Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato i due decreti legge, varati dal Consiglio dei ministri del 13 giugno scorso, inerenti alla riforma della pubblica amministrazione. Uno ingloberebbe le misure sulla semplificazione della Pubblica amministrazione e sull’anticorruzione, che investono Raffaele Cantone di più ampi poteri. L’altro invece interesserebbe misure che riguardano ambiente, agricoltura e sviluppo. Dopo l’intervento del Quirinale il decreto “Semplificazione e crescita” viene diviso in due. Il primo pacchetto approvato dal consiglio dei ministri, di cui si era persa traccia da una decina di giorni, era composto da circa 130 articoli e ora sarà separato in due diversi testi: Pubblica amministrazione e semplificazione da una parte, sviluppo e competitività. Come spiega l’agenzia politica Public Policy, che è in possesso della bozza che riguarda la Pubblica amministrazione, sono 53 gli articoli di una delle due bozze. I due testi, secondo Public Policy, potrebbero essere pubblicati tra domani 25 giugno e giovedì in Gazzetta ufficiale (il governo vorrebbe già domani). Il Colle ha anche chiesto che il pacchetto anticorruzione (che contiene le norme sui poteri speciali da affidare al presidente dell’Authority, Raffaele Cantone) viaggi su un binario riservato rispetto alle norme sull’agricoltura e l’ambiente. Tra i temi su cui sono state chieste modifiche – secondo quanto apprende l’agenzia – ci sono le norme previdenziali da applicare ai magistrati, che comportano l’uscita a 70 anni e quindi – potenzialmente – il pensionamento di alcuni vertici di molti uffici giudiziari. Come nella precedente bozza, anche il nuovo provvedimento contiene misure per gli incarichi direttivi ai magistrati, per il turnover, la mobilità dei dipendenti pubblici, le assunzioni nelle Authority, distaccamenti sindacali, nomine dei dipendenti nelle società partecipate, censimento delle partecipate statali. Sul fronte della semplificazione, nella nuova bozza sono state inserite le norme sui moduli standard, le prescrizioni medicinali e le camere di commercio.
Mobilità obbligatoria fino a 50 km
Secondo la bozza del decreto Pa, sono state confermate le norme sulla mobilità obbligatoria dei dipendenti pubblici: le Pubbliche amministrazioni potranno ricoprire posti vacanti mediante passaggio diretto di dipendenti entro 50 chilometri dalla sede originaria. Quindi la mobilità potrà essere disposta presso unità produttive “collocate a una distanza non superiore ai 50 chilometri dalla sede in cui il dipendente è adibito nei cinque anni successivi alla prima assegnazione e a ciascun trasferimento che abbia comportato uno spostamento superiore a 5 chilometri”. La prima versione del decreto prevedeva che i trasferimenti dei dipendenti potevano essere disposti presso unità produttive diverse collocate oltre i 50 ed al di sotto dei 100 chilometri di distanza da quella cui il lavoratore è adibito.
Permessi dimezzati e distacchi sindacali, norma posticipata di un mese
Posticipata di un mese l’entrata in vigore della norma che dimezza i permessi e i distacchi sindacali nella Pubblica amministrazione. Quindi la norma prevede che i distacchi, le aspettative e i permessi sindacali sono ridotti del 50% per ogni organizzazione sindacale. Il provvedimento avrà effetto dal 1° settembre di quest’anno e non più dal 1° agosto, come previsto in un primo momento.
No a magistrati in incarichi dirigenziali
I magistrati amministrativi, ordinari, contabili e militari non potranno ricoprire incarichi dirigenziali nella Pubblica amministrazione facendo ricorso all’istituto della aspettativa. In un primo momento, il provvedimento prevedeva che tutti i magistrati non potessero ricoprire incarichi dirigenziali nelle Pubbliche amministrazioni.
Invariata la norma sulla soppressione del trattenimento in servizio
Rimane invariata la norma sulla soppressione del trattenimento in servizio, cioè la possibilità per i dipendenti pubblici di rimanere al lavoro per altri due anni oltre l’età della pensione e per cinque anni, dai 70 ai 75 anni, per i magistrati. L’articolo 1, già presente nelle precedenti versione del decreto, fissa termini diversi per l’entrata in vigore della norma: le toghe over 70 in posizioni apicali (magistrati ordinari, amministrativi e contabili in “funzioni direttive o semidirettive” o incarichi dirigenziali) potranno restare in servizio fino al 31 dicembre 2015. Questo per “salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari”, in difficoltà con gli organici. Un “regime transitorio” per evitare che gli uffici direttivi degli organi della magistratura o dei tribunali si ritrovassero con sedi vacanti. Per gli altri casi della Pa, il limite è invece il 31 ottobre 2014. Quindi, a quanto si legge, non sono state recepite le richieste (arrivate anche dal Quirinale) di far entrare in vigore la soppressione a partire dal 2017.
Cantone non sarà commissario dell’Autorità per gli appalti
Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, non sarà il commissario dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici: nell’ultima bozza del decreto, di cui Public Policy è in possesso, viene infatti disposta l’immediata soppressione dell’Avcp, con il passaggio immediato dei poteri di vigilanza a Cantone. Nella bozza si legge: “L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è soppressa ed i relativi organi decadono a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. “I compiti e le funzioni svolte dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sono trasferiti all’Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza che è ridenominata Autorità nazionale anticorruzione”. Anche nell’ultima versione però rimane l’impegno per Cantone di presentare, entro il 31 dicembre 2014, al presidente del Consiglio dei ministri un piano per il riordino dell’Autorità, che contempla: il trasferimento definitivo delle risorse umane, finanziarie e strumentali, necessarie per lo svolgimento delle funzioni; la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti; la riduzione delle spese di funzionamento non inferiore al venti per cento.
Nella bozza si legge anche che in aggiunta ai compiti che ora sono dell’Avcp, l’Anac “riceve notizie e segnalazioni di illeciti; salvo che il fatto costituisca reato, applica una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a 1.000 euro e non superiore nel massimo di 10mila euro, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento”. Viene anche disposto che “le somme versate a titolo di pagamento delle sanzioni amministrative restano nella disponibilità dell’Autorità nazionale anticorruzione e sono utilizzabili per le proprie attività istituzionali” e che le funzioni sono svolte “con le risorse umane, strumentali e finanziarie della soppressa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”.
Confermato taglio del premio agli avvocati dello Stato
Confermato il calo dal 75% al 10% del premio per la vittoria dei processi per gli avvocati dello Stato. Quindi, la bozza di dl prevede che gli avvocati dipendenti dello Stato non avranno più diritto ad alcun onorario quando il giudice compensa le spese. E nel caso invece di cause vinte con liquidazione della parcella ai legali del vincitore, l’onorario sarà ridotto al 10%.