Traditi dall’arbitro, da Balotelli, dalle scelte di Prandelli. E dalla cabala. C’era un precedente storico per la partita decisiva di stasera: Italia-Slovacchia. Fatale agli azzurri di Marcello Lippi in Sudadrica, giocata quattro anni fa esattamente nello stesso giorno: il 24 giugno. Che da oggi, con lo 0-1 contro l’Uruguay, diventa la data delle brucianti eliminazioni mondiali della nazionale.
Nella scorsa edizione, se possibile, il percorso dell’Italia fu ancor più disastroso: eliminata dopo tre partite senza vittorie, in un girone davvero abbordabile. Dopo i pareggi contro Paraguay e Nuova Zelanda, il colpo di grazia allora arrivò per mano dei carneadi della Slovacchia, alla loro unica partecipazione in Coppa del Mondo. Finì 3-2 e fu la fine di un’era: addio a Lippi e a un certo modo di fare calcio, dentro Prandelli, con le sue idee di bel gioco e possesso palla a centrocampo. I risultati si sono visti a Euro 2012, adesso il calcio italiano è di nuovo al punto di partenza. Anzi, torna indietro di quasi cinquant’anni: non capitava da Cile ’62 e Inghilterra ’66 che la nazionale uscisse al primo turno in due edizioni di fila.
Un epilogo triste, che l’esordio vittorioso contro l’Inghilterra proprio non lasciava presagire. La partita contro il Costa Rica (quella che poi davvero è risultata decisiva ai fini dell’eliminazione) pareva poco più d’una formalità. E invece anche qui gli almanacchi avrebbero suggerito maggior prudenza: la secondo partita nei gironi delle competizioni internazionali è sempre stata un ostacolo insormontabile per gli azzurri. Non la vinciamo da Euro 2000, quando la nazionale allenata da Dino Zoff si impose 2-0 sui padroni di casa del Belgio. Poi solo risultati negativi: nel 2002 1-2 contro la Croazia, tra il 2004 e il 2012 sempre 1-1 (rispettivamente contro Svezia, Stati Uniti, Romania, Nuova Zelanda e Croazia).
Col Costa Rica abbiamo fatto anche peggio, con quello 0-1 che ci ha mandato allo spareggio odierno contro l’Uruguay, aprendo la strada all’eliminazione. E sempre ad affidarsi ai corsi e ricorsi della storia, era già scritto anche il futuro di Cesare Prandelli: 1950 Novo-Bardelli, 1954 Czeizler, 1962 Ferrari-Mazza, 1966 Fabbri, 1974 Valcareggi, 2010 Lippi. Quando l’Italia è uscita al primo turno in un’edizione del mondiale, il ct ha sempre lasciato il suo incarico. Tendenza confermata anche agli Europei, con Giovanni Trapattoni nel 2004 e Arrigo Sacchi nel ’96. Il tecnico di Orzinuovi aveva dalla sua un contratto fresco di rinnovo. Ma non è bastato: è prevalsa l’amarezza e il senso di fallimento per un’eliminazione davvero bruciante. Prandelli si è dimesso, vittima della scaramanzia e della maledizione del 24 giugno. Ma che non diventi un alibi in più per questa nazionale.