Annullate dalla Corte dei Conti di Roma la delibera della Sezione regionale di controllo, che contestava ai partiti eletti in Regione Emilia Romagna di aver speso in maniera “irregolare”, nel 2013, 150.876 euro, soldi pubblici. A comunicarlo sono gli stessi presidenti dei gruppi consiliari di viale Aldo Moro, con una nota congiunta: “La Corte dei Conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, convocata il 25 giugno a Roma, ha accolto il ricorso presentato dai 9 gruppi assembleari e annullato la deliberazione numero 120/2014 adottata dalla Sezione regionale dell’Emilia Romagna, con la quale era stata chiusa la procedura di controllo sui rendiconti 2013. Così come ha annullato la deliberazione numero 94/2014 con la quale la Sezione regionale aveva in un primo tempo chiesto ai Gruppi giustificazioni in merito alle spese contestate”. Tra le delibere cancellate dai magistrati contabili romani rientra anche quella che al consigliere del Movimento 5 stelle Andrea Defranceschi era costata l’uso del simbolo del Movimento: 22.000 euro che, lo stesso capogruppo a 5 Stelle aveva dichiarato di aver speso per pagare due contratti di collaborazione, per prestazioni effettivamente erogate.
“Accogliamo certo con favore l’esito del ricorso – affermano i capigruppo di viale Aldo Moro – tuttavia riteniamo necessario esprimere ogni altra valutazione nel momento in cui saranno disponibili le motivazioni del pronunciamento”, la cui pubblicazione dovrebbe avvenire nelle prossime ore. “Questa vittoria non è solo mia, ma di tutto il Movimento, dimostra che amministrare con responsabilità, e cura, e soprattutto con onestà, si può”, commenta anche Defranceschi, che ora spera di essere reintegrato al più presto da Beppe Grillo, già informato della sentenza della Corte dei Conti. La scomunica, del resto, era scattata successivamente alla richiesta, avanzata dalla Sezione regionale, di restituire quei 22.000 euro che secondo i giudici contabili sarebbero stati spesi in maniera “irregolare”, ma fin da subito, aveva precisato Grillo, quel giorno a Bologna, sul palco di piazza San Francesco, per il tour elettorale, era temporanea. Finché, insomma, Defranceschi non fosse riuscito a chiarire la sua situazione.
Di aver agito in maniera regolare, tuttavia, l’ex capogruppo regionale a 5 Stelle, il solo grillino rimasto in viale Aldo Moro dopo che il collega Giovanni Favia era stato espulso a causa di un fuorionda in cui criticava Grillo e Gianroberto Casaleggio, guru dei 5 stelle, Defranceschi si era sempre detto certo. “La Corte dei conti vorrebbe chiedermi la restituzione di un anno di stipendio di due persone che hanno lavorato – aveva spiegato il consigliere a l Fattoquotidiano.it, annunciando il ricorso, poche ore prima di venire scomunicato dal leader del Movimento 5 Stelle – questo è l’ennesimo sfregio di una burocrazia che non distingue il valore del lavoro dal furto. Lo so, in Italia c’è il vizio di pagarti (forse) 90 giorni dopo. Io invece ho pagato gli stipendi anticipatamente per il lavoro fondamentale che quelle persone già mi stavano fornendo. Se dovrò pagare di tasca mia due contratti di persone che si fanno il mazzo (perdonate il termine ma rende il nostro modus operandi) perché ho anticipato i loro stipendi per il rischio che rimanessero senza, lo farò. Ma non prima di aver fatto ricorso al Tar, visto che i due contratti di lavoro sono già stati accertati, documentati, legalmente ammessi dalla normativa regionale, approvati dai revisori dei conti, da una sentenza della Corte costituzionale, nonché dalla mia personale consulente del lavoro”.
Motivazioni che non erano bastate a scongiurare la sospensione, “la Corte dei conti dell’Emilia Romagna chiede a tutti i partiti della regione di restituire 150mila e 876 euro di spese effettuate nel 2013, considerate irregolari dai giudici contabili – aveva scritto Grillo sul suo blog – a seguito di questa richiesta formale della Corte dei conti il consigliere regionale Defranceschi è sospeso dal M5S e diffidato a utilizzarne il simbolo. Il M5S ha grande rispetto della Corte dei conti e se si viene sanzionato si chiede scusa e ci si autosospende”, ma che oggi il capogruppo regionale impugna come una bandiera.
“Quando gli si imputa di aver commesso un’irregolarità, un rappresentante a 5 Stelle chiede spiegazioni, si sottopone a controlli, ci mette la faccia e se sbaglia, come ero pronto a fare, paga in prima persona – sottolinea – sicuro come sono sempre stato, non solo della mia buona fede, e del lavoro più che corretto e professionale svolto dai miei collaboratori, ma soprattutto dell’attenzione e della cura che riserverei ai miei figli con la quale ho gestito e continuo a gestire il patrimonio pubblico, spero che la mia vicenda possa servire da esempio per tutti i nuovi amministratori a 5 stelle, che incorreranno loro malgrado, difficoltà e tranelli burocratici apparentemente superiori alle loro forze”.