Una vita in attesa dello scorrimento delle graduatorie, o dei concorsi che non arrivano mai. Per ottenere una cattedra ci vogliono anni, se si è fortunati. Così gli insegnanti della scuola italiana sono i più vecchi all’interno dei Paesi Ocse: addirittura 49 anni di media, contro i circa 43 delle altre nazioni; con il 50% di over 50, e l’11% sopra la soglia dei 60 anni. Situazione ancor più grave per quanto riguarda i dirigenti scolastici, per cui l’età media raggiunge addirittura i 57 anni, con il 46,5% di over 60. A certificare la senilità del personale docente italiano è il sondaggio Tails (Teaching and learning International survey) condotto dall’Ocse. I risultati sono stati divulgati negli ultimi giorni in tutti i Paesi membri dell’organizzazione, ma sorprendono poco, se si pensa a quanto successo a livello di formazione e reclutamento nella scuola italiana negli ultimi vent’anni. “Abbiamo gli insegnanti più vecchi perché ci rifiutiamo di assumere i più giovani”, spiega Marcello Pacifico, presidente del sindacato di categoria Anief. “I nostri ragazzi aspettano anni dopo la laurea senza essere messi in condizione di esercitare la professione”.
Succedeva in passato, quando c’erano le Ssis (Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) e le graduatorie, succede ancora oggi con il Tirocinio Formativo Attivo ed i concorsi. Tra il 1999, anno dell’ultimo storico Concorsone, e il 2012 sono trascorsi 13 anni senza che il Ministero promulgasse nuovi bandi: per essere assunti bisognava abilitarsi e iscriversi nelle liste, con tempi abbastanza dilatati. Poi, se possibile, la situazione è addirittura peggiorata: le graduatorie sono state chiuse nel 2006, e nell’anno accademico 2008/2009 anche l’attività delle Ssis è cessata. Per tre anni, di fatto, i neolaureati non hanno avuto alcuna possibilità di entrare nella scuola. Recentemente il Miur ha deciso la svolta, creando un nuovo percorso dal doppio binario: Tfa per la formazione, concorsi per il reclutamento. Anche qui, però, sono presto subentrati i problemi: la promessa di bandire concorsi a cadenza biennale si è rivelata impossibile da mantenere, anche per la presenza delle vecchie graduatorie da smaltire. E gli abilitati, una volta concluso il tirocinio, aspettano anche 2-3 anni prima di poter avere la possibilità di partecipare ad un concorso, e quindi sperare di essere assunti.
In più, altri due fattori hanno contribuito a rallentare il rinnovamento degli insegnanti italiani. Le ultime riforme della scuola, in nome della razionalizzazione della spesa pubblica, hanno sensibilmente ridotto il contingente del personale. “Negli ultimi sette anni, soprattutto a causa dei tagli della Gelmini, abbiamo assistito alla cancellazione di circa 200mila posti, con la riduzione dell’orario scolastico e del rapporto alunni-docenti”, afferma Pacifico.
E poi c’è un’altra riforma, che ha pesato in senso negativo: quella Fornero, che ha innalzato l’età pensionabile, con una conseguente contrazione del turnover. Il caso limite, a riguardo, è rappresentato dai cosiddetti “Quota 96”, i docenti bloccati in servizio nonostante avessero raggiunto la soglia contributiva necessaria e inoltrato già domanda per il ritiro: un pasticcio creato dalla Fornero, e per cui tutti i tentativi di rimedio si sono rivelati inutili, bloccati dalla Ragioneria di Stato. “Qui siamo al paradosso: non soltanto alziamo il limite di età, ma neghiamo la pensione persino a chi ne avrebbe maturato il diritto”, commenta il presidente dell’Anief. C’è anche un altro dato emblematico a riguardo: l’età media di 37-38 anni dei partecipanti al Tfa; a quella che in teoria dovrebbe essere la tappa immediatamente successiva alla laurea, accedono tanti professori con anni di servizio alle spalle, che non hanno trovato ancora un posto fisso. Docenti giovani in Italia esistono: solo, restano precari, se non proprio disoccupati. “Non c’è affatto da meravigliarsi – conclude Pacifico – se gli insegnanti delle scuole italiane sono i più vecchi al mondo”.
Twitter: @lVendemiale
Scuola
Docenti, ecco perché i più vecchi sono in Italia: giovani “esclusi” e niente concorsi
Secondo l'Ocse, nel nostro Paese ci sono gli insegnanti più anziani: 49 anni di media, contro i circa 43 delle altre nazioni. Il 50% è over 50, e l’11% sopra la soglia dei 60 anni. Una situazione dovuta a mancanza di turnover, graduatorie da smaltire e riforma Fornero
Una vita in attesa dello scorrimento delle graduatorie, o dei concorsi che non arrivano mai. Per ottenere una cattedra ci vogliono anni, se si è fortunati. Così gli insegnanti della scuola italiana sono i più vecchi all’interno dei Paesi Ocse: addirittura 49 anni di media, contro i circa 43 delle altre nazioni; con il 50% di over 50, e l’11% sopra la soglia dei 60 anni. Situazione ancor più grave per quanto riguarda i dirigenti scolastici, per cui l’età media raggiunge addirittura i 57 anni, con il 46,5% di over 60. A certificare la senilità del personale docente italiano è il sondaggio Tails (Teaching and learning International survey) condotto dall’Ocse. I risultati sono stati divulgati negli ultimi giorni in tutti i Paesi membri dell’organizzazione, ma sorprendono poco, se si pensa a quanto successo a livello di formazione e reclutamento nella scuola italiana negli ultimi vent’anni. “Abbiamo gli insegnanti più vecchi perché ci rifiutiamo di assumere i più giovani”, spiega Marcello Pacifico, presidente del sindacato di categoria Anief. “I nostri ragazzi aspettano anni dopo la laurea senza essere messi in condizione di esercitare la professione”.
Succedeva in passato, quando c’erano le Ssis (Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario) e le graduatorie, succede ancora oggi con il Tirocinio Formativo Attivo ed i concorsi. Tra il 1999, anno dell’ultimo storico Concorsone, e il 2012 sono trascorsi 13 anni senza che il Ministero promulgasse nuovi bandi: per essere assunti bisognava abilitarsi e iscriversi nelle liste, con tempi abbastanza dilatati. Poi, se possibile, la situazione è addirittura peggiorata: le graduatorie sono state chiuse nel 2006, e nell’anno accademico 2008/2009 anche l’attività delle Ssis è cessata. Per tre anni, di fatto, i neolaureati non hanno avuto alcuna possibilità di entrare nella scuola. Recentemente il Miur ha deciso la svolta, creando un nuovo percorso dal doppio binario: Tfa per la formazione, concorsi per il reclutamento. Anche qui, però, sono presto subentrati i problemi: la promessa di bandire concorsi a cadenza biennale si è rivelata impossibile da mantenere, anche per la presenza delle vecchie graduatorie da smaltire. E gli abilitati, una volta concluso il tirocinio, aspettano anche 2-3 anni prima di poter avere la possibilità di partecipare ad un concorso, e quindi sperare di essere assunti.
In più, altri due fattori hanno contribuito a rallentare il rinnovamento degli insegnanti italiani. Le ultime riforme della scuola, in nome della razionalizzazione della spesa pubblica, hanno sensibilmente ridotto il contingente del personale. “Negli ultimi sette anni, soprattutto a causa dei tagli della Gelmini, abbiamo assistito alla cancellazione di circa 200mila posti, con la riduzione dell’orario scolastico e del rapporto alunni-docenti”, afferma Pacifico.
E poi c’è un’altra riforma, che ha pesato in senso negativo: quella Fornero, che ha innalzato l’età pensionabile, con una conseguente contrazione del turnover. Il caso limite, a riguardo, è rappresentato dai cosiddetti “Quota 96”, i docenti bloccati in servizio nonostante avessero raggiunto la soglia contributiva necessaria e inoltrato già domanda per il ritiro: un pasticcio creato dalla Fornero, e per cui tutti i tentativi di rimedio si sono rivelati inutili, bloccati dalla Ragioneria di Stato. “Qui siamo al paradosso: non soltanto alziamo il limite di età, ma neghiamo la pensione persino a chi ne avrebbe maturato il diritto”, commenta il presidente dell’Anief. C’è anche un altro dato emblematico a riguardo: l’età media di 37-38 anni dei partecipanti al Tfa; a quella che in teoria dovrebbe essere la tappa immediatamente successiva alla laurea, accedono tanti professori con anni di servizio alle spalle, che non hanno trovato ancora un posto fisso. Docenti giovani in Italia esistono: solo, restano precari, se non proprio disoccupati. “Non c’è affatto da meravigliarsi – conclude Pacifico – se gli insegnanti delle scuole italiane sono i più vecchi al mondo”.
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.