Il verbale dell’interrogatorio di Massimo Giuseppe Bossetti con il pm Letizia Ruggeri è stato segretato. Ma il muratore di Mapello avrebbe ripetuto quello che dal carcere di via Gleno fuoriusciva da giorni. Il sangue? “Epistassi“, doppia vita? “Falsità“, Yara?: “Non potrei mai aver fatto del male a quella bambina, ha la stessa età di mio figlio”. Ma nelle quasi tre ore di confronto tra la titolare dell’accusa, ufficiali del Ros e l’uomo accusato di aver seviziato una ragazzina di 13 anni, a queste giustificazioni sono stati aggiunti piccoli e forse insignificanti particolari.
Il Dna, che è importante ricordarlo che è stato estratto da una macchia in cui c’è anche quello della vittima, secondo l’indagato potrebbe essere finito su qualche attrezzo: “Lo sanno tutti che perdo spesso sangue dal naso. È successo che mi macchiassi e che macchiassi i miei attrezzi da lavoro. Già una volta mi sono stati rubati…”. Oppure potrebbero essere stati macchiati gli attrezzi di qualche collega nel cantiere di Palazzago dove Bossetti lavorava quando Yara sparì. Certo è che secondo gli scienziati è molto difficile che il Dna sia finito lì casualmente o per contatto (leggi l’articolo).
Sulla sua frequentazione di Brembate e sull’immagine tutto cantiere-casa-chiesa invece il muratore aggiusta il tiro consapevole che le sue dichiarazioni (il centro estetico per esempio, ndr) sono state già in parte smentite: “Posso aver detto qualche inesattezza perché non pensavo che questo particolare fosse così importante…”. Per quanto riguarda il cellulare la linea è rimasta la stessa: “Era scarico”.
A breve cominceranno le analisi del Ris sui reperti prelevati dalla Volvo di Bossetti e a bordo del suo autocarro: peli, polveri e altro materiale che è stato rilevato dal Luminol ma che potrebbe non essere necessariamente sangue. Prosegue anche la raccolta di testimonianze per cercare un rapporto di conoscenza tra Bossetti e Yara che, però, continuerebbe a non emergere.