Da mesi Matteo Renzi detta i tempi e fissa scadenze per arrivare entro la pausa estiva “all’approvazione delle riforme costituzionali in prima lettura al Senato” e subito dopo alla “seconda lettura della legge elettorale“, come prometteva ieri il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, ma nelle retrovie dei due maggiori attori delle riforme i malumori dilagano e nella segreteria Pd fioccano di continuo nuove ipotesi per trovare la quadra sui vari temi in ballo. Se l’immunità per i senatori, non prevista nel testo del governo, è rispuntata in un emendamento dei relatori, ora per l’Italicum viene fuori una nuova soluzione per il nodo ancora irrisolto delle preferenze. Sarebbe racchiusa in un dossier firmato dal ministro per le riforme Maria Elena Boschi che la prossima settimana – scrive il Corriere della Sera – sarà recapitato a Forza Italia e che prevede la nomina per i capolista e le preferenze per gli altri candidati, con queste ultime che riguarderebbero solo il partito vincitore. Un modo per rintuzzare gli attacchi di chi non vuole sentire parlare di liste bloccate e per accontentare l’alleato Berlusconi, alle prese con la rivolta di una parte dei suoi senatori. E nel Pd cresce il malumore, non solo tra le file della minoranza.
“Il modello Boschi – scrive il Corriere – stabilisce che i capilista di un partito scattino automaticamente con la conquista del primo seggio; di fatto sarebbero dei ‘nominati’. Gli altri candidati, invece, si disputerebbero lo scranno di Montecitorio attraverso i consensi”. “L’ho letto stamattina sui giornali e non è stato bello – spiega Sandra Zampa, deputata prodiana, vice-presidente del Pd, a IlFattoQuotidiano.it – perché in gioco ci sono temi importanti come le legge elettorale e le riforme costituzionali. Logica vorrebbe che prima si incontrino i parlamentari, si ragioni insieme e poi si avanzino proposte. Invece questo non avviene”. E’ stato deciso tutto a livello di “cerchio magico”, quindi? “Vorrei sapere da dove è uscita questa cosa, credo da Forza Italia, e bisogna vedere se è vero. Ciò non toglie che nel Pd ci sia una questione di metodo che va affrontata: prima di proporre modifiche così importanti al testo di riforma, correttezza vorrebbe che il ministro Boschi si confrontasse con il gruppo parlamentare, perché alla fine gli obiettivi verranno anche raggiunti, ma questo modo di fare le cose lascia sul terreno molte vittime. E se poi la notizia non è vera, il ministro la smentisca in via ufficiale”.
“Il metodo è sempre lo stesso, lo conosciamo – concorda Pippo Civati, capo della fronda interna al Partito Democratico – è un sistema verticistico che non tiene conto della discussione parlamentare. Ma non mi meraviglio: l’Italicum è nato così, è stato imposto da Renzi sulla base di un patto con Berlusconi i cui contenuti sono noti solo ai due contraenti. Le cose stanno così: c’è un accordo, un conseguente equilibrio da mantenere, si sa che certe cose non si possono fare e si agisce di conseguenza. Tutto ciò esclude il dibattito”.
Giornata di mal di pancia, tra le file dem, sul tema delle riforme. Aveva cominciato Miguel Gotor (“Le liste bloccate non funzionano: io parlerei di meno con Verdini e di più col Partito Democratico”), poi era stata la volta di Pierluigi Bersani (“L’Italicum va modificato, e le cose da cambiare le vede anche un bambino”), Stefano Fassina (“Occorre superare le liste bloccate) e Gianni Cuperlo (“Se licenziamo l’Italicum così com’è uscito dalla Camera, c’è il rischio di incostituzionalità”).”Si è già più volte svolto un ampio e approfondito dibattito all’interno del Pd sui temi che riguardano sia il nuovo Senato sia la riforma della legge elettorale – rispondeva il vicesegretario Guerini – dopodiché questo non deve diventare l’occasione per frenare”. Ma la Zampa, che non è certo una dissidente, non è d’accordo: “Nel gruppo parlamentare avvengono troppi pochi confronti sulle questioni importanti – spiega la vicepresidente dell’assemblea dem – poi succede che le cose le leggiamo sui giornali. Lo trovo poco rispettoso, anche perché questo modello Boschi reintrodurrebbe le preferenze e io sono fortemente contraria. Serve un confronto trasparente, bisogna dire con chiarezza chi vuole cosa e perché”.
Ovvero i punti cruciali della questione, perché quello contenuto nel dossier Boschi è l’ennesimo compromesso necessario a tenere in vita un patto del Nazzareno molto meno saldo che in passato a causa delle scosse che attraversano Forza Italia. “La competizione in base alle preferenze – scrive ancora il Corriere – avverrebbe solo per il partito vincente, mentre le forze sconfitte entrerebbero alla Camera – in larga misura – con i deputati prescelti”. Un modo per garantire le liste bloccate a Silvio Berlusconi, con Forza Italia che non pare proprio in condizione di vincere le elezioni ed è alle prese con una fronda molto più ampia del previsto tra le sua file. L’ennesimo salvagente lanciato all’amico Silvio: “Le riforme devono essere il più possibile condivise – conclude la Zampa – è giusto cercare un accordo su temi che riguardano tutti. Anzi, auspico che il confronto con il Movimento 5 Stelle vada avanti”.
Sembra quasi che per il Pd sia più facile discutere con il M5S che intavolare un confronto al proprio interno. “Ma no, è un fatto oggettivo – risponde Civati – Renzi può dire che all’interno del partito non ci sono voci contrarie a parte il sottoscritto e una decina di altri parlamentari. Mineo ha provato ad alzare la voce e abbiamo visto che fine ha fatto”. Anche la fronda tra i senatori di Forza Italia, con Augusto Minzolini a capo dei “rivoltosi”, sembrava molto meno nutrita di quanto poi non si stia rivelando: “Sì, anche nel Pd il malumore sarebbe maggioritario, ma se a farci sentire siamo io, Chiti e pochi altri mentre i molti che hanno cose da dire non le dicono, passerà l’accordo del Nazareno e andrà bene così: se tutto il Pd è d’accordo con Renzi, ne prendo atto. So che a molti le cose non vanno bene né merito né merito, ma se non parlano cosa posso farci?”.