La prova scientifica – con possibilità di errore quasi pari a zero – parla di presenze, ma non di responsabilità. Ma oltre al Dna ci sono altri indizi contro Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore accusato di aver seviziato Yara Gambirasio. Ci sono gli indizi individuati subito dopo il suo fermo come la vicinanza e la frequentazione dei luoghi, i tabulati telefonici che lo collocano nella zona di Brembate Sopra il giorno e nell’ora della scomparsa delle ragazzina nonché nei giorni precedenti, la polvere di calce nei polmoni e sulle ferite della vittima, il furgone bianco immortalato nelle immagini di una telecamera con una particolarità unica.

E ci anche sono gli indizi che gli uomini di polizia e carabinieri stanno raccogliendo dalle ore immediatamente successive all’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare quando, dopo il silenzio, l’indagato ha deciso di rispondere alle domande del giudice negando ogni responsabilità ma fornendo spiegazioni che gli investigatori stanno smontando una per una. I detective hanno raccolto le testimonianze di un centinaio di persone. 

L’uomo visto nei dintorni di casa Gambirasio da più testi. Bossetti ha raccontato di sé dicendo di essere una sorta di passista, un uomo abitudinario tutto casa e lavoro, di uscire poco e solo con la famiglia e quasi mai di sera. Ma ci sono alcuni testimoni che hanno rivelato agli inquirenti di averlo visto nei dintorni di casa Gambirasio più volte anche di sera. L’uomo non ha raccontato di incontri con gli amici o anche il fatto che due volte a settimana si facesse una doccia solare sostenendo di prendere il sole in cantiere. Ma la sua frequentazione del centro estetico a Brembate ormai è un dato certo: due volte a settimana. È arrivata – rivela il Corriere – anche una soffiata agli investigatori qualche serata in discoclub della zona. Nulla di strano se non fosse che tutti questi eventi del tutto normali siano stati tenuti nascosti dall’indagato.    

Le assenze sul cantiere, ma la moglie: “Lo escludo”. Proprio dai colleghi di cantiere gli investigatori hanno saputo di altre “bugie” riguardanti alcune assenze di Massimo Giuseppe: “Qualche volta Bossetti ci diceva che aveva da fare e se ne andava, spariva dal cantiere e no, non sappiamo dove. Uno di noi l’aveva soprannominato il ‘caciabale’, o qualche cosa del genere” racconta un muratore a La Repubblica. Dove andava? E perché un collega lo aveva soprannominato “bugiardo”? La moglie dell’indagato, Marita Comi, di queste assenze non sapeva nulla e comunque esclude che il marito si assentasse senza lei lo sapesse. Alle domande degli investigatori la donna ha risposto che era informata se il marito non andava a lavoro.  

I pc, il silenzio di Marita Comi e il profilo Facebook. Proprio la donna non ha risposto alle domande degli investigatori quando le è stato chiesto chi utilizzasse i computer, un fisso e un portatile, che adesso sono tra gli oggetti sottoposti ad analisi. “Ho seguito il caso Yara sui siti e leggendo l’Eco di Bergamo, il giornale a cui mia suocera è abbonata”: a questa abitudine è stato trovato un riscontro. Il muratore di Mapello cercava sul web notizie sul caso “con continuità” e del resto quando era emersa la notizia che il padre di Ignoto 1 era Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno che per gli inquirenti è il padre del killer, aveva chiesto alla madre se lo conoscesse. Forse, ipotizzano gli investigatori, per cercare di capire se le indagini avessero preso la strada sbagliata. L’uomo della porta accanto aveva anche un profilo Facebook: immagini di cuccioli e dei figlia, ma anche una inquietante con le mani di un uomo sui seni di una ragazzina e la scritta: “La tastiera che tutti gli uomini vorrebbero avere”.

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