Niente messa dopo la scomunica di Papa Francesco. Quasi 200 detenuti, quelli che sono ristretti nella sezione di alta sicurezza del penitenziario di Larino, in provincia di Campobasso, che rifiutano di partecipare al rito dopo la scomunica del Papa. “Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati”, aveva detto Francesco. Qualcuno dice che quella dei detenuti è una “ribellione”, ma secondo l’arcivescovo di Campobasso, monsignor Giancarlo Bregantini, da sempre in prima linea contro la ‘ndrangheta anche per essere stato per 13 anni (fino al 2007) vescovo di Locri, si tratta in realtà di un “disorientamento”. Come dice Famiglia Cristiana si “oscilla tra la ritorsione e lo smarrimento. Forse considerano la scomunica un affronto”.
“Nessuna rivolta: i detenuti sono persone serie. dice all’Adnkronos Bregantini, che è anche presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro. “I detenuti – rimarca l’arcivescovo di Campobasso – si interrogarono seriamente sulle parole di Papa Francesco, che prendono in grande considerazione, e hanno chiesto di capire bene il pensiero del Santo Padre. Per questo hanno interpellato il cappellano del carcere di Larino e il vescovo di Termoli, Gianfranco De Luca”. “Il loro atteggiamento – conclude mons. Bregantini- merita grande rispetto perché dimostra quanto sia preziosa la parola del Papa”. “È una cosa sorprendente che conferma quanto il Papa parlando, incida nelle coscienze – commenta – Se siamo scomunicati a Messa non vale la pena andarci. Ne hanno parlato con il cappellano; quest’ultimo questa mattina ha invitato il vescovo al carcere per parlare e spiegare il senso dell’intervento del Papa. Questo dimostra come non sia vero che dire certe cose, sia clericalismo; in realtà le parole del Papa, come quelle della Chiesa e di Gesù Cristo, hanno sempre una valenza etica che diventa poi sempre culturale ed economica, quindi con grandi riflessi politici”.