Dopo mesi di dibattiti e polemiche il destino della Costa Concordia è stato deciso: il consiglio dei ministri ha avvallato in via definitiva il progetto presentato dalla compagnia, che prevede il rimorchio del relitto fino a Genova (la partenza del Giglio è prevista per il 20 luglio), dove verrà effettuato lo smaltimento. Scartato quindi lo scalo di Piombino – con manifesto disappunto del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi – che ad oggi non dispone né dei fondali né delle banchine necessarie ad accogliere ciò che resta della nave da crociera naufragata al Giglio. Nello scontro politico interno al Pd hanno invece prevalso gli esponenti liguri del partito, il governatore Claudio Burlando in testa, che avevano dalla loro – o meglio, schierati per la soluzione genovese – Costa Crociere, convinta della bontà del progetto messo a punto dal cantiere San Giorgio del Porto e da Saipem, il contractor del gruppo pubblico Eni.
L’oggetto del contendere non è ovviamente il relitto in sé, ma la commessa da oltre 100 milioni di euro che verrà affidata agli “smaltitori” del relitto e le conseguenti ricadute occupazionali. Un’occasione mancata per Piombino quindi, che tuttavia ha già ricevuto circa 100 milioni per la riqualifica del polo industriale e del porto, e una vittoria per il cluster politico-economico genovese, che a differenza della città toscana vanta un distretto della cantieristica navale con decenni di esperienza, di cui il cantiere San Giorgio del Porto, capofila del progetto sposato da Costa e alla fine approvato dal Governo, è uno dei principali esponenti. In Toscana, per stessa ammissione di Rossi, il porto non sarebbe stato pronto ad accogliere il relitto prima del prossimo settembre – quando, era l’obiezione di Costa, le condizioni meteo-marittime iniziano e peggiorare e lo spostamento dello scafo sarebbe diventato più rischioso – ma la costruzione delle altre strutture necessarie e procedere con lo smaltimento avrebbero dovuto essere terminata nei mesi successivi. Una previsione vaga (specie alla luce delle abituali tempistiche italiane), che non è mai piaciuta alla compagnia ne tantomeno ai suoi assicuratori, che devono sostenere le spese dell’operazione.
Genova dispone invece degli spazi e delle professionalità, come alla fine ha certificato l’esecutivo Renzi. E’ la stessa Costa a spiegare in una nota che le operazioni di rimorchio saranno gestite dal consorzio italoamericano Titan-Micoperi, che ha seguito fin dall’inizio la messa in sicurezza del relitto: il convoglio, composto coltre che dalla Concordia e dai rimorchiatori, anche da 10 imbarcazioni di supporto che potranno intervenire in caso di inconvenienti, viaggerà a soli 2 nodi e impiegherà 4 giorni per coprire le 190 miglia necessarie a raggiungere Genova Voltri. Una volta arrivata sotto la Lanterna, partiranno le operazioni di smaltimento vero e proprio, che si concretizzeranno in 4 fasi della durata complessiva di 22 mesi.
A Voltri verranno rimossi gli arredi interni e gli allestimenti dei ponti emersi, poi la nave sarà spostata nell’area delle riparazioni navali del porto genovese, dove verranno smantellati i ponti superiori da 14 a 2. La terza fase prevede invece l’ingresso dello scafo in un bacino di carenaggio e, una volta tirato in secca il relitto, saranno rimossi i cassoni (applicati per farlo galleggiare) e il materiale ancora presente nelle cambuse e nelle celle frigorifere. L’ultima fase, sempre in bacino, prevede infine il taglio delle lamiere dello scafo e il loro trasporto al di fuori dello scalo. A coordinare queste attività sarà appunto il cantiere San Giorgio del Porto, uno dei principali operatori a livello mediterraneo nell’ambito delle riparazioni navali e anche la prima, e fin’ora unica, azienda navalmeccanica italiana ad aver richiesto e ottenuto dal Rina la certificazione relativa al ciclo delle demolizioni navali.
Ma San Giorgio del Porto e Saipem non saranno le uniche 2 aziende a beneficiare dell’ingente afflusso di denaro, stimato in circa 100 milioni di euro, che il relitto della Concordia porterà con sé. I contratti di sub-appalto, infatti, non sono ancora stati affidati, ma il cantiere – in un comunicato – ha precisato che “l’acquisizione di questa commessa avrà importanti ricadute economiche sulle numerose aziende dell’indotto che saranno impegnate nei lavori, valorizzando la vocazione cantieristica della città di Genova e le eccellenze territoriali che operano nel comparto”. A tirare fuori i nomi delle possibili aziende in questione è stato Il Secolo XIX: secondo il quotidiano genovese saranno coinvolti i rimorchiatori locali (Rimorchiatori Riuniti) e probabilmente i lavoratori portuali della Culmv, che hanno già manifestato la loro disponibilità. Inoltre parteciperanno alle operazioni di rimozione degli arredi diverse società specializzate in allestimenti navali, e anche alcune aziende genovesi attive nei lavori subacquei. Infine, sempre secondo Il Secolo XIX, sarebbero interessati a riciclare i materiali di recupero Sepor Terrestre e Marittima e Ambienthesis per olio e batterie, Riccoboni, Santoro e altri per i rifiuti urbani e assimilabili, Petroltecnica per la gestioni dei rifiuti da demolizione e Feralpi Siderurgica e San Zeno Acciai Duferco (gruppo Duferco, dell’imprenditore ligure Antonio Gozzi) per i rottami ferrosi.