Sette anni fa la Rai lo allontanò per lesa maestà pittorica.
Domenica 22 giugno Dario torna in tv, su Rai1, alle 21,25, e recita Francesco, lo Santo Jullare, dedicato addirittura al nuovo Papa e Il Fatto mi chiede di raccontare cosa succede a mio padre…
In effetti ce n’è da scrivere, perché di cose ne stanno succedendo più d’una e io credo di essere abbastanza informato sui fatti.
Innanzitutto mio papà è diventato papista. Delle 12 cose che io pensavo non potessero succedere a mio padre questa era solo un pelo sotto la sua nomina a Presidente della Repubblica (nomina che l’avrebbe costretto a presenziare a sfilate di carri armati! Atto per lui fisiologicamente impossibile). E non si può dargli dell’incoerente voltagabbana. Il problema non è Dario. È il Papa che all’improvviso gli ha preso questa smania di fare il cristiano.
Un Papa che fa fuori i vertici corrotti della finanza vaticana! Roba da fantascienza!
Un Papa che telefona a Carlo Petrini per complimentarsi per il progetto “10.000 orti per l’Africa” e poi lo invita a fare quattro chiacchiere in Vaticano. Che poi Petrini si mette a raccontare a mio padre tutto quel che si sono detti con il Papa…
Francesco è uno dei testi più incisivi e poetici di mio padre. Quando debuttò, una ventina di anni fa, lasciò stupito persino il recensore di Civiltà Cattolica. Dario non aveva mai affrontato nel suo racconto la questione della fede e del mistero dell’esistenza. Questione rilevante anche per gli atei, perché non credere nell’esistenza di un Dio barbuto e onnipotente non vuol dire che quando ci si alza la mattina non si resti stupiti per la clamorosa bellezza di tutto quel che esiste.
E con Francesco Dario riesce a raccontare questo in modo meraviglioso. È uno spettacolo che sprizza gioia e stupore.
Ma questa è solo la parte più importante della storia.
Ce n’è un’altra che interessa la cronaca minuta delle piccolezze umane (di persone emotivamente lese alle quali sfugge ogni mistero emozionante).
Dario torna in Rai dopo sette anni per via che osò proporre uno spettacolo che raccontava, tra l’altro, che Giotto non è l’autore dei dipinti della basilica superiore di Assisi.
Al tempo stava realizzando una serie di spettacoli sui grandi pittori italiani e tutto andava bene. Arrivati a Giotto io stavo organizzando le riprese proprio di fronte alla basilica, con il consenso dei frati francescani, che ben sanno chi ha dipinto cosa, perché c’hanno le fatture.
E la Rai partecipava agli incontri entusiasta.
Poi il vescovo di Assisi disse, in perfetto stile Bonifacio, qualche cosa tipo: non si possono deludere le convinzioni del popolo. I frati dovettero fare atto di sottomissione, il sindaco si genuflesse, la Rai scomparve. Lo spettacolo dovemmo farlo a Perugia, ancora in mano ai comunisti. Realizzammo a nostre spese le riprese, ancora illusi dai sorrisi Rai. Ma poi non andò in onda. Da quel giorno niente più Rai per una condanna non pronunciata ma non meno efficace. Dario e Franca da allora hanno girato 10 spettacoli e ripreso un formidabile corso di teatro in 20 puntate. Ma solo ora, e forse per miracolo papale, potrete vedere di nuovo Dario in tv.
Ma attenti: è proprio un miracolo. Una tantum. Anche perché alcuni in Rai sono convinti che il teatro in prima serata non funzioni e prospettano ascolti disastrosi al 3% (cioè una volta e mai più).
A meno che non si sparga la voce e almeno un paio di milioni di persone guardino il Dario. Con uno share al 10% forse si potrebbe ridiscutere la questione… Ma c’è il problema Auditel. Come sai certe trasmissioni sono penalizzate dai sistemi di rilevamento basati su criteri markettizzati… Per questo stiamo invitando gli amici a guardare la trasmissione via computer perché Internet non mente e se guardi la trasmissione si vede… Cioè diventa una specie di voti ogni volta che guardi la tv…
E sennò pazienza… Ormai siamo abituati. È un tira e molla che va avanti da 50 anni. Dentro la tv, fuori dalla tv…
Nel 1962 Franca e Dario erano talmente famosi che la Rai decise di affidar loro Canzonissima. C’erano solo due canali e solo una lotteria all’anno. E la lotteria era abbinata a Canzonissima. E ai miei viene in mente di fare sketch che parlano della vita degli italiani. I testi vengono approvati dai vertici Rai, poi dalla censura, (esisteva proprio una commissione di Stato che aveva il compito di censurare!)
Ma quando va in onda il pianto di una madre che vede il figlio ucciso dalla mafia, e quando si racconta di un muratore che precipita da un’impalcatura scoppia il putiferio. Canzonissima è la trasmissione più vista, a Milano i taxi smettono di circolare il sabato sera e i bar sono gremiti di telespettatori (la tv in casa era un lusso…).
Era l’Italia nella quale la mafia era un tabù. E Malagodi, allora segretario del partito liberale e poi diventato senatore a vita (!!!!) protesta in Parlamento dicendo: “Due guitti insultano l’onore del popolo siciliano sostenendo l’esistenza di un’organizzazione criminale chiamata mafia”.
Così i vertici Rai iniziano a censurare i pezzi di Dario e Franca pochi minuti prima di andare in onda. E alla settima puntata i due decidono per protesta di abbandonare la trasmissione.
Seguono un decennio di processi per danni, che i miei perdono, le minacce della mafia con la mia condanna a morte scritta col sangue e io che andavo a scuola con i carabinieri, e 15 anni di totale assenza dai teleschermi. Ovviamente, nessuna possibilità di continuare a fare gli spot di Carosello. Punizione ultima: la distruzione di tutte le registrazioni degli spettacoli di Franca e Dario, compresi 6 testi teatrali e 11 puntate della rivista: “Chi l’ha visto”.
E quando i due guitti ritornano alla fine degli anni ’70 è di nuovo scandalo con la giullarata su Bonifacio XIII.
Seguono 30 anni di tira e molla, di muro morbido. Poi di nuovo l’interruzione totale per sette anni e ora il ritorno…
PS
Quando il signor Marzullo mi invita al suo programma racconto questa storia di censure.
Oggi in rete ci sono tutte le puntate di Marzullo. Ma quella dove io racconto le miserie censorie della Rai NON C’È!
Ho scritto più volte a Marzullo protestando senza risposta. Qui la trovate, comunque.