“Ignoto 1”, il killer di Brembate di Sopra, l’assassino di Yara Gambirasio, ha un volto e un nome. Il presunto assassino si chiama Massimo Giuseppe Bossetti, ha 44 anni, tre figli. Prelevato da casa e interrogato in caserma, non ha risposto a nessuna delle domande del pm: ha sostanzialmente respinto le accuse, dicendosi “sereno” come ha riferito l’avvocato d’ufficio Silvia Gazzetti. L’annuncio della svolta, in una delle indagini più difficili della storia giudiziaria degli ultimi anni, è stato dato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Le forze dell’ordine, d’intesa con la magistratura, hanno individuato l’assassino di Yara Gambirasio“. All’uscita dalla caserma una decina di persone ha urlato contro l’uomo: “Bastardo. Devi morire”. Agli investigatori, che lo stavano portando in carcere, la folla ha invece riservato un applauso. Il pm Letizia Ruggeri, contattata dal FattoQuotidiano.it per un commento, mantiene il massimo riserbo: “Prima di diffondere altri dettagli sull’inchiesta, aspettiamo la convalida del Gip”.
Fermato in base alla Dna, dopo tampone alla madre. Bossetti è stato individuato grazie al test del Dna. La conferma della sovrapponibilità del profilo genetico di Ignoto 1 e del presunto killer è arrivata domenica sera agli inquirenti, dopo un normale controllo stradale durante il quale è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna del sospettato che è risultato “perfettamente coincidente” con quello trovato sugli slip di Yara.
A Bossetti, incensurato, si è arrivati dopo che gli inquirenti hanno individuato la madre, una delle donne che aveva avuto una storia con l’autista Giuseppe Guerinoni, morto nel ’99 a 61 anni, il cui Dna era stato prelevato dopo la riesumazione e cui era riconducibile il profilo genetico trovato sugli slip di Yara. Il cerchio intorno a Bossetti ha iniziato a stringersi quando alla donna, che aveva avuto una relazione con l’autista, è stato fatto il tampone. I test sono stati ripetuti due volte per avere la certezza che lei fosse la madre di Ignoto 1 e Guerinoni il padre. All’anziana i carabinieri erano arrivati sulla base di alcune voci di paese che le avevano attribuito una frequentazione negli anni Sessanta con Giuseppe Guerinoni. Per individuare l’assassino di Yara in questi anni sono stati prelevati oltre 18mila campioni genetici e non solo in provincia di Bergamo.
La caccia all’uomo seguendo un profilo genetico. Solo lo scorso 10 aprile era arrivata la conferma inequivocabile che gli investigatori avevano il Dna del killer della tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010. Della ragazzina si erano perse le tracce nelle vicinanze della palestra che frequentava per gli allenamenti. Il suo cadavere era stato ritrovato tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in località Bedeschi a Chignolo d’Isola, al confine con il comune di Madone (Bergamo). Morta per le ferite e per il freddo dopo un tentativo di violenza sessuale.
Gli inquirenti: “La compatibilità non lascia dubbi”. Per gli inquirenti a massacrare la giovanissima ginnasta è stato lui: il materiale genetico prelevato a Bosetti ha una compatibilità del 99,99999987% di quel profilo genetico con una macchia di sangue trovata sul corpo della vittima. L’omicida s’era ferito con un coltellino, forse nel tentativo di tagliarle gli slip. Il risultato, che fugava ogni dubbio sulla validità degli accertamenti precedenti, era stato ottenuto con il raffronto eseguito dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo. Gli investigatori hanno anche sequestrato una Volvo station wagon e un furgoncino Peugeot Ranch di colore chiaro.
Tra le piste il cellulare e la polvere di calce Secondo quanto è stato possibile apprendere, nel provvedimento di fermo si contesterebbe il fatto che il cellulare di Bossetti è risultato tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove è stato trovato il cadavere, nell’ora in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Quindi l’uomo si trovava proprio lì, in un raggio di spazio sufficientemente circoscritto, nel momento in cui Yara veniva ammazzata. Inoltre Bossetti è un muratore e questo ha contribuito ad addensare i sospetti su di lui. Le indagini si sono infatti concentrate, in particolare, su chi all’epoca lavorava nel mondo dell’edilizia: questo a causa delle polveri di calce trovate sul corpo e, soprattutto, nelle vie respiratorie di Yara.
Oltre tre anni di indagini senza tregua di carabinieri e polizia. Da oltre tre anni e mezzo polizia e carabinieri, coordinati dalla Procura di Bergamo, cercavano di risalire all’autore dell’omicidio, ma invano. All’autista, padre del killer, gli inquirenti erano arrivati confrontando il Dna dell’omicida con i tanti campioni prelevati ai frequentatori di una discoteca di Chignolo, la più vicina al campo dov’era stato trovato il corpo di Yara. Uno dei profili genetici era infatti simile a quello di “Ignoto 1” e, analizzando tutti i parenti del giovane, si era giunti a Giuseppe Guerinoni e all’ipotesi del figlio illegittimo. Tutte le altre piste – dalle celle telefoniche alle telecamere, dal cantiere di Mapello (dove inizialmente portò il fiuto dei cani) a Mohammed Fikri (il marocchino indagato prima per omicidio e poi per favoreggiamento, la cui posizione è stata archiviata lo scorso agosto) – non avevano portato ad alcun risultato concreto.
Il sindaco di Brembate: “Atto dovuto alla famiglia”. “Se è vero siamo felici, era un atto dovuto alla famiglia e a tutta la comunità – ha detto il sindaco di Brembate Sopra – da quando è scomparsa da casa, a Brembate, e da quando è stata trovata uccisa a Chignolo Po (Bergamo), attendevamo questo momento. Ringrazio tutti quelli che hanno messo tante risorse in campo per arrivare a questo risultato”.
Il parroco: “Spero non prevalga vendetta”. “Penso a questa persona. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti – dice don Corinno Scotti, il parroco di Brembate – questa comunità in questi anni è stata molto matura. Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta. Il papà di Yara mi ha detto che se lei è morta è perché noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara sia stata e continui a essere un dono per la nostra comunità. Ho tirato un sospiro di sollievo ma ancora non so nulla di preciso”, dice. “Proprio quindici giorni fa abbiamo inaugurato qui in oratorio un monumento in ricordo di Yara che ho voluto chiamare stele di luce. Perché comunque andrà a finire questa dolorosa vicenda Yara è così che deve essere ricordata: come un dono, un dono prezioso”.
Il premier Matteo Renzi si è complimentato con il capo della Polizia, Alessandro Pansa, e con il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l’impegno dei loro uomini e per la grande sinergia nelle indagini. “L’Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera. Può passare del tempo o può finirci subito. Ma questo è il destino che attende i criminali. Oggi, due successi che dedichiamo ai familiari delle vittime e agli italiani onesti”, ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, riferendosi anche al’omicidio di Motta Visconti.