Il ministero della Difesa ha presentato – con due mesi di ritardo sui termini di legge – il nuovo Documento programmatico pluriennale del dicastero, contenente le previsioni di spesa fino al 2016. L’elaborazione del documento ha richiesto più lavoro del previsto per far quadrare i conti dopo il taglio in corsa di 400 milioni deciso nel decreto Irpef di aprile. Un piccolo ritocco che lascia alla Difesa – Carabinieri esclusi – un budget 2014 da 13,6 miliardi di euro, che sale a 15,7 miliardi con il contributo del ministero dello Sviluppo Economico ai programmi di riarmo – che quest’anno assorbono in totale 4,7 miliardi – e che arriva a sfiorare i 17 miliardi con il finanziamento delle operazioni militari all’estero a carico del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le missioni internazionali rimangono per la Difesa il principale pretesto per giustificare l’incessante corsa al riarmo. Il documento spiega che, “in relazione a interventi correlabili a un possibile impiego anche prolungato nel tempo dello strumento militare nell’ambito di operazioni internazionali” è necessario “disporre di capacità full-spectrum per interventi nell’ambito di dispositivi multinazionali in teatri operativi anche molto lontani dalla patria”, prevedendo addirittura impegni prolungati contemporanei su almeno tre fronti. Una visione interventista da superpotenza per cui l’Italia deve essere pronta a sostenere per anni due interventi militari minori tipo Libia insieme a una campagna militare con migliaia di uomini come l’Afghanistan.
Proprio riguardo alla missione di guerra in Afghanistan, che in teoria doveva concludersi con il ritiro delle truppe entro fine anno, emerge nel documento una novità di non poco conto: in base a sconosciuti accordi internazionali, l’Italia prevede di mantenere schierati al fronte ben 2mila soldati, comprese truppe da combattimento: “In armonia con le indicazioni dell’autorità politica, nel 2014 prosegue la rimodulazione in senso riduttivo del contingente nazionale schierato in Afghanistan per abbattere la presenza media annuale a circa 2mila unità: la contrazione si conseguirà mediante il ripiegamento di unità di manovra, di supporto e di addestramento a favore delle forze afgane, salvaguardando la sicurezza del contingente e le priorità concordate con gli alleati: supporto alle forze di sicurezza afgane, sicurezza degli aeroporti, trainers, unità combat“.
Tornando agli stanziamenti per l’acquisto di nuovi armamenti, il documento programmatico della Difesa prevede per quest’anno risparmi su alcuni programmi rispetto alle previsioni del Dpp 2013, ma anche maggiori finanziamenti per altri, con un saldo finale positivo per le casse dello Stato di circa 300 milioni di euro. Per i dettagli rimandiamo alla tabella. Qui ci limitiamo a osservare che il tanto reclamizzato “taglietto” al programma F35 (-176 milioni per il rinvio dei contratti 2014) si accompagna a un ben più penalizzante ridimensionamento per il programma concorrente Eurofighter (-250 milioni) che si ripeterà anche nel 2016 a differenza del programma F35, per cui sono confermati quasi 650 milioni sul 2015, che saliranno a 775 nel 2016.
Per consolare il capo di stato maggiore dell’Aeronautica, generale Pasquale Preziosa, costretto ad aspettare il prossimo anno per ricominciare a ordinare altri F35 per la sua collezione, la Pinotti ha deciso di assegnare agli altri programmi della sua arma i maggiori aumenti di stanziamento, in particolare per l’acquisto degli elicotteri da supporto truppe HH101 (+98 milioni) e degli aerei da addestramento M346 (+97 milioni), più tutta una serie di altri programmi aeronautici (+82 milioni). Se l’Aeronautica non può lamentarsi, la Marina può brindare. Venendo incontro alle richieste del capo di stato maggiore, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, e sfruttando il cinico marketing umanitario dell’operazione Mare Nostrum, la Difesa ha ottenuto dal ministero dello Sviluppo Economico uno stanziamento ventennale da 5,8 miliardi di euro per il rinnovo totale della flotta navale con nuove unità da guerra, da sbarco e da incursione, superveloci e superarmate.
Se quest’anno l’invincibile armata di De Giorgi ci costerà “solo” 40 milioni, il costo aumenterà a 150 milioni nel 2015 per poi salire nel 2016 a 290 milioni, che sarà l’ammontare standard della “tassa De Giorgi” fino al 2032. Per addolcire l’attesa dell’ammiraglio, necessaria per non dare troppo nell’occhio in periodo di vacche magre, la Difesa ha destinato ai forzieri della Marina anche un aumento dei fondi alle fregate Fremm (+38 milioni) e ad altri programmi navali minori (+31 milioni). Per non scontentare nessuno, infine, la Pinotti non poteva lasciare a bocca asciutta il capo di stato maggiore dell’Esercito, generale Claudio Graziano, al quale quest’anno sono state aumentate le dotazioni finanziarie per i programmi terrestri minori (+27 milioni) e per l’acquisto dei blindati pesanti Orso (+20 milioni) e dei 250 carri armati ruotati Freccia (+22 milioni nel 2014 e +57 nel 2015): il programma di riarmo terrestre più oneroso su base annua (il quarto in assoluto dopo Eurofighter, F35 e Fremm), anch’esso quasi integralmente a carico del ministero dello Sviluppo Economico. Il programma dei sogni dell’Esercito rimane però quello per la digitalizzazione delle truppe noto come Forza NEC: un programma da 22 miliardi di euro in vent’anni il cui solo “concept development & experimentation” costa 30 milioni l’anno, ai quali vanno aggiunti i costi annuali di tutti i programmi “C4I” (Command, Control, Communications, Computers, and Intelligence): 130 milioni quest’anno e 105 il prossimo.