Il 41 per cento rischia di finire già in un baule polveroso. Renzi chiede strada, fa rimuovere dalla commissione Affari costituzionali del Senato i senatori che si volevano mettere di traverso (Mario Mauro, Corradino Mineo e Vannino Chiti) e il Pd diventa di nuovo una polveriera. Quattordici senatori si sono autosospesi dal gruppo parlamentare. E’ stata “un’epurazione delle idee non ortodosse” ed è una “palese violazione della nostra Carta fondamentale – dice uno di loro, l’ex sindaco di Brescia Paolo Corsini – Chiediamo dunque alla presidenza gruppo parlamentare un chiarimento”. Ma il presidente del Consiglio Matteo Renzi non ci sta: “E’ stupefacente – dice ai suoi, di ritorno dalla missione in Oriente – che Mineo parli di epurazione”. E aggiunge che il Pd è davanti a un bivio, “non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo”. Tra gli autosospesi ci sono oltre a Corsini, Massimo Mucchetti, Vannino Chiti, Felice Casson, Nerina Dirindin, Erica D’Adda, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, lo stesso Mineo, Walter Tocci, Lucrezia Ricchiuti e Renato Turano. A loro, poche ore più tardi, si è aggiunto anche Francesco Giacobbe. “La sospensione – ha spiegato tra l’altro Casson – è stata decisa in vista dell’assemblea del gruppo di martedì prossimo, dove discuteremo tutti insieme dell’accaduto”. In tutto i senatori del Pd sono 108. Il capogruppo Luigi Zanda ha chiamato Chiti per organizzare un incontro con gli “autosospesi” che verosimilmente sarà programmato tra lunedì e martedì prossimi.
Pippo Civati paragona la rimozione di Mineo all'”editto bulgaro”. “E’ una decisione di Renzi – osserva – che Zanda ha immediatamente eseguito, perché oggi lo stesso premier l’ha rivendicata dalla Cina. A volte queste cose venivano dalla Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici”. “Chi non si adegua – prosegue il deputato – viene cacciato” e “questa è la linea dei gruppi parlamentari di maggioranza al Senato“. Poi avverte Renzi: “Se pensa di portare a Berlusconi lo scalpo di Mineo e di Chiti, fa un errore di valutazione: il testo Boschi passerebbe in commissione, ma non in aula, dove le perplessità riemergerebbero, a maggior ragione dopo l’umiliazione costituzionale di ieri”.
Lotti: “Siamo democratici, non anarchici” – La replica dei renziani di governo è di chi ha il coltello dalla parte del manico. “Il processo delle riforme va avanti, non si può fermare per dieci senatori”, taglia corto il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. La sostituzione di Mineo “è una decisione del gruppo – aggiunge – E’ da lì che, martedì in assemblea, arriveranno le spiegazioni”. “Nessuno ha chiesto loro di autosospendersi – conclude – Dovranno essere loro a decidere se far parte del processo di riforme o fare una scelta diversa”. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti aggiunge: “13 senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori e non possono bloccare le riforme che hanno chiesto gli italiani. Ci aspettavamo 20 persone, sono solo 13. Mineo ha tradito l’accordo con il gruppo. Siamo un partito democratico, non anarchico“. Ma Massimo Mucchetti non ci sta: “Il ministro Boschi e il sottosegretario Lotti schierano 12 milioni di voti come se fossero 12 milioni di baionette (riferimento a un noto discorso di Mussolini, ndr) contro i 13 senatori dissidenti del Pd. Non viene loro il dubbio di sparare con il cannone contro le rondini? La sproporzione della reazione nasconde la povertà degli argomenti“. L’ex vicedirettore del Corriere della Sera è il più duro: “Che noia sentir ripetere sempre gli stessi ritornelli, mandati a memoria. Renzi, che si riserva il gusto della battuta, si propone come l’uomo dei voti contro i veti. Peccato che non voglia far votare ai cittadini il nuovo Senato, ma riservarne la composizione alle burocrazie dei partiti. Il generale Boschi e il colonnello Lotti, poi – prosegue – non si rendono conto che l’epurazione dei senatori Chiti e Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali contrasta con lo spirito del regolamento del gruppo Pd e con la logica”. Nel frattempo è stata annullata la riunione della commissione che si sarebbe dovuta tenere oggi, 12 giugno, anche in attesa che ci sia un nuovo incontro (il terzo) tra Renzi e Silvio Berlusconi.
Lo stesso Chiti però parla così: “Mi sento in un momento imbarazzante, non è normale quello che avviene nel partito. Il confronto su temi importanti non può avvenire mettendo sotto i piedi l’articolo 67 della Costituzione – afferma in un intervista a Effetto Giorno, su Radio24 – Nel partito mi ci sento bene. Da qui se vogliono mi cacciano. Ho contribuito a realizzarlo, certo lo sognavo in un modo un po’ diverso, penso che dovrebbe migliorare, ha una grande potenzialità come dimostra il 40%, ma non può essere un partito plebiscitario-autoritario. Vede quando Lotti parla dei 12 milioni di cittadini, i 12 milioni hanno votato per le Europee. Se si dà un colpo alla rappresentanza e al ruolo dei gruppi parlamentari e si ritenesse che contano solo da una parte le primarie, dall’altra una sorta di centralismo autoritario allora vedo il rischio di una deriva plebiscitaria”.
I 25 ‘facilitatori’ Pd: “Autosospensione, scelta sbagliata” – “Sul caso intervengono anche Camilla Fabbri, Francesco Russo, Massimo Caleo, Stefano Vaccari, Rosanna Filippin e Stefano Esposito, alcuni dei 25 senatori ‘facilitatori’ che nelle scorse settimane erano intervenuti per chiedere al governo profondi cambiamenti nella bozza di legge costituzionale. “La scelta dell’autosospensione da parte dei nostri colleghi – dicono – ci stupisce: è un gesto che manda un segnale sbagliato, non aiuta le riforme e mette a rischio il lavoro di mediazione e di miglioramento del testo base da cui si è partiti in commissione. Nessuno in questi mesi ha mai impedito il confronto e la critica – sottolineano – chi dice il contrario è smentito dai verbali delle nostre assemblee e da decine di pagine di giornali e di interviste televisive”. Poi si rivolgono “ai tredici senatori, ma soprattutto a Corradino Mineo” per ricordare loro “che in una comunità si accettano le decisioni della maggioranza e con senso della responsabilità si prende atto che tenere in scacco una riforma significa rischiare di tenere in scacco l’intero paese solo perché si crede pregiudizialmente di avere ragione”.
Mineo: “Renzismo-leninismo è grave” – Lo scontro è aperto. “Informiamo il ministro Boschi – replica Mineo parlando a Radio Radicale – che noi facciamo parte del processo di riforme e che è stata lei a privilegiare il suo orgoglio e la sua vanità, perché dopo 28 ore di dibattito in Senato, con la riforma a portata di mano, con le opposizioni che davano ragione a Matteo Renzi su questioni fondamentali come la fine del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari e dei costi, la legge di bilancio solo alla Camera, invece di tener conto di questo e di far fare alla senatrice Anna Finocchiaro una relazione che partisse dal testo Boschi-Renzi migliorandolo in qualche punto, ha chiesto e ottenuto che si tornasse al testo-base”. A Radio Popolare, in precedenza, aveva detto di apprezzare il “Renzi politico” perché “penso sia una risorsa ma il renzismo-stalinismo è grave. Non era mai successo che si violasse così l’articolo 67 della Costituzione. Da parte mia nessun veto, la mia colpa è quella di aver detto che i colonnelli di Renzi, Boschi, Zanda e Finocchiaro hanno gravemente danneggiato il progetto di riforma del Senato voluto dallo stesso governo”. L’articolo 67 è composto di 16 parole: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. “Abbiamo perso le opposizioni – continua Mineo – abbiamo dato al senatore della Lega Roberto Calderoli la possibilità di rappresentare il dibattito parlamentare (e infatti la sua mozione è stata approvata con il concorso del senatore di Popolari per l’Italia Mario Mauro). E allora chiedo: chi è che paralizza le riforme? Le riforme vengono paralizzate dall’atteggiamento maldestro e dall’assenza di gioco di squadra di alcuni collaboratori del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Non certo da me e da Vannino Chiti”.
Il dibattito nel Pd – Ora la frattura può avere effetti già sabato prossimo, 14 giugno, quando è in programma l’assemblea nazionale del partito. “Sulla posizione assunta dai 13 colleghi, faremo esprimere l’Assemblea nazionale sabato ed i senatori martedì. In democrazia contano i numeri, non i veti – anticipa il renziano Andrea Marcucci – Abbiamo discusso per mesi. Il testo del governo non è stato blindato ma si è cercato un accordo ampio nel partito, nella maggioranza e tra le forze politiche dell’opposizione. Chiedo a Mineo, Chiti e agli altri di sottoporre la loro posizione ai militanti del Pd e poi la prossima settimana ai loro colleghi di gruppo, che sono 107. “Mi auguro che dopo queste votazioni, il loro dissenso possa rientrare. In caso contrario sono naturalmente liberi di decidere”. Ma per Stefano Fassina “è un errore politico che indebolisce il governo. In questo caso, di fronte all’atteggiamento contrario da parte di alcuni senatori si doveva, anche faticosamente, arrivare ad un chiarimento politico. Ora spero che questi tredici colleghi ottengano la chiarezza che chiedono la prossima settimana. Personalmente non sono d’accordo con tutte le posizioni che gli autosospesi portano avanti”, ma “non è questo il punto. Tanto più ora che il patto con Berlusconi sembra piuttosto evanescente”. A replicare è la vicesegretaria Debora Serracchiani: “Il partito – dice – è un luogo di confronto ma lì, dopo il confronto, si assumono decisioni nell’interesse del Paese e, sia pur nell’assenza del vincolo di mandato, nelle aule parlamentari ci si deve sforzare di esprimere una posizione univoca”.
M5s, Di Maio dopo la sostituzione di Mineo: “Non accetto lezioni dal Pd” – E quando meno te lo aspetti, il Pd incassa il sostegno di un deputato dei Cinque Stelle. “Non difendo Mineo e Chiti. Ma non accetto lezioni dal Pd” scrive a caratteri cubitali su twitter il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, difendendo di fatto la linea adottata dal Pd sull’allontamento dei due democratici dalle commissioni. “Sulla questione della sostituzione di Mineo e Chiti da parte del Pd nella commissione affari costituzionali del Senato, dobbiamo essere intellettualmente onesti – chiarisce – e analizzare i fatti per quello che sono: se in un partito o gruppo parlamentare la linea politica si decide a maggioranza e successivamente in parlamento un membro del gruppo vota in dissenso, addirittura rischiando con il suo voto di sabotare la linea decisa dalla maggioranza dei suoi colleghi, è giusto che vengano presi provvedimenti. Al di là del merito della votazione (in questo caso la riforma vergognosa della Costituzione)”.
Aggiornato da Redazione web alle 13 del 13 giugno 2014