Negli anni della crisi, la diffusione della povertà in Italia è raddoppiata. E’ la Caritas a sottolineare che il numero dei poveri assoluti si è inasprito. “Nel 2012 vivevano in povertà assoluta 4,8 milioni di persone residenti in Italia, pari all’8% del totale, mentre nel 2007 erano 2,4 milioni, cioè il 4,1%. In altre parole, i poveri sono raddoppiati in cinque anni”, spiega la Caritas nel rapporto ‘Il bilancio della crisi: Le politiche contro la povertà in Itali’.
Non è solo aumentato il numero dei poveri, secondo la Caritas, ma si è anche allargata la tipologia delle fasce della popolazione colpite. “Abbiamo, dunque, assistito ad un doppio movimento, con il quale l’indigenza non solo ha confermato il suo radicamento tra i segmenti della popolazione dove era più presente”, continuano dalla Caritas, “ma è anche cresciuta particolarmente in altri segmenti prima ritenuti poco vulnerabili: il centro nord, le famiglie con due figli, i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni, le famiglie con componenti occupati”.
Ci si può attendere che l’auspicata ripresa della crescita economica determini, nei prossimi anni, una riduzione del tasso di povertà, anche se “tempi e proporzioni dell’arretramento sono imprevedibili”. Nel rapporto viene però rilevato che gli economisti concordano nel ritenere che la povertà non potrà tornare al livello pre-crisi, a causa dell’indebolimento strutturale del contesto socio-economico italiano. Una diffusione della povertà superiore a quella conosciuta in passato, dunque, caratterizzerà il nostro Paese negli anni a venire.
Le politiche economiche e sociali varate nel periodo della crisi non hanno dato una risposta ai poveri. Lo evidenzia la Caritas rilevando che “una misura nazionale contro la povertà assoluta continua a mancare nel nostro Paese”. L’organismo della Cei che si occupa dell’assistenza ai poveri ha messo sotto la lente le politiche dei governi che hanno operato negli anni della crisi: se dal 2007 al 2013 (governi Berlusconi e Monti) “l’unica risposta” messa in campo è stata la Carta Acquisti, “uno sforzo limitato” ad avviso della Caritas, la politica economica del governo Letta “non ha aiutato le famiglie in povertà ma non ne ha neppure peggiorato le condizioni”. Infine il bonus di 80 euro deciso dal premier Renzi: “Ha avuto qualche effetto sulla povertà ma di portata assai ridotta”. Sul fronte dei servizi invece la crisi ha addirittura fatto sì che le politiche sociali siano state “vittime di un ulteriore indebolimento”. In due anni, dal 2010 al 2012, la spesa dei Comuni su questo versante è calata del 6%; “tagli che hanno colpito un settore già sotto-finanziato”, evidenzia la Caritas.
“Ripartire dalla povertà assoluta significa assumersi la responsabilità di indicare non solo i fattori e le situazioni socio-economiche più a rischio, ma anche indicare prospettive realizzabili di politiche pubbliche”. Così ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu. Una risposta alla povertà può arrivare dal reddito d’inclusione sociale, auspicato dall’Alleanza contro la povertà in Italia, di cui fa parte Caritas. Il reddito d’inclusione sociale dovrebbe essere destinato a tutte le famiglie in povertà assoluta, di qualsiasi nazionalità, che possiedono un valido titolo di legittimazione alla presenza in Italia e vi risiedono da almeno 12 mesi. Secondo la proposta dell’organismo della Cei, “ogni famiglia riceverebbe mensilmente una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse economiche necessarie ad uno standard di vita minimamente accettabile”. Una possibilità che secondo la Caritas diventerà realtà solo se “Renzi e Poletti faranno della lotta alla povertà una priorità politica e decideranno di affrontare questo flagello ripensando le attuali modalità d’intervento”.
Società
Caritas: “4,8 milioni di poveri in Italia”. Numero raddoppiato in cinque anni
Peggiora la situazione al centro nord, nelle famiglie con due figli e tra gli under 35. L'organismo della Cei: "Gli 80 euro di Renzi hanno avuto effetti ridotti, mentre gli aiuti dei Comuni sono diminuiti del 6%". La proposta è "dare a tutti un reddito d'inclusione sociale"
Negli anni della crisi, la diffusione della povertà in Italia è raddoppiata. E’ la Caritas a sottolineare che il numero dei poveri assoluti si è inasprito. “Nel 2012 vivevano in povertà assoluta 4,8 milioni di persone residenti in Italia, pari all’8% del totale, mentre nel 2007 erano 2,4 milioni, cioè il 4,1%. In altre parole, i poveri sono raddoppiati in cinque anni”, spiega la Caritas nel rapporto ‘Il bilancio della crisi: Le politiche contro la povertà in Itali’.
Non è solo aumentato il numero dei poveri, secondo la Caritas, ma si è anche allargata la tipologia delle fasce della popolazione colpite. “Abbiamo, dunque, assistito ad un doppio movimento, con il quale l’indigenza non solo ha confermato il suo radicamento tra i segmenti della popolazione dove era più presente”, continuano dalla Caritas, “ma è anche cresciuta particolarmente in altri segmenti prima ritenuti poco vulnerabili: il centro nord, le famiglie con due figli, i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni, le famiglie con componenti occupati”.
Ci si può attendere che l’auspicata ripresa della crescita economica determini, nei prossimi anni, una riduzione del tasso di povertà, anche se “tempi e proporzioni dell’arretramento sono imprevedibili”. Nel rapporto viene però rilevato che gli economisti concordano nel ritenere che la povertà non potrà tornare al livello pre-crisi, a causa dell’indebolimento strutturale del contesto socio-economico italiano. Una diffusione della povertà superiore a quella conosciuta in passato, dunque, caratterizzerà il nostro Paese negli anni a venire.
Le politiche economiche e sociali varate nel periodo della crisi non hanno dato una risposta ai poveri. Lo evidenzia la Caritas rilevando che “una misura nazionale contro la povertà assoluta continua a mancare nel nostro Paese”. L’organismo della Cei che si occupa dell’assistenza ai poveri ha messo sotto la lente le politiche dei governi che hanno operato negli anni della crisi: se dal 2007 al 2013 (governi Berlusconi e Monti) “l’unica risposta” messa in campo è stata la Carta Acquisti, “uno sforzo limitato” ad avviso della Caritas, la politica economica del governo Letta “non ha aiutato le famiglie in povertà ma non ne ha neppure peggiorato le condizioni”. Infine il bonus di 80 euro deciso dal premier Renzi: “Ha avuto qualche effetto sulla povertà ma di portata assai ridotta”. Sul fronte dei servizi invece la crisi ha addirittura fatto sì che le politiche sociali siano state “vittime di un ulteriore indebolimento”. In due anni, dal 2010 al 2012, la spesa dei Comuni su questo versante è calata del 6%; “tagli che hanno colpito un settore già sotto-finanziato”, evidenzia la Caritas.
“Ripartire dalla povertà assoluta significa assumersi la responsabilità di indicare non solo i fattori e le situazioni socio-economiche più a rischio, ma anche indicare prospettive realizzabili di politiche pubbliche”. Così ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu. Una risposta alla povertà può arrivare dal reddito d’inclusione sociale, auspicato dall’Alleanza contro la povertà in Italia, di cui fa parte Caritas. Il reddito d’inclusione sociale dovrebbe essere destinato a tutte le famiglie in povertà assoluta, di qualsiasi nazionalità, che possiedono un valido titolo di legittimazione alla presenza in Italia e vi risiedono da almeno 12 mesi. Secondo la proposta dell’organismo della Cei, “ogni famiglia riceverebbe mensilmente una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse economiche necessarie ad uno standard di vita minimamente accettabile”. Una possibilità che secondo la Caritas diventerà realtà solo se “Renzi e Poletti faranno della lotta alla povertà una priorità politica e decideranno di affrontare questo flagello ripensando le attuali modalità d’intervento”.
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La Paz, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Almeno 30 persone sono morte a causa di un incidente che ha coinvolto un autobus passeggeri, precipitato in un burrone profondo 800 metri nella città di Yocalla, nel sud della Bolivia. Lo ha riferito la polizia locale.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dall'emittente statale israeliana Kan, citando diverse fonti, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, non fa più parte del team incaricato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Fonti a conoscenza dei dettagli affermano che Bar potrebbe unirsi a una delegazione in futuro se si svolgeranno i negoziati sulla fase due.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Prosegue la protesta di Azione alla Camera sul decreto Milleproroghe: il capogruppo Matteo Richetti e la vicecapogruppo Elena Bonetti lasciano i lavori in corso nelle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Bilancio. “Dopo il tempo sprecato dal governo nella discussione al Senato alla ricerca di una composizione delle divisioni interne, il testo del decreto è stato trasferito alla Camera solo questa mattina e approderà in Aula nella giornata domani. Alle Commissioni riunite – dichiarano Richetti e Bonetti – non restano che poche ore di esame notturno, una scelta che rende inutile ogni confronto di merito sulle misure contenute nel provvedimento e offende profondamente la funzione parlamentare e la dignità dei deputati membri. Se il governo intende ridurci a figuranti, abbia almeno la decenza di assumersene la responsabilità davanti al Paese. Noi non li aiuteremo”. Azione aveva già espresso nella mattinata la propria contrarietà al ripetuto ricorso alla fiducia, rendendo noto di non aver presentato, per questa ragione, emendamenti al decreto Milleproroghe.
Beirut, 17 feb. (Adnkronos) - Il governo libanese ha annunciato di aver approvato una risoluzione secondo cui soltanto lo Stato potrà possedere armi. La risoluzione chiede di fatto il disarmo di Hezbollah e include l'impegno a rispettare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.