Il nuovo ad di Poste Italiane, Francesco Caio, fa melina sui tempi della quotazione in Borsa del 40% del gruppo. Negli auspici del Tesoro (oggi azionista al 100%), la privatizzazione dovrebbe avvenire entro l’anno portando nelle casse pubbliche almeno 4 miliardi. L’ex ad di Avio e commissario per l’Agenda digitale vuole però procedere solo dopo aver chiuso la partita del rinnovo della concessione con Cassa depositi e prestiti e i dossier che coinvolgono la Ragioneria generale dello Stato e l’Agcom per il servizio universale. Dopo la riunione del cda che si è svolta martedì mattina, infatti, Caio ha diffuso una nota che sottolinea come, “vista la dimensione e la complessità del gruppo e i tempi che sono stati necessari per altre privatizzazioni, le scadenze rappresentano una grande sfida”. Sfida “a cui non intendiamo sottrarci”, si precisa subito dopo, spiegando come sia stato “creato un team dedicato al coordinamento delle molte attività da completare prima della quotazione” e sia già pronta “una prima tabella di marcia per i prossimi mesi”.
Ma, prosegue la nota, trattandosi di “un progetto di grande rilevanza strategica e finanziaria per il Paese”, la quotazione “va realizzata al meglio nell’interesse dell’azionista Stato, dei futuri investitori e di tutto il Paese per le ricadute finanziarie, industriali e di immagine che avrà anche sui mercati internazionali”. L’interpretazione che ne dà Il Sole 24 Ore di mercoledì è che l’amministratore delegato vuol prendere tempo. Per cercare di arrivare a Piazza Affari non solo con in mano il nuovo piano industriale, che “sarà presentato nelle prossime settimane”, ma soprattutto avendo chiuso nella maniera più favorevole possibile alcuni dossier “in cui il gruppo è impegnato con le sue controparti istituzionali: la Cassa Depositi e Prestiti; la Ragioneria Generale dello Stato; l’Agcom”.
La convenzione con Cdp e il nodo delle commissioni – La partita più calda è quella che riguarda il rinnovo dell’accordo con la Cassa depositi e prestiti per la raccolta del risparmio postale, che oggi ammonta a circa 318 miliardi. Il nodo è l’ammontare delle commissioni che le Poste ricevono da Cdp per collocare presso i propri clienti i libretti e i Buoni fruttiferi emessi dalla società guidata da Franco Bassanini. Il testo preparato quando sulla poltrona di ad sedeva ancora Massimo Sarmi prevede che l’accordo abbia stavolta durata quinquennale (il precedente era triennale) e, sul fronte del “quantum”, mette l’asticella a quota 1,6 miliardi l’anno, pari a una volta e mezzo l’utile netto di Poste Italiane nel 2012. Ma la firma non è arrivata e il confronto va avanti. Nel frattempo la vecchia convenzione, scaduta, è stata prorogata.
Per il “servizio universale” chiesti 700 milioni all’anno – Per quanto riguarda la Ragioneria generale dello Stato, in ballo ci sono invece – riporta Il Sole – i crediti vantati da Poste con il Tesoro, che valgono circa 1 miliardo e per i quali si sta valutando una transazione. L’Autorità garante per le comunicazioni sta poi lavorando alla quantificazione dei costi del servizio universale, cioè le somme che le Poste ricevono per recapitare lettere e pacchi anche nei paesi di montagna più sperduti e in tutte le isole. La società, considerato anche che i ricavi da questo tipo di attività sono costantemente in calo, ha chiesto un rimborso di 700 milioni per il 2011 e altrettanto per il 2012, ma l’Agcom ha proposto nei giorni scorsi una nuova metodologia di calcolo – il documento è ora in consultazione – e potrebbe decidere che la cifra da riconoscere è molto inferiore.
Con Alitalia “possibili sinergie”. Ulteriori investimenti saranno valutati “sulla base di un’attenta analisi dei ritorni” – Caio, dunque, prende tempo. Rischiando di scontentare Pier Carlo Padoan. E per ora concentra l’attenzione su “una forte operazione di rilancio” di alcune aree di attività, come il settore pacchi in cui ha perso terreno nonostante sia un comparto in crescita. Quanto ad Alitalia, in cui Poste ha investito lo scorso anno 75 milioni, l’ad ha detto che “l‘interesse di Poste Italiane è legato alle sinergie industriali e commerciali, soprattutto nel settore della logistica”, e “l’alleanza di Alitalia con un partner industriale crea le premesse per un suo rafforzamento”. Ma l’ad non ha chiuso la porta all’ipotesi di investire nuove risorse nella compagnia in trattativa con Etihad: “Ogni ulteriore investimento sarà valutato sulla base di un’attenta analisi dei ritorni economici e finanziari associati al piano industriale, della struttura societaria dell’accordo e della valorizzazione della nostra quota azionaria. Questi elementi sono in via di definizione e il nostro CdA li valuterà appena saranno disponibili”.