione per i motori. Ma non vi era con questi nessun collegamento né politico né economico come risulta dagli stessi atti di indagine”.
Aggiornato dalla redazione web alle 12,30
Giustizia & Impunità
Mose, “fondi neri destinati al Pdl milanese costituiti da uomo indicato da Ghedini”
Nei verbali dell'ex presidente di Mantovani il racconto di un giro di soldi milionario imperniato sulla "cartiera" sanmarinese Bmc di William Colombelli. Con litigio finale sui "due milioni anticipati a Galan". "Tangenti anche per Matteoli e An". Le presunte raccomandazioni di Gianni Letta. La replica di Ghedini: "Diffamazioni"
“Non rendiamo altri interrogatori e facciamo un’operazione all’aorta…”. Può apparire surreale, come idea per saltare un interrogatorio, ma questo avevano proposto gli avvocati Longo e Rubini, soci dello studio Ghedini, a Piergiorgio Baita, l’imprenditore ora che sta raccontando il sistema Mose agli inquirenti. A rivelarlo è lo stesso Baita: “Strutturalmente sono un iperteso – dice ai pm – però ho una pressione che è controllata dai farmaci. E ho rifiutato, nonostante la visita dei due cardiologi in carcere, di farmi operare, dicendo che non vedevo il motivo di farmi operare, per non rendere l’interrogatorio ulteriore rispetto a quello del 10, e che era mia intenzione invece rendere un interrogatorio diverso. E a quel punto mi è stato detto: ‘Beh, ma se è così allora non possiamo più difenderti perché abbiamo delle incompatibilità con delle persone'”. Questa è la versione di Baita. Anzi: l’inizio di una serie di confessioni che, da quel momento in poi, tireranno in ballo stesso avvocato Nicolò Ghedini, parlamentare di Forza Italia (e storico legale di Silvio Berlusconi) che, secondo Baita, sponsorizza l’uomo che costruirà il ‘nero’ a San Marino per il Pdl milanese. E non solo. Ricostruisce il meccanismo delle tangenti destinate all’ex ministro Altero Matteoli e gli appalti affidati su richiesta di Gianni Letta. Né Ghedini né Letta risultano indagati.
IL PDL E I FONDI EXTRA-BILANCIO PORTATI A SAN MARINO – “In quel periodo – racconta Baita – si è presentata la società Bmc, con la quale eravamo venuti in contatto per una questione di sostegno elettorale alla campagna del governatore Galan…”. La Bmc è una società sammarinese guidata da William Colombelli. Arrestato nei giorni scorsi, Colombelli è accusato di aver emesso, con la sua Bmc, fatture inesistenti per Mantovani. Secondo la Guardia di finanza il giro di false fatture, emesse dalla società di Colombelli, è superiore ai 10 milioni di euro. La Bmc – spiega Baita – non si occupa soltanto di ‘pubbliche relazioni’ ma è in grado di fare ben altro: “Loro erano in grado di retrocedere somme in nero”. Un vero e proprio ‘mestiere’, sostiene Baita, destinato a soddisfare una precisa parte politica: “Mestiere – dice l’imprenditore – che facevano normalmente per tutto l’entourage politico del Pdl milanese, allora non so se si chiamasse Forza Italia o quello che era. Tanto è vero che a quel tempo si presentarono accreditate dal segretario regionale del partito, che era l’avvocato Ghedini…”.
Siamo tra il 2005 e il 2006 e l’accordo dura fino al 2010: “Nel 2010 interrompiamo i rapporti con Bmc per una serie di motivi, prima di tutto perché San Marino entra in blacklist, quindi diventa difficile anche la gestione stessa amministrativa del rapporto, secondo perché il signor Colombelli cominciava a evidenziare già atteggiamenti ricattatori molto spinti, sia nei confronti nostri, sia nei confronti dei suoi chiamiamoli sponsor politici, e quindi il rapporto cominciava a diventare molto pericoloso…”. Ma torniamo ai primi incontri. Baita ribadisce al pm: “Il ruolo della società di Colombelli come un’organizzazione in grado di fare una provvista di fondi extrabilancio, attività che Colombelli a me direttamente ha affermato di fare da qualche anno per conto di Forza Italia a Milano… l’accredito principale che poi è stato quello che ci ha spinto ad avvalerci dei servizi dell’organizzazione di Colombelli era quello dell’onorevole Ghedini”.
LA CARTIERA DEL PARTITO E IL FATTORE FIDUCIA – “C’era stato fatto presente direttamente dal governatore Galan che c’era un malessere da parte della segreteria del partito regionale perché con tutti i soldi che il partito aveva convogliato sul Consorzio Venezia Nuova la segreteria del partito non aveva visto niente, sospettando che il presidente Galan intercettasse tutto a monte. E quindi il Presidente Galan ha detto: ‘Se date l’incarico a Bmc mi risolvete anche un problema di rapporto col mio partito'”. “Io Ghedini non l’ho mai incontrato..”, continua Baita, “ne ho parlato con l’ingegner Mazzacurati, manifestando il disappunto presunto di Ghedini sui comportamenti del Consorzio…”. “Disappunto – chiede il pm – per il fatto che i soldi andavano non al partito ma alle tasche di Galan?”. “Non al partito, sì, sì”, risponde Baita, “di questo ebbi anche una specifica sollecitazione dalla dottoressa Minutillo che si recò allo studio di Ghedini per verificare, ricavandone la conferma, che è il motivo poi per cui abbiamo incominciato a intrattenere i rapporti con l’organizzazione di Colombelli”. “Colombelli – insiste il pm – quindi viene presentato come uomo di fiducia del segretario di partito?”. “Assolutamente, totalmente”, replica Baita, “non c’è stato il minimo dubbio”. “Non so se era cartiera pura o una cartiera indiretta – continua Baita – però non cambia niente, anche se fosse stata una cartiera impura”. “Sì”, continua il pm, “ma intendo dire: in realtà lui (Colombelli, ndr) vi viene messo là, vi viene consegnato, vi viene dato… Cioè il segretario del partito sapeva benissimo che la Bmc… faceva per voi?”. “Dottore”, conferma Baita, “non c’è il minimo dubbio. Da quando ho dato l’incarico a Bmc io non ho più avuto richieste, né da Galan né dal partito. Finché ho avuto rapporto con Bmc non ho avuto nessun tipo di richiesta ulteriore dal partito, da Galan. Quindi davo per assolutamente certo il fatto che Bmc intrattenesse i suoi rapporti di soddisfazione col partito”.
I DUE MILIONI ANTICIPATI AL GOVERNATORE – Ma Colombelli non intende interrompere i rapporti. Dice di aver anticipato 2 milioni a Galan – attraverso passaggi con la Fondazione Mbc e Claudia Minutillo, segretaria dell’ex governatore – e ne pretende la restituzione. Poi viene cacciato “brutalmente dallo studio di Ghedini” e invita lo stesso Galan a sistemare i suoi conti a San Marino: “Quando nel 2010 ho interrotto i rapporti – continua Baita – Colombelli disse: ‘gli ho anticipato oltre due milioni di euro, quelli me li restituite’. Dico: ‘guarda che io non ho niente a che vedere con i soldi che tu hai anticipato alla Minutillo’. Colombelli non si è mai dato per vinto fino all’ultimo, ha cercato di avere gli ulteriori due milioni e mezzo, però che fosse abbastanza vero l’ho intuito quando Colombelli, avendo avuto la richiesta di una rogatoria a San Marino sulle prestazioni Bmc, mi disse, tramite la Minutillo, che aveva cercato di mettersi in contatto urgente con l’onorevole Ghedini, che l’aveva estromesso dallo studio brutalmente, che aveva cercato un contatto con Galan che non glielo dava e che riferissimo al presidente Galan che era urgente che lui andasse a San Marino a sistemare i suoi conti”.
Interrogato dai pm, Colombelli, racconta che attraverso Galan ottiene anche un’importante carica: “Conosco il presidente Giancarlo Galan, e per la presentazione ufficiale tra i due governi, per questo accordo, sono stato nominato console a disposizione della Repubblica di San Marino sul Veneto, con una delibera apposta per la Regione Veneto. Quindi ufficialmente fino a due giorni fa avevo questa nomina…”.
MATTEOLI, AN E LA TANGENTE DAL 6,5 AL 7,5% – I soldi? “Erano per Matteoli e per il partito di An“. È il 17 giugno 2013 quando Piergiorgio Baita, che ha guidato la Mantovani spa fino al suo arresto avvenuto il 28 febbraio 2013, ricostruisce ai pm il patto tra Matteoli e il ‘grande burattinaio’ Giovanni Mazzacurati, per trenta anni alla guida del Consorzio Nuova Venezia. Il ‘papà del Mose’, ora accusato di aver fatto lievitare di oltre un miliardo di euro l’opera, dissipato in tangenti e consulenze agli amici: un euro ogni cinque bruciato in favori. E i favori che fanno a Matteoli costano cari: affida fondi del ministero al Consorzio in cambio di una percentuale da versare all’azienda di Erasmo Cinque, suo uomo di fiducia che poi, stando alla ricostruzione contenuta nelle oltre 109 mila pagine dell’inchiesta sul Mose, girava a Matteoli una parte di quanto riceveva “senza mai operare fra l’altro”.
Per Cinque “la tangente era prima del 6,5% e poi è lievitata al 7,5%“, ricostruisce Baita ai pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini. Il rapporto tra Matteoli e Mazzacurati comincia nel 2003, quando l’allora esponente di An è ministro dell’ambiente e dà il via libera al cosiddetto ‘protocollo Marghera’, un patteggiamento ambientale: i proprietari delle aree contaminate versavano una sorta di condono al ministero che con quei soldi avrebbe dovuto poi procedere alla messa in sicurezza delle aree. Edison, Eni ed Enel pagarono oltre 600 milioni di euro nelle casse del ministero dell’Ambiente. Matteoli che fa? Chiama l’amico Mazzacurati, racconta Baita, per “decidere come spendere quei soldi”. Potrebbe impiegarli “facendo il progetto, le gare, gli appalti, oppure può fare, come in realtà ha poi fatto, un accordo di programma con il magistrato alle acque per inserire quei fondi come lavori aggiuntivi sui lavori del Consorzio”. Magistrato delle acque, fa un inciso Baita, “che suggerisce e fa nominare sempre Matteoli”, sia Cuccioletta sia il suo successore D’Alessio.
L’accordo è semplice da chiudere e vantaggioso per il Consorzio, perché si garantisce fondi e lavori senza neanche dover partecipare a gare, ma la condizione per chiudere la pone il ministro: “Che i lavori venissero affidati all’impresa Socostramo di Cinque, impresa che in primo momento non poteva avere i lavori perché, non essendo socia del Consorzio, non poteva essere direttamente assegnataria; pertanto i lavori sono stati assegnati a Fisia Impregilo, al quale poi noi siamo subentrati, con il vincolo di subappaltarli a Cinque”. Poi in uno dei tanti giri di scatole vuote, prosegue Baita, “Fisia riceve fuori quota, cioè fuori dal piano di riparto del Consorzio, questi lavori e li subappalta a Cinque e a Mantovani perché Mantovani ha i requisiti per la bonifica, Cinque non ha niente, però lo prendiamo (…) e ci risubappalta la sua parte di lavori in cambio di una percentuale fissa”. Questo 6,5% è la tangente, sintetizzano i pm. “Fino al 2003-2004”, precisa Baita perché poi Matteoli ha altre richieste e oltre a Cinque vuole inserire altre persone. Prima “Vittadello per il lavori di Napoli” poi quando diventa “ministro delle Infrastrutture deve aver litigato con Cinque perché presenta un altro signore, un certo Gualterio Masini di una ditta Teseco, che si propone di liberare il Consorzio dalla presenza di Cinque”. Il magistrato chiede: “Di eliminare la tangente?””Baita: “No, no. Di eliminare Erasmo Cinque, non la tangente (…) quella rimane”. Perché, aggiunge, “il Consorzio, invece di dare i lavori a Cinque, dà l’incarico a Teseco di fare questo progetto per 7 milioni e mezzo (…) solo che Masini probabilmente… non gira tutto quello che deve girare, perché dopo un po’ Matteoli si fa di nuovo vivo (…) con Mazzacurati sempre, Mazzacurati è l’unico che ha rapporti diretti con Matteoli e dice che bisogna riprendere Erasmo Cinque. E così avviene, e riprendiamo il meccanismo fino al 2010-2011”. Però Cinque aumenta la percentuale di un punto: dal 6,5 al 7,5%. Non solo, ma “credo che Colombelli abbia fatto anche una consegna di 400 mila euro direttamente a Cinque a Roma”.
Baita spiega di aver avuto una frequentazione assidua con Cinque quindi il pm gli chiede se lui gli ha mai parlato del destinatario finale di queste somme. Baita risponde: “Erano per Matteoli e per il partito di An, ma tutti quanti abbiamo sempre avuto il dubbio che ci facesse una importante cresta”. Il magistrato insiste: “Diciamo che Erasmo Cinque ammetteva che, avendo ricevuto questo benefit dal ministro, era lui alla fine, il suo partito, il destinatario della somma?” Baita: “Non c’è dubbio. La cosa è stata ancora più evidente quando c’è stata la nomina del presidente Cuccioletta, che è stato un uomo indicato da Matteoli”. Così come il suo successore D’Alessio. “Venne indicato da Cinque in contrasto con Mazzacurati, che voleva Balducci invece. Ma è stato in quell’occasione che Cinque per Mazzacurati è stato un filtro insormontabile verso Matteoli”. I magistrati si stupiscono: “Non è riuscito ad arrivare tramite Gianni Letta?” “Ci ha provato, però in quel momento mi pare che Letta gli avesse consigliato di non inasprire il rapporto politico con Matteoli”.
I FAVORI RICHIESTI DAL DOTTOR GIANNI – Mazzacurati, infatti, aveva un rapporto privilegiato con Gianni Letta. Lo sanno i pm e lo ribadisce anche Baita che, anche in questo caso, ricostruisce nel dettaglio la rete di uomini e società soddisfatte per “operare alcuni favori richiesti dal dottor Letta a Roma” (…) “subappalti dati a ditte richieste dal dottor Letta”. Il ‘doge’ dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio era l’ingegnere Mazzi della Fincosit. Ricorda Baita: “Mazzi mi diceva ‘siccome io ho un rapporto troppo diretto con Letta, è meglio che glielo dai tu il subappalto a queste ditte’, in particolare un certo Cerami, che io non conosco”. Una società in particolare crea persino malumore tra i soci, la Technital “perché Technital nella vita del Consorzio ha avuto incarichi per oltre 120 milioni di euro di progettazioni” e il Consorzio opera così “rimettendoci dei soldi”. Baita ricorda di essersene lamentato con Mazzi “che mi ha sempre detto ‘parlane con Mazzacurati, ti spiega”. Lui va: “Mi ha detto ‘non rompermi le scatole che va bene così'”.
Da Il Fatto Quotidiano del 10 giugno 2014
LA SMENTITA DI GHEDINI: “GRAVI DIFFAMAZIONI”
L”avvocato Niccolò Ghedini precisa che nella vicenda Mose, “non vi è alcuna indagine nei miei confronti” e “non è stata ritenuta alcuna incompatibilità con la difesa dell’onorevole Galan nello stesso procedimento. È evidente che per la portata gravemente diffamatoria degli articoli si procederà nelle sedi competenti”. “Se dovesse essere provato, ma è impossibile, che un solo euro mi fosse pervenuto per la mia attività politica per la quale, è fatto notorio, ho sempre pagato personalmente, sono pronto a dimettermi immediatamente da senatore”.
Quanto al presente articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano, dà “correttamente conto che non vi è alcuna indagine nei miei confronti”, ma “si afferma che Colombelli sarebbe stato il mio ‘uomo nero’ e che vi fosse anche un collegamento con il Presidente Berlusconi. Ovviamente – replica l’avvocato – così non è. Con il signor Colombelli che mai ho accreditato e che ha causalmente conosciuto a casa mia la signora Minutillo, con cui ha intrapreso un autonomo rapporto, vi è stata in anni lontani una frequentazione trattandosi di persona gradevole, simpatica e con la comune passione per i motori. Ma non vi era con questi nessun collegamento né politico né economico come risulta dagli stessi atti di indagine”.
Aggiornato dalla redazione web alle 12,30
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.