Una nuova mazzata rischia di abbattersi su Sea. Proprio nei giorni in cui la società di gestione degli aeroporti milanesi sembrava vicina a trovare una soluzione per salvare il posto dei 2.200 lavoratori della controllata Sea Handling, operativa nei servizi di terra quali il check in e la movimentazione dei bagagli. La Commissione Ue ha infatti aperto un’indagine per verificare se si nascondano aiuti di Stato dietro la costituzione della nuova Airport Handling. Una beffa, visto che la sua nascita è stata resa necessaria proprio da una precedente decisione dell’Ue. Che a fine 2012 aveva giudicato come aiuti i finanziamenti garantiti in passato a Sea Handling dalla capogruppo Sea, società mista pubblico-privata con il comune di Milano come socio di maggioranza oggi al 54,8% e il fondo F2i di Vito Gamberale primo socio privato. Al centro delle valutazioni della Commissione sono finiti i 25 milioni di euro che nei piani di Sea dovranno essere versati a Airport Handling per garantire il pagamento dei primi mesi di stipendi e l’acquisto da Sea Handling dei mezzi necessari per svolgere le attività aeroportuali di terra.
La Commissione esaminerà se tale iniezione di capitale sociale rispetta le norme sugli aiuti di Stato o se invece aggira la decisione di chiedere a Sea Handling la restituzione, con tanto di interessi, dei 360 milioni ottenuti dalla capogruppo. Una eventualità che Sea e le autorità italiane hanno cercato di evitare, avviando lo scorso 30 giugno la liquidazione di Sea Handling e costituendo la nuova società Airport Handling. Ma è proprio questo passaggio, finalizzato anche alla salvaguardia dei posti di lavoro, a finire ora sotto la lente dell’organismo europeo.
Il sospetto infatti è che l’ampiezza delle attività trasferite, il prezzo degli asset, l’identità dell’unico azionista (ancora una volta Sea), la tempistica e la logica economica dell’operazione siano tutti segnali indicativi di una sola cosa: che Airport Handling è di fatto successore diretto di Sea Handling e che tra le due società non c’è “genuina discontinuità economica”. In questo caso non verrebbe sanato l’obbligo di restituzione dei 360 milioni più interessi, che andrebbe invece a ricadere sulla nuova Airport Handling. Mentre le autorità italiane ritengono che in questa operazione Sea si sia comportata come un qualunque investitore privato, “la Commissione – si legge nella nota diffusa da Bruxelles – dubita che un investitore che opera sui mercati avrebbe investito in un simile progetto, dato il possibile trasferimento dell’obbligo di recupero degli aiuti e la mancanza di robustezza delle proiezioni del ‘business plan’ connesso alla iniezione di capitale di Sea”.
L’apertura dell’indagine europea cade in un momento cruciale per il salvataggio dell’occupazione dei 2.200 lavoratori di Sea Handling, che dovrebbero essere assunti da Airport Handling. Una vicenda su cui pende una minaccia di sciopero per il prossimo 20 luglio e che negli ultimi giorni ha registrato un avvicinamento tra l’azienda e i dipendenti, dopo la vittoria del no nel referendum tra i lavoratori sull’accordo a cui erano arrivati i sindacati. Da Sea ha ribattuto alla decisione della commissione europea il presidente Pietro Modiano: “Ce lo aspettavamo. All’indagine risponderemo in modo chiaro e convincente. Abbiamo lavorato in modo scrupoloso affinché la nuova società Airport Handling nasca e si sviluppi su basi del tutto coerenti con le normative e i principi comunitari. Adesso siamo in un passaggio decisivo. Sono certo che da questa fase non semplice emergeranno chiaramente le prospettive di un’azienda di qualità, competitiva sul mercato e con un solido equilibrio economico. Risponderemo così alla commissione e difenderemo, in modo sostenibile nel tempo, l’occupazione e la dignità del lavoro”.
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